Forse non tutti si ricordano di quel fenomeno denominato “vaiolo del cotto”, che era in sostanza una manifestazione combinata di sali e funghi.
Si presentano con formazioni di macchie biancastre, inizialmente piccole e singole, successivamente crescenti in dimensioni e numero, sino a diventare un vero e proprio “mosaico”, anche sulla stessa mattonella. Queste manifestazioni si sviluppano su superfici trattate con prodotti di finitura come le cere cremose in pasta o prodotti con resine molto simili, come effetto finale, alle cere, prodotti che vengono impiegati per la finitura di superfici in cotto, terrecotte, pietre naturali, marmi, a volte anche in legno. Perché si sviluppino tali fenomeni ci deve essere risalita capillare di umidità dai sottofondi, a volte però si possono avere manifestazioni molto simili, ma con forte odore di muffa, quando vi è una costante persistenza di umidità ambientale nei locali.
Il problema
Una componente comune è sicuramente uno scarso ricambio d’aria nei locali, unito a una scarsa traspirabilità dei prodotti applicati. Quando l’umidità di risalita - che si porta dietro alcune piccole quantità di sali dei materiali di posa e dei materiali posati (colle, malte, materiali posati, salinità...) - raggiunge la parte superfi ciale dei materiali trattati e non trova sfogo, comincia un processo di “marcescenza” dei prodotti applicati. Il primo effetto visivo è la comparsa di piccole macchioline singole biancastre quasi circolari posizionate inizialmente vicino alle fughe delle mattonelle, e comunque al di sotto del trattamento applicato; il secondo passo è l’aumento del diametro (irregolare) delle macchie e la comparsa, a fi anco delle medesime, di nuove macchioline che piano piano si uniscono alle prime, sino a formare un gruppetto di macchie sempre più largo, infi ne si verifi ca la comparsa di nuove macchie sulle mattonelle che precedentemente non erano interessate al fenomeno. Tali manifestazioni si possono verifi care in tempi relativamente brevi se vi è una notevole risalita di vapori umidi e inizialmente il fenomeno sarà accentuato vicino ai muri perimetrali, ma se la risalita è lenta e diffusa, si noterà il fenomeno diffondersi su tutta la parte centrale delle superfi ci (è più veloce la diffusione sotto a mobili o tappeti), in maniera disomogenea, sino a interessare tutte le mattonelle: il tutto potrebbe avvenire anche in un paio di anni in maniera progressiva.
Un sassolino nella scarpa...
Arrivato a questo punto della descrizione, vorrei ringraziare personalmente tutte quelle aziende che non si sono mai interessate del fatto che i prodotti da loro formulati - con dubbia qualità - innescavano molto facilmente tali fenomeni (a partire da un mese sino a qualche anno dopo il trattamento di fi nitura), costringendoci a complicati ripristini delle superfi ci, eseguiti sempre “a incasso zero”. Questo lavorare gratis è costato, nel giro di tre-quattro anni, a chi vi sta descrivendo ciò quasi il valore di mezzo appartamento...
C’è macchia e macchia
Comunque sia, guardando avanti, si può affermare con una certa sicurezza che questo fenomeno si manifesta sia sulle fi niture eseguite cona cere cremose in pasta (le cere che si usavano molto un tempo per il cotto) sia su fi niture di altro tipo quali miscugli di resine o resino-cere che non lasciano traspirazione ai materiali. Una manifestazione conseguente alla risalita e marcescenza è la modifi ca della struttura del materiale nel punto di presenza della macchia nel trattamento. Si nota anche a occhio nudo che, dove vi era la macchia biancastra, dopo aver asportato i prodotti applicati, la struttura del materiale si presenta più porosa: sembra abbia subito una modesta corrosione della parte superfi ciale. Tale corrosione si evidenzia maggiormente con le nuove fi niture del tipo resinoso o con utilizzo di prodotti tonalizzanti. Diversamente, lo sviluppo delle macchie sulle superfi ci dovute alla persistenza di presenza eccessiva di umidità in ambiente, si manifesta principalmente ai piani interrati o in prossimità dei gradini delle scale che portano ai piani medesimi. Si notano sviluppi di questo tipo di fenomeno prevalentemente nei mesi estivi, quando la concentrazione di umidità ai piani interrati aumenta per il fenomeno dell’afa estiva. Quello che si può percepire subito è il classico odore di muffa; passando sopra alle superfi ci la mano, questa rimane sporca delle muffe presenti. Anche questo fenomeno crea delle macchie biancastre, in quanto la muffa tende a far marcire i prodotti applicati, ma le macchie sono piccole e tutte vicine tra loro e cominciano a deteriorare i prodotti del trattamento sulla parte calpestabile delle superfi ci, non nella parte tra il trattamento e il materiale. Lentamente le superfi ci assumono un aspetto poco invitante portando il cliente fi nale alla sola e unica considerazione: “Se l’avessi saputo non avrei posato questo materiale!”.
