Il Senato ha approvato in via definitiva il testo che consegna al governo il compito di riformare il Codice degli appalti, attraverso il recepimento delle direttive comunitarie, e a procedere a un riordino della normativa vigente sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture
La riforma degli appalti ha finalmente chiuso il suo percorso in Parlamento ed è diventata definitiva. Il 14 gennaio scorso, infatti, il Senato, in terza lettura, ha dato il via libera al DDL di riforma del Codice degli appalti, con cui si delega il Governo ad attuare la nuova disciplina europea in materia di appalti pubblici e concessioni,attraverso il recepimento delle direttive comunitarie, e a procedere a un complessivo riordino della normativa vigente sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture. Inoltre, il governo deve redigere un nuovo codice degli appalti: l’impegno preso dal ministro Delrio è quello di varare tutte le norme delega entro il 18 aprile (data limite per l’attuazione delle direttive UE). Questa delega segna un significativo giro di boa nel complesso e chiacchierato mondo degli appalti italiani, e rappresenta la seconda riforma nell’arco degli ultimi vent’anni. E anche in questo caso, come nel 1994 quando venne varata la Legge Merloni, che poi fu ampiamente rimaneggiata, sfociando nel codice del 2006, l’accelerazione è stata dovuta a una serie di scandali, che hanno fatto traboccare un vaso ormai stracolmo. Nel 1994 fu Tangentopoli, oggi sono stati Expo, Mafia capitale, gli appalti Anas. Legalità e trasparenza? Il risultato, dopo le numerose riletture nelle due camere, è stato l’affidamento di nuovi compiti all’Anticorruzione, che avrà molti nuovi poteri, per semplificare, in primo luogo, un meccanismo burocratico molto pesante, nelle cui pieghe si sono nascosti i germi della corruzione. Maggiore semplificazione a cui deve corrispondere una maggiore trasparenza, a partire dalle commissioni di gara esterne, che dovranno essere composte da soggetti qualificati e iscritti in un Albo depositato presso l’Anac; altro punto che vedrà coinvolta l’Autorità anticorruzione sarà l’aggregazione delle stazioni appaltanti, che dovranno essere a loro volta qualificate attraverso un innovativo meccanismo di rating. L’obiettivo è arrivare ad avere un nuovo Codice, che esalti il ruolo della progettazione, che riconosca il merito delle imprese, che saranno valutate sulla base anche di criteri reputazionali legati alla loro storia. Non saranno più solo il fatturato o i lavori eseguiti negli ultimi anni a valere, ma anche, per esempio, il numero di appalti portati a termine nei tempi, o le varianti richieste. Ad avvalorare questo indirizzo “moralizzatore” sarà inoltre il rating di legalità che entra a buon diritto nella riforma degli appalti. Già oggi le imprese che vogliono essere iscritte nell’Albo del Rating di Legalità, presso l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, possono presentare domanda, in cui dichiarano di possedere alcuni requisiti minimi – non avere condanne per usura, riciclaggio, terrorismo; non avere avuto sanzioni per illeciti fiscali, per il mancato rispetto della sicurezza o per essere venuti meno alle norma sulla tracciabilità dei pagamenti eccetera -, che valgono un punteggio da una a tre stelle. Ora questo punteggio, unitamente ai criteri reputazionali, saranno elemento di valutazione dell’impresa. Lavori ad alta intensità di manodopera Nella legge delega si dedica attenzione, e questa è una novità perseguita fortemente dalle associazioni delle imprese di servizi, proprio alla peculiarità dei contratti di servizi, e viene previsto che per i servizi ad alta intensità di manodopera siano create regole specifiche, con il divieto di affidare al prezzo più basso gli appalti in cui il costo della manodopera sia pari ad almeno il 50% del valore del contratto. In questo caso bisognerà garantire la stabilità occupazionale, prendendo a riferimento «per ciascun comparto merceologico o di attività, il contratto collettivo nazionale di lavoro che presenta le migliori condizioni per i lavoratori ed escludendo espressamente il ricorso al solo criterio di aggiudicazione del prezzo o del costo, inteso come criterio del prezzo più basso o del massimo ribasso d’asta». Verranno studiati, inoltre, meccanismi premiali per le imprese che, in caso di aggiudicazione dell’appalto, si impegneranno a utilizzare, anche in parte, manodopera o personale a livello locale, o, in primo luogo, gli addetti già impiegati nel medesimo appalto, promuovendo così la continuità dei livelli occupazionali. Stop al massimo ribasso? Sarà forse terminato il tempo di aggiudicazione delle gare al massimo ribasso? È, questa, una litania che da decenni si sente ripetere e che già sarebbe dovuta essere obsoleta, sulla base di raccomandazioni ed emendamenti già in passato adottati o, per lo meno, raccomandati ma sempre disattesi. Ora la delega impone uno stop alla possibilità che l’unico parametro di valutazione delle offerte avanzate dalle imprese sia lo sconto sul prezzo previsto dalle amministrazioni pubbliche. Il criterio di aggiudicazione dovrà essere sempre quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, valutata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo, stabilito con criteri oggettivi, sulla base degli aspetti qualitativi, ambientali e/o sociali connessi con l’oggetto dell’appalto pubblico. Si invertono, praticamente, i fattori e il risultato cambia. Il massimo ribasso diventa l’eccezione, non più la regola. Infatti, il nuovo Codice appalti dovrà indicare espressamente i casi in cui si potrà ricorrere al solo criterio del prezzo o del costo, inteso come criterio del prezzo più basso o del massimo ribasso d’asta. Inoltre, andranno anche indicate le modalità di individuazione e valutazione delle offerte anomale. Tutela delle PMI Viene disposto che tanto gli appalti quanto il valore stesso delle gare assumano contorni e volumi tali per cui anche le Pmi possano accedervi. È previsto il divieto di «aggregazione artificiosa degli appalti» e «l’obbligo di motivazione della mancata suddivisione in lotti». In aggiunta, sono stati introdotti anche nuovi bonus per favorire il coinvolgimento delleimprese locali, residenti nel territorio in cui il servizio o l’opera oggetto di pubblica gara d’appalto andranno realizzati. Si tratta di un principio ispirato ad alcune direttive dell’Unione europea volte a favorire al partecipazione delle realtà imprenditoriali locali. Chi paga? In una situazione di crisi di liquidità, i subappaltatori hanno difficoltà a incassare i pagamenti dalle imprese affidatarie. Pertanto, la riforma stabilisce che le stazioni appaltanti abbiano l’obbligo di pagare direttamente i subappaltatori, sia in caso di inadempimento da parte dell’appaltatore, sia su semplice richiesta da parte del subappaltatore. Soprattutto nel caso che quest’ultimo sia un piccola o una microimpresa, dovranno essere individuate le situazioni per le quali la stazione appaltante procede al pagamento diretto. Le regioni a statuto speciale e le province autonome possono stabilire ulteriori casi di pagamento diretto dei subappaltatori. Non sono esaurite tutte le novità introdotte dalla legge delega, ma si attendono ora i decreti attuativi e, alla fine si tireranno definitivamente i conti.