Cultura per la sicurezza

Da molto tempo, ormai, parlando di imprese di servizi e della loro attività sul campo, si punta l’attenzione alla formazione sia dal punto di vista della capacità professionale di svolgere il proprio specifico lavoro, sia nell’ottica più ampia della prevenzione e della sicurezza.
Infatti, le responsabilità in materia non riguardano più solamente il datore di lavoro o il responsabile della prevenzione e della sicurezza (RSPP), ma anche il singolo lavoratore, che è chiamato ad assumere la consapevolezza del proprio ruolo anche in tema di sicurezza. Il Risk Management, cioè la gestione del rischio, identifica, valuta e gestisce gli eventi e le azioni che possono colpire la capacità delle organizzazioni di raggiungere i propri obiettivi. “L’evento avverso non è conseguenza di un singolo errore umano, ma il frutto di una interazione tra fattori tecnici, organizzativi e di processo”: è quindi necessario impostare correttamente il lavoro e considerare in ogni caso che il punto di partenza è – sempre – il fattore umano. Prescindere da questo significa iniziare un qualsiasi lavoro con un vizio di forma, che non potrà fare altro che portare un danno con effetto cascata. Il ‘fattore umano’ è una disciplina rivolta allo studio del comportamento dell’uomo nel contesto organizzativo per analizzarne le motivazioni e individuare le cause degli errori. Dallo studio iniziale delle caratteristiche dell’uomo relative ad aspetti fisiologici (salute, attitudine…), l’analisi è stata poi estesa alle modalità di interazione dell’uomo stesso con lo specifico ambiente lavorativo (aspetti psicofisici e decisionali - mezzi - ambiente - organizzazione).

LE IMPRESE DI PULIZIA

Qualsiasi informazione sia fornita a persone adulte deve misurarsi con problemi legati alla memoria, al ricordo e al riapprendimento, al grado di attenzione concesso dai partecipanti e alle resistenze ai cambiamenti. Per questo motivo occorre utilizzare metodologie che tengano conto di tutto ciò e mirino al superamento dei vincoli. Sarà dunque opportuno accompagnare i partecipanti in un ragionamento che rispetti una metodologia che seppure inconsciamente, ognuno di noi applica nel proprio lavoro o nelle molteplici attività della propria vita. Ogni persona che si trova a svolgere operazioni o manovre di una certa complessità, sa che non è possibile andare ‘alla ventura’, ma che bisogna ‘sapere’ ciò che si fa. Significa, che anche inconsciamente, ogni persona osserva e valuta i rischi dell’operazione che sta per svolgere, fa riferimento a regole e procedure che già conosce ed è abituato ad adottare, svolge l’operazione che le viene richiesta e controlla il risultato. Quindi, seguendo questo tipo di ragionamento – che riporta a una sequenza logica (anche se magari istintivamente) presente nei soggetti, facilmente si arriva a una definizione delle varie fasi per operare in sicurezza: analisi dei rischi reali e potenziali, controllo dei risultati, sistema di norme e procedure (efficacia), azione di eliminazione e/o correzione dei rischi (efficienza).

PREDISPOSIZIONE ALLA SICUREZZA

Riflettendo sull’argomento, ognuno di noi è in grado di indicare quali sono i punti di una corretta attitudine alla sicurezza, a iniziare dal tenere conto del proprio comportamento e quello delle altre persone a operare in modo da garantirsi di non incorrere in incidenti che potevano essere evitati, disporre di attrezzature in piena efficienza e tenere sempre sotto controllo l’ambiente circostante. D’altro canto, ci sono anche comportamenti evidentemente sbagliati, come quello di ‘tentare la sorte’ (fidando in non si sa quale nume tutelare), trasgredire a norme e procedure che – se vi sono – significa che si tratta di una materia che è stata studiata e non ‘improvvisata’, le diverse forme di ‘mettersi in mostra’, la fretta nell’eseguire le operazioni. Fa parte di questo quadro di ‘cattive abitudini’ o ‘cattiva pratica’ prendere il lavoro ‘sottogamba’, insistere in comportamenti che non c’è altro modo di definire se non stupidi, abusare dei tempi di lavoro.