Attenzione all’incuria
Molte volte però tali manifestazioni sono causate anche dall’incuria di chi abita le case, che non crea ricambio d’aria e non presta attenzione al fatto di avere in casa materiali naturali trattati, che non hanno in nessun modo le caratteristiche di un materiale di tipo diverso che, se non è assorbente, crea normalmente una patina di condensa in superfi cie. Se una persona sceglie un materiale naturale per rendere “particolare” il proprio ambiente di vita, deve capire che vi possono essere eventi stagionali non prevedibili nemmeno da chi ha eseguito il migliore dei trattamenti protettivi; i trattamenti servono a preservare i materiali naturali assorbenti dalla possibile macchiabilità durante la vita di tutti i giorni, ma non a eliminare in automatico qualsiasi possibile aggressione o fenomeno stagionale. Questi problemi, nel tempo, hanno fatto ricadere le scelte della committenza verso quei “prodotti fi niti” che non abbisognano di trattamenti protettivi, a discapito a volte della qualità dell’abitare e della qualità della vita stessa.
Come intervenire?
Nel momento in cui bisogna re-intervenire per porre soluzione al problema, si aggiunge spesso un’altro problema, che è dato dal tipo di prodotto applicato in precedenza. Vi sono in commercio diversi sistemi di trattamento protettivo dei materiali: per alcune aziende è importante creare un fi lm di qualche tipo che abbia il massimo della resistenza agli agenti meccanici e chimici e che rivesta totalmente le superfi ci, per altre è più importante proteggere dall’interno le superfi ci per le macchie di caduta e applicare una eventuale fi nitura relativamente semplice, per altre ancora la soluzione può essere rappresentata da una eventuale applicazione di più mani di resine o cere di tipo metallizzato. Tutti i sistemi di trattamento protettivo hanno dei limiti di durata nel tempo, ma sicuramente le tipologie di trattamento a “fi lmazione” di superfi ice sono in assoluto le meno durature e meno traspiranti. Tali sistemi sono inoltre di notevole diffi coltà di applicazione poiché rimangono spesso segni del trattamento; estremamente diffi coltosa anche l’eventuale rimozione, quando se ne presenta la necessità, in quanto, operando su superfi ci assorbenti, vi è la diffi coltà oggettiva di far riuscire nell’azione il prodotto “sfi lmante” prima che questo venga assorbito dai materiali stessi. Ora mi chiedo: ma valeva veramente la pena formulare prodotti che sono quasi totalmente fi lmanti e molto resistenti al calpestio, ma che - non avendo nessuna traspirabilità - non riescono a resistere al fenomeno della “vaiolatura” sotto il trattamento? A volte sono necessari cinque-sei passaggi di sistemi combinati di “sfi lmanti deceranti”, con l’utilizzo di sistemi abrasivi decisi… E cosi facendo si riesce persino ad arrecare danno ai materiali.
Un consiglio
In base all’esperienza vissuta, posso affermare che il sistema di trattamento protettivo più idoneo sui materiali naturali è quello che può dare ottima protezione dallo sporco di caduta e dalle macchie con uno specifi co impregnante antimacchia, magari in soluzione acquosa, con la relativa successiva fi nitura a base di emulsioni di cere, un pò più resistenti delle cere rilucidabili, ma che lascino una certa traspirabilità ai materiali e che comportino una manutenzione semplice per l’utilizzatore delle superfi ci. Per fortuna nulla dura in eterno, così anche i trattamenti protettivi, ma è molto meglio poter dare un risultato fi nale ideale al nostro cliente, che possa durare un tempo ragionevolmente lungo, se correttamente manutenzionato, piuttosto che rincorrere solamente il facile guadagno di oggi, che ci potrà far lavorare una volta per lasciarci a piedi nei tempi successivi (per avere conferma di questo basta osservare quanto sia cambiato il mercato dei trattamenti protettivi sui materiali).
Concludendo...
Non vorrei passare per un venditore di sermoni, ma nella mia esperienza di lavoro ho passato altre crisi economiche e, quando capitavano, mi dicevo sempre che forse alla fi ne il mercato avrebbe fatto una selezione naturale di quelle aziende che operavano senza professionalità, apportando discredito anche a quelle che si prodigavano per operare bene. Sono rimasto comunque ogni volta un pò deluso dopo il passaggio delle crisi, perché quelli che, secondo me, operavano male erano ancora in piedi e continuavano nella loro opera demolitrice. A oggi, che di crisi economica si parla molto, anche ringraziando i demolitori di un tempo che hanno contribuito a modifi care in peggio il mercato, sono riuscite a rimanere in piedi pochissime aziende storiche, ma non si nota in effetti un avvicinamento delle nuove generazioni a una qualsiasi delle specializzazioni