L’igiene alla base della qualità alimentare

Perseguire la qualità e la shelf life di un qualsiasi prodotto alimentare vuol dire considerare tutti i parametri che concorrono al raggiungimento della massima sicurezza e genuinità, a partire dalla composizione del prodotto stesso, ovvero dalle materie prime utilizzate, dalle tecnologie di produzione, l’impiantistica e l’ambiente di produzione, dalle condizioni di conservazione e dal controllo delle contaminazioni. In tutti questi step l’igiene e le procedure di sanificazione sono fondamentali per raggiungere la qualità che si ricerca.Industria alimentare e igieneIl termine “Igiene”deriva da una parola greca, “Hygeia”, dea greca della salute e indica - come definito dai testi regolamentari – “tutte le condizioni e le misure necessarie ad assicurare la sicurezza dell’alimento in ogni passaggio della catena di produzione”. Ciò vuol dire che l’igiene é il mezzo per prevenire problematiche di sicurezza alimentare e che l’industria alimentare e l’igiene sono un binomio imprescindibile. Igiene vuol dire pulizia e disinfezione ma anche manutenzione e rimozione delle contaminazioni che possono essere di diversa natura: biologiche (microrganismi patogeni e saprofiti alteranti, tossine, infestanti), chimiche (residui di prodotti per la pulizia, lubrificanti) e fisiche (derivate dalle stesse materie prime, dai macchinari e dagli operatori). La sanificazione è un punto cardine all’interno dei protocolli di autocontrollo, come sancito dai regolamenti nazionali e comunitari, come indicato nel Pacchetto Igiene del regolamento CEE 852/2004 sulla gestione dell’industria alimentare, dove l’OSA (operatore della sicurezza alimentare) “...é obbligato a tenere puliti tutti gli impianti utilizzati e ove necessario, dopo la pulizia, a disinfettarli in modo adeguato...”.La sanificazione come mezzo per perseguire l’igieneLa definizione del termine “Sanificazione” si ritrova su varie normative. Secondo la norma UNI 1058, la sanificazione é “l’insieme delle operazioni volte a rendere salubri gli ambienti sia mediante attività di pulizia e/o disinfezione e/o disinfestazione, sia mediante il controllo e il miglioramento delle condizioni del microclima, dell’illuminazione e del rumore”. Nel più comune lessico operativo, per sanificazione si intende quella “speciale operazione post-produttiva volta a eliminare, tramite la detergenza e la disinfezione, lo sporco generato durante il processo alimentare, riducendo a livelli accettabili il rischio di contaminazione secondaria sugli alimenti”. La sanificazione risulta essere quindi un’operazione specialistica riservata a operatori motivati e formati, a professionisti qualificati come lo sono, per esempio, figure come i tecnologi alimentari, al fine di perseguire gli obiettivi di igiene e sicurezza per proteggere le imprese alimentari e tutelare la salute dei consumatori. Tali procedure vengono in gergo tecnico definite SSOP, dall’inglese “Standard Sanification Operation Procedures”. Tutte le procedure di sanificazione risultano avere criticità: devono essere considerate parte integrante del ciclo produttivo ma la loro esecuzione viene spesso, erroneamente, considerata solo come costo e tempo sottratto alla produzione. Ulteriori problematiche sono legate al fatto che spesso la formazione degli addetti è solo teorica: le procedure sono impeccabili nella teoria (“sulla carta”) ma spesso viene raggiunta solo una pulizia di tipo ottico. La causa di ciò potrebbe essere imputata a una difficoltà di interpretazione delle procedure scritte, impeccabili sulla carta ma poi “tradotte” in pratica da operatori che a volte non conoscono la lingua: ne consegue una serie di problemi, tra cui l’utilizzo di percentuali inadeguate di prodotto (in eccesso e in difetto), con conseguenti rischi in termini di efficacia di sanificazione, sicurezza sul lavoro e ricadute ambientali (per esempio problemi negli scarichi).Le fonti di contaminazioneMa quali sono tecnicamente gli scopi della sanificazione? Prima di tutto rimuovere le contaminazioni e rendere gli impianti adeguatamente puliti per le successive operazioni di trasformazione, inoltre evitare contaminazioni secondarie sempre in agguato: mantenere quindi un costante controllo dei microrganismi patogeni come Listeria monocytogenes, Salmonella, Staphylococcus aureus, E. coli,... e microrganismi alteranti (Pseudomonas fluorescens, Ps. fragi, Ps. aeruginosa, Micrococcus spp.,...) lieviti e muffe, non pericolosi per la salute del consumatore ma dannosi per la conservabilità dell’alimento. Le fonti di contaminazione sono varie, a partire dagli impianti di produzione, sia durante i periodi di attività sia durante quelli di inattività. Il controllo di tale contaminazione può effettuarsi scegliendo impianti con design igienico e con l’uso di procedure di sanificazione adeguate, “tailor made”, validate e monitorate attraverso un attento piano di validazione e monitoraggio. Stessa cosa dicasi per le superfici e gli utensili che vengono a contatto con gli alimenti: anche per essi è necessario valutarne attentamente le peculiarità per ottimizzarne le procedure di sanificazione. L’aria ambientale è da considerarsi ugualmente una possibile fonte di contaminazione (aria inquinata nell’area circostante lo stabilimento o da procedure di sanificazione improprie), alla stregua dell’acqua utilizzata per la produzione e per la sanificazione, pertanto, è fondamentale prevedere fonti d’approvigionamento alternative o trattamenti specifici in caso di mancanza di acqua dalle