Green Economy, eccellenze italiane

Promossi dal Consiglio nazionale della green economy, formato da 64 organizzazioni di imprese, in collaborazione con il Ministero dell’Ambiente e il Ministero dello Sviluppo Economico, gli Stati Generali della Green Economy si tengono ogni anno all’interno di in un evento pubblico a Rimini Fiera, in occasione della manifestazione Ecomondo-Key Energy-Cooperambiente. Da segnare in agenda, quest’anno, sono i giorni 7 e 8 novembre 2017. Al centro del dibattito per il 2017, la relazione sullo stato della green economy 2017 e le proposte per la nuova legislatura e un confronto internazionale tra Europa, Cina e USA dedicato all’approfondimento dei nuovi equilibri mondiali, politici ed economici e dei loro possibili effetti sulla green economy. In attesa del nuovo appuntamento, proponiamo un abstract della Relazione sullo Stato della Green Economy 2016 - L’Italia in Europa e nel mondo, a cura di Edo Ronchi, Presidente della Fondazione Sviluppo Sostenibile - che evidenzia importanti traguardi raggiunti dal nostro Paese.La regina del green è italianaNella prima parte della Relazione 2016, attraverso 16 indicatori chiave per 8 tematiche strategiche, viene approfondita la posizione della green economy italiana rispetto a quella degli altri grandi Paesi europei (Germania, Regno Unito, Francia e Spagna) oltre alla media europea. Dalla relazione, emergono subito importanti primati dell’Italia. All’interno della classifica delle cinque principali economie europee, il nostro Paese conquista 4 primi posti: rinnovabili, riciclo dei rifiuti speciali, emissioni pro capite nei trasporti e nei prodotti agroalimentari certificati. Per quanto riguarda la quota del consumo finale lordo (Cfl) soddisfatto con fonti energetiche rinnovabili, nel 2014 l’Italia - secondo i dati Eurostat - ha raggiunto il 17,1%, superiore alla media europea del 16% e al 1° posto fra i cinque grandi Paesi europei. Nel 2012 sono state riciclate in Italia circa 99 milioni di tonnellate di rifiuti speciali, pari al 76% dei rifiuti prodotti. Con 1,72 tonnellate di CO2, le emissioni pro capite nel settore dei trasporti in Italia sono inferiori alla media europea (1,76) e al 1° posto fra i grandi Paesi europei, prima della Spagna (1,77), del Regno Unito (1,78), della Germania (1,91) e della Francia (1,99), (dati 2015). L’Italia deve però prestare attenzione poiché questo primato fra i grandi Paesi europei rischia di durare poco: negli ultimi tre anni, dal 2013 al 2015, l’Italia ha infatti fermato la crescita dei nuovi investimenti in fonti rinnovabili, cresciute mediamente solo dello 0,2% annuo. Nel 2014 l’Italia per nuovi investimenti in fonti energetiche rinnovabili è scesa al 4° posto, dopo Germania, Francia e Regno Unito, anche se è rimasta, in valore percentuale del Pil, nella media europea dell’1%. “Le eccellenze italiane nel campo della green economy”, afferma Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile, “restano più forti delle difficoltà che pure non mancano: sostenere le imprese virtuose e recuperare le difficoltà è per il nostro Paese una straordinaria occasione di rilancio economico. Il nostro Paese si aggiudica inoltre 3 secondi posti (efficienza energetica per unità di Pil, produttività delle risorse e agricoltura biologica), 5 terzi posti (riduzione dei gas di serra dal 1990, riciclo dei rifiuti urbani, ecoinnovazione, estensione dei siti naturali tutelati, rapporto tra ferrovia e strada nel traffico merci terrestre), 3 quarti posti (miglioramento dell’efficienza energetica negli ultimi dieci anni, Crescita delle rinnovabili negli ultimi tre anni e consumo di suolo) e 1 quinto posto (crescita dei gas serra nel 2015).L’Italia nel contesto internazionaleLa seconda parte della Relazione prende in analisi la posizione internazionale della green economy italiana in comparazione a 80 Paesi, in un documento a cura del centro di ricerca Dual Citizen di Washington DC. Il risultato complessivo, della media ponderata delle diverse dimensioni analizzate, porta a una performance della green economy italiana al 15° posto fra gli 80 Paesi analizzati: una posizione discreta, leggermente inferiore al peso mondiale dell’economia italiana, che potrebbe essere migliorata notevolmente intervenendo con priorità nei punti deboli evidenziati. A questo si contrappone in modo stridente il dato estremamente basso della percezione della green economy italiana a livello internazionale, che ci vede precipitare complessivamente al 29° posto (al 68° per leadership e cambiamento climatico). Il nostro, è l’unico grande Paese europeo che all’estero gode di scarsa reputazione. Il risultato complessivo, della media ponderata delle diverse dimensioni analizzate, porta a una performance della green economy italiana al 15° posto fra gli 80 Paesi analizzati: una posizione discreta, leggermente inferiore al peso mondiale dell’economia italiana, che potrebbe essere migliorata notevolmente intervenendo con priorità nei punti deboli evidenziati. A questo si contrappone in modo stridente il dato estremamente basso della percezione della green economy italiana a livello internazionale, che ci vede precipitare complessivamente al 29° posto (al 68° per leadership e cambiamento climatico). “Perché abbiamo invece una così scarsa reputazione green all’estero? Perché noi stessi - sono le parole di Edo Ronchi - comunichiamo poco e male, con scarsa convinzione, le tante cose buone che si fanno in Italia e comunichiamo invece con grande enfasi quelle negative che purtroppo non mancano e che dovremmo impegnarci di più a eliminare”.Proposte di policyA conclusione dei lavori, sono state presentate alcune delle indicazioni contenute pacchetto di proposte di policy, per uno sviluppo sostenibile dell’economia italiana. Si è suggerito, quindi, di varare una nuova strategia energetica nazionale per attuare l’Accordo di Parigi sul clima, indirizzare i più di 200 trilioni di dollari detenuti dal sistema bancario mondiale verso investimenti green, migliorare la disponibilità di infrastrutture per il riciclo dei rifiuti in alcune zone arretrate del Paese, vietare dal 2030 l’immatricolazione di auto a benzina e diesel.[masterslider id="38"]

Se l’articolo ti è piaciuto rimani in contatto con noi sui nostri canali social seguendoci su:

Nessun commento

Lascia un commento