Dai diamanti non nasce niente, dai liquami invece…

CAP Holding SpA è la società capogruppo del Gruppo CAP che gestisce il servizio idrico integrato sul territorio della Città Metropolitana di Milano e in diversi altri comuni delle province di Monza e Brianza, Pavia, Varese, Como, secondo il modello in house providing, cioè garantendo il controllo pubblico degli enti soci nel rispetto dei principi di trasparenza, responsabilità e partecipazione. Gestore unico della provincia di Milano, con una copertura di circa 2 milioni e mezzo di cittadini e un fatturato di oltre 300 milioni di Euro, il Gruppo CAP si pone tra le più importanti monoutility nel panorama nazionale. Dal 2014, presidente del Gruppo è Alessandro Russo, rieletto all’unanimità dall’assemblea dei soci lo scorso giugno per un altro triennio. Russo, che a soli 35 anni è alla guida di una holding con un capitale investito di oltre un miliardo di euro, ha portato Gruppo Cap a ottenere il riconoscimento, per due anni consecutivi – 2016 e 2017 - di migliore utility italiana, non solo per le performance operative, l’elevato livello di trasparenza amministrativa, la qualità e l’efficienza dei servizi ai cittadini, ma anche per le politiche di gestione ambientale messe in atto in questi anni.Dal 2015, infatti, ha preso avvio, su input di Alessandro Russo, il progetto CAP 21, un chiaro e voluto riferimento alla Conferenza di Parigi sul clima, COP 21 appunto, che si è svolto in quell’anno. Un impegno che si articola in 21 azioni unite dal filo conduttore delle 5 R della sostenibilità idrica, principi individuati a livello internazionale per una gestione sostenibile dell’acqua: Ridurre i consumi; Riutilizzare l’acqua; Recuperarne i nutrienti; Reindirizzare l’energia; Ricostituire l’ambiente circostante.«Dal 2015 – spiega Alessandro Russo – abbiamo attuato un complesso ripensamento del sistema produttivo e di valore, costruendo un modello di impresa il più possibile vicina alle tematiche della sostenibilità, con particolare riguardo all’Economia Circolare, per cui abbiamo dato il via a una serie di progetti che puntano a trasformare gli scarti di produzione in prodotto. Il nostro obiettivo è stato quello di non generare più rifiuti, ma materie prime seconde da reimmettere sul mercato, con un’azione positiva per l’ambiente ma anche per la gestione economica, in quanto quelli che un tempo erano rifiuti da smaltire, quindi dei costi, oggi potrebbero essere prodotti per cui c’è mercato e, quindi, generare guadagno».BiometanoEd ecco, allora il progetto BioMetaNow, che mira a generare biometano dai fanghi di depurazione. Un progetto pilota condotto a Milano, presso il depuratore di Niguarda-Bresso con il supporto scientifico del CNR e quello tecnologico di FCA.La sperimentazione prevede il trattamento dei fanghi residui della depurazione di tipo biologico a schema classico (fanghi attivi) per via anaerobica (in assenza di ossigeno) e la trasformazione in biogas. Secondo gli studi di Gruppo CAP il solo impianto di Bresso/Niguarda si stima potrebbe arrivare a produrre quasi 342 mila chilogrammi di biometano, sufficienti ad alimentare oltre 400 veicoli per 20 mila chilometri all’anno: in tutto, più di 8 milioni e 300 mila chilometri, equivalenti a oltre duecento volte la circonferenza della Terra. Un’operazione di grande importanza in termini di riduzione dell’impatto ambientale, perché con l’utilizzo di questo biocombustibile la riduzione di CO2 può raggiungere il 97%. Ecco perché Gruppo CAP mira ad aprire nel Milanese, in tempi brevi, quello che sarebbe di fatto il primo distributore di biometano a km zero in Italia. Il 14 marzo scorso, presso il Motor Village di Torino, è stata consegnata ufficialmente da FCA a Gruppo CAP una Fiat Panda Natural Power alimentata dal biogas, prodotto dai reflui fognari trattati nell’impianto all’interno del depuratore di Niguarda-Bresso. L’auto sta effettuando un lungo test (viaggerà per alcuni mesi sino a raggiungere 80.000 km), durante il quale sarà sottoposta a verifiche mirate a valutare se il biometano prodotto da Gruppo CAP avrà o meno particolari effetti sul motore.Per questo progetto, Legambiente ha assegnato a Gruppo CAP il premio “Campione dell’economia circolare”.Recupero di materie primeMa l’impegno di Gruppo CAP nella tutela dell’ambiente e verso l’economia circolare non si arresta qui. Una delle cinque R della gestione sostenibile del servizio idrico parla proprio del riuso dei nutrienti, di sostanze cioè come Azoto, Fosforo e Potassio che sono presenti nelle acque di scarico che arrivano al depuratore, ma che possono essere recuperate e riutilizzate in altri settore. Questi elementi nutritivi indispensabili per l’agricoltura oggi vengono estratti da giacimenti in fase di esaurimento e risultano esse sempre meno disponibili sul mercato.Gruppo CAP, pertanto, attraverso nuove tecnologie, si propone di recuperare questi nutrienti direttamente dai fanghi di depurazione, per trasformare i depuratori urbani in impianti di recupero, con forti impatti ambientali, ma anche economici e sociali.Perfetto esempio di Economia CircolareSempre presso l’impianto di Bresso-Niguarda, da maggio, Gruppo CAP, insieme all’Università di MilanoBicocca, al Politecnico di Milano e a Fondazione Cariplo, sta sperimentando l’inserimento di microalghe nel processo di depurazione delle acque, per migliorare le performance dell’impianto dal punto di vista ambientale ed energetico all’insegna dell’economia circolare. Le microalghe infatti possono migliorare la qualità dei reflui, riducendo il contenuto di microinquinanti in modo assolutamente naturale. Inoltre sono in grado di crescere utilizzando i nutrienti presenti nelle acque di scarto (principalmente azoto e fosforo), riducendone la concentrazione, e necessitano di CO2 che può essere recuperata dai gas di scarico prodotti dal normale funzionamento delle turbine dell’impianto stesso. Infine, le alghe possono essere avviate a digestione anaerobica, aumentando così la produzione di biogas, che a sua volta nell’impianto di Bresso viene convertito in biometano, migliorando così il bilancio energetico dell’impianto di depurazione. Ci sono tutte le premesse perché questa sperimentazione consenta, intervenendo in modo molto poco invasivo nel processo di depurazione, di renderlo più efficiente, più economico e più sostenibile.«La nostra ricerca, grazie alla preziosa collaborazione dell’Università di Milano-Bicocca e del Politecnico di Milano, va nella direzione di trasformare la depurazione delle acque reflue da processo energivoro e potenzialmente inquinante in attività di recupero di sostanze preziose e di produzione di energia sostenibile - spiega il presidente di Gruppo CAP - . Le alghe sfruttano infatti processi che sono già parte delle attività quotidianamente svolte nell’impianto, e anzi si nutrono di prodotti che sono normalmente considerati “scarti”, che possono invece essere recuperati per dar vita alla produzione di biometano, in un’ottica di economia circolare e tutela dell’ambiente».Vedi box: Il biometano[masterslider id="42"]

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