caratteristiche adeguate alla produzione alimentare. Continuando l’elenco delle fonti di contaminazione possibili va annoverato lo stesso addetto alla produzione: l’uomo è la più comune fonte di contaminazione degli alimenti. Infine, last but not at least, vi sono le materie prime che, da materiale grezzo in entrata sulla linea produttiva, portano dietro tutta la carica contaminante caratteristica.Teoria della sanificazioneLa sanificazione “...prevede tutti quei trattamenti di natura fisica e chimica effettuati affinché una superficie/utensile risulti pulita: fisicamente (ovvero priva di sporco visibile), chimicamente (ovvero priva di residui di sostanze utilizzate nel trattamento), biologicamente (ovvero che il numero ed il tipo di microrganismi inizialmente presenti siano ridotti ad un livello accettabile)”. Una superficie può essere considerata pulita fisicamente “quando è priva di tracce di contaminanti, non è untuosa al tatto, è inodore, non annerisce un fazzoletto di carta bianco strisciato e quando l’acqua versata cola uniformemente senza separarsi in goccioline”. Sono due i passaggi fondamentali per l’ottenimento di una efficace sanificazione: una prima fase di detersione (ovvero la rimozione fisica dello sporco, che sia esso di natura fisica, chimica o biologica) e una successiva fase di disinfezione (ovvero la rimozione o la riduzione a un livello accettabile dei microrganismi patogeni e saprofiti potenzialmente alteranti). Nella fase di detersione l’obiettivo principale è quello di ottenere un livello di pulizia definita “ottica”, ovvero ottenere una percezione sensoriale della eliminazione dello sporco con la rimozione del 97% del carico inquinante presente sul substrato. La detersione viene eseguita secondo le fasi del “cerchio di Sinner”che vede l’interazione di 4 parametri fondamentali (tempo, azione chimica, temperatura e azione meccanica) modulati a seconda della natura dello sporco da eliminare. Ognuno dei quattro parametri, opportunamente gestito, concorre all’ottenimento delle migliori performance di detersione: una azione chimica opportuna data dalla scelta corretta del detergente adeguato al tipo di sporco da eliminare; i tempi di contatto adeguati per potenziare l’effetto detergente; una azione meccanica adeguata allo sporco ed al tipo di superficie per ottenere una migliore penetrazione del detergente; una temperatura di lavaggio adeguata al tipo di sporco/superficie per massimizzare l’efficacia della detersione evitando nel contempo la denaturazione dello sporco proteico. La scelta del detergente è dunque la prima fase fondamentale: da ciò deriva infatti principalmente l’efficacia di detersione, e pertanto va valutata accuratamente la sua natura chimica (grado di alcalinità/acidità) a seconda del tipo di sporco da rimuovere. In caso di superfici termizzate, ovvero sottoposte a riscaldamento durante le fasi di produzione, la fase di detergenza sarà necessariamente più aggressiva in quanto il calore favorisce la formazione di depositi di sporco tenace per denaturazione delle proteine combinate con sali minerali, grassi e residui carboniosi tramite reazioni di Maillard. Nella scelta del detergente più adeguato andranno valutate anche altre caratteristiche del detergente quali il potere bagnante, la sicurezza di uso alle concentrazioni utilizzate (non corrosività), la facilità di risciacquo, la possibilità di riciclo e la biodegradabilità. Dal punto di vista chimico i detergenti si distinguono in: - detergenti acidi (a base di acidi inorganici e acidi organici) impiegati per la rimozione delle incrostazioni inorganiche; -detergenti neutri o debolmente alcalini, impiegati per la rimozione dello sporco pigmentario, agglomerato e grasso leggero; - detergenti alcalini, impiegati per la rimozione dello sporco organico; - detergenti enzimatici, impiegati per la rimozione di diversi tipi di sporco. Validi sono anche quei prodotti coformulati che uniscono le prestazioni di più componenti per ottimizzare l’efficienza globale di detersione. Alla base detergente vengono solitamente aggiunti ingredienti migliorativi dell’azione detergente quali tensioattivi, sequestranti, ossidanti, solventi.La seconda fase fondamentale della sanificazione è la disinfezione, ovvero, come già accennato precedentemente, la rimozione dei microrganismi patogeni e dei microrganismi saprofiti potenzialmente alteranti. L’obiettivo di questo passaggio finale fondamentale è la distruzione dei microrganismi sopravvissuti alla fase di detersione per impedirne la persistenza e la diffusione nell’ambiente e sui prodotti. Anche in questo caso la scelta del disinfettante è valutata secondo diversi fattori: i microrganismi target della disinfezione, il tipo di superficie da disinfettare, la tecnica di lavaggio, il tipo di formulazione del prodotto, le capacità e la sicurezza degli operatori, il tempo disponibile. Come per i detergenti, anche per i disinfettanti vi sono diverse tipologie, in particolare si fa distinzione tra disinfettanti chimici (ad attività ossidante e non, a base di gas quali biossido di cloro, ossido di etilene, ozono) e disinfettanti fisici (calore secco e vapore semisaturo a 160-170 gradi centigradi, radiazioni UV, raggi gamma, nanomateriali...). Inoltre, possono essere differenziati tra quelli a risciacquabilità completa (ossidanti, per es.: cloro, acqua ossigenata...) e quelli a effetto residuale (derivati con carica azotata, per es.: sali quaternari).* PhD, Tecnologa Alimentare-Consulente

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