GUARDARE AVANTI

Svolgere in modo corretto il lavoro di pulizia professionale significa lavorare tenendo conto del comportamento degli altri, cioè avere la convinzione che la propria sicurezza dipende dalla conoscenza, dall’esperienza, dal saper effettuare una corretta valutazione e saper decidere di conseguenza, avendo sempre comportamenti adeguati. Il fine ultimo è quello di prevedere le situazioni di pericolo e agire per evitarle. L’addetto alle pulizie, quindi, deve essere in grado di guardare oltre il naso, il più lontano possibile: in ogni attività umana, quando si è soli, ciò che succede dipende solamente dalle proprie conoscenze e capacità. Maggiori sono le conoscenze, le capacità e le esperienze, maggiori sono le possibilità di evitare incidenti. Dimostra una corretta attitudine chi non crede di sapere tutto, ma pensa che c’è la necessità di sviluppare continuamente la propria conoscenza e le esperienze. Ed è errato credere che sia sufficiente una formazione “on the job” (sul lavoro): ciò significa che la sola formazione “on the job” più che far acquisire esperienza, ingenera cattive abitudini e crea assuefazione.

LA CONOSCENZA…

‘Conosci te stesso’: la sentenza iscritta nel tempio di Apollo a Delfi vale anche rapportata al modo che ognuno di noi ha di agire in ambito lavorativo. Una presa di coscienza che è più importante di quanto possa apparire: questo vuol dire valutare, ogni tanto, il proprio modo di lavorare, considerando, prima d’iniziare il proprio stato fisico e tenendo conto anche di quello emotivo (Sei in grado di non prendertela in qualsiasi situazione?). La conoscenza poi si estende anche alle attrezzature che vengono utilizzate: ciò vuol dire conoscerne a fondo le caratteristiche (possibilità e limiti) ed essere al corrente delle attrezzature necessarie in caso di emergenza. Operatore e attrezzature si calano in un contesto che può presentare molte variabili, quindi in situazioni che possono essere molto differenti: è necessario mantenere perciò sempre alto il grado di attenzione, imparare a prevedere e a utilizzare tutto il campo visivo elaborando una tecnica dello sguardo.

LA VALUTAZIONE E IL CONTROLLO

Valutare vuol dire osservare: davanti a sé, dietro, sui lati. Questo permette di prevedere in anticipo le situazioni e di mantenere alto il controllo sulle conseguenze delle proprie azioni. Nessuno di noi ama trovarsi in situazioni che possono sfuggire al controllo perché, come abbiamo precedentemente accennato, a nessuno piace provare apprensione, paura, timore o solamente ansia. È ben vero che nelle situazioni di lavoro e di vita in genere siamo abituati a ripetere una serie di operazioni senza che da ciò derivi pericolo alcuno. Risponde altresì a verità l’affermazione che ci suggerisce come alle volte, situazioniche siamo abituati ad affrontare quotidianamente e che reputiamo normali, si sviluppano invece in maniera diversa o contraria alle nostre aspettative. Tutti noi quindi vorremmo sapere, in ogni momento, quale grado di pericolosità presenta la situazione che si sta per affrontare. Come si può definire un pericolo? Una definizione semplice è la presenza di una persona in una situazione anomala. Siamo di fronte quindi a due elementi: una persona ed una situazione anomala. Nella figura vediamo un pulitore che lavora su una scala usando gli ultimi gradini, cioè c’è la presenza di una persona in una situazione pericolosa. Se manca uno dei due elementi possiamo affermare che non esiste il pericolo. Che sia realmente una situazione pericolosa lo sappiamo tutti e i motivi del pericolo sono numerosissimi: la scala che è sprovvista di piedini antisdrucciolo; la mancanza di aggancio in alto; non c’è nessuno a tenere la scala alla base; l’operatore sta usando una scala troppo corta ed è costretto a usare gli ultimi gradini; la mancanza di conoscenza delle regole… e non è finita! Ma pensiamo a trarre da questo delle considerazioni: il pericolo ‘oggettivo’, nel nostro caso definito dallo strumento di lavoro è di regola sempre eliminabile totalmente. Gli eventuali dispositivi di sicurezza e le protezioni diminuiscono il pericolo ma non sono sempre in grado di eliminarlo totalmente. • è fondamentale ricorrere a comportamenti sicuri che siano in grado di tutelarci dai pericoli per i quali la protezione tecnica risulta insufficiente. • un comportamento pericoloso può rendere vane anche le eventuali misure tecniche previste allo scopo di tutelare l’incolumità fisica delle persone. Il pulitore incontra, durante il proprio lavoro, continue situazioni potenziali di pericolo, valuta, volta per volta, il rischio che corre nell’affrontarle e decide di conseguenza le modalità delle azioni considerate più sicure. Questo processo continuo, cui è sottoposto, comporta delle conseguenze. Infatti, una stessa situazione potenziale di pericolo può essere vista in modi molto differenti a seconda che: • sia la prima volta che si affronta da soli • la si affronti da diversi anni • la propria professione sia quella istruttore degli addetti alle pulizie • si sia freschi e riposati • si sia stanchi ed assonnati Sono dunque importanti, ai fini di una corretta valutazione dei rischi, fattori quali: a) le conoscenze b) le esperienze c) l’attenzione d) la prontezza di risposta o velocità di reazione Possiamo adesso trarre delle conseguenze dalle considerazioni appena esposte: a) Valutare in maniera adeguata le situazioni di pericolo significa ricercare continuamente l’arricchimento delle informazioni necessarie al comportamento sicuro. b) Lavorare ‘alla ventura’ senza sapere o prevedere ciò che si può incontrare significa trovarsi spesso a gestire il contingente con elevate possibilità di errore. L’esperienza era il secondo fattore che avevamo elencato. Si dice che chi non è esperto si affida alla creatività, nel nostro caso però la creatività non serve, essendo troppo complesso e serio il problema che stiamo affrontando. A tutti noi sarà capitato di vedere le strane operazioni che fa il neoassunto quando cerca di effettuare il proprio lavoro: non si riesce a capire se vuole davvero pulire o invece se sta cercando di ottenere il risultato contrario.

NON FIDARSI DELL’ABITUDINE

Se l’inesperienza aumenta i pericoli, la troppa esperienza, la consuetudine, l’assuefazione hanno anche loro un peso determinante. Se l’inesperto lavora in modo ‘creativo’, l’abitudinario lavora in modo ‘stupido’. Per comportamento stupido si intende la ripetizione di un atto, diventato abitudinario, nonostante che la situazione del momento richieda decisioni diverse. Il classico esempio riguarda l’uso delle protezioni personali. Chi svolge abitualmente operazioni semplici, si abitua a non considerare piccole situazioni di incidente; quando l’attività diventa più complessa e richiede, ad esempio, l’utilizzo di grandi quantità di prodotti o l’uso di apparecchiature specifiche, sarà per lui normale dimenticarsi delle procedure di sicurezza e ripetere il comportamento scorretto anche in presenza di pericoli molto maggiori. Abbiamo infine parlato di capacità di attenzione e di prontezza di risposta. Fare attenzione alle cose giuste nel momento giusto richiede l’impiego di energie non indifferenti. È infatti più facile considerarsi al centro del mondo e preoccuparsi solo del proprio lavoro che riuscire a pensare di garantirsi nel contempo che gli altri siano consci della propria presenza. Il discorso è ancora lungo e il percorso per la consapevolezza dei propri comportamenti, in relazione anche a tutto il team di lavoro, visto sotto quest’ottica di prevenzione dei rischi e della sicurezza non è certo lineare. Ma è un passo necessario e ineliminabile, che va conosciuto e puntualizzato in maniera precisa e accurata: sia da parte di chi fa formazione (e questo significa essere aggiornati e sapere trasmettere in maniera semplice, chiara e recepibile le proprie conoscenze), sia da parte dell’operatore che deve impegnarsi con volontà e consapevolezza in un ruolo che deve essere svolto con competenza e professionalità sempre maggiori.

IL TESTO UNICO IN MATERIA DI SALUTE E SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO (TUSL)

È l’insieme di norme contenute nel Decreto Legislativo 9 aprile 2008 n. 81 (formato da 306 articoli e 51 allegati). La norma, in attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007 n. 123, ha riformato, riunito e armonizzato, abrogando le disposizioni dettate dalle precedenti normative in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro. Il D.Lgs. 81/2008 propone un sistema di gestione della sicurezza e della salute in ambito lavorativo preventivo e permanente, attraverso: l’individuazione dei fattori e delle sorgenti di rischi; la riduzione, che deve tendere al minimo del rischio; il continuo controllo delle misure preventive messe in atto; l’elaborazione di una strategia aziendale che comprenda tutti i fattori di una organizzazione (tecnologie, organizzazione, condizioni operative... ). Il decreto, inoltre, ha definito in modo chiaro le responsabilità e le figure in ambito aziendale per quanto concerne la sicurezza e la salute dei lavoratori. Il Testo Unico è stato successivamente integrato dal D.Lgs. n. 106 del 3 agosto 2009 recante Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Le norme contenute nel cosiddetto “decreto correttivo” sono entrate in vigore il 20 agosto 2009.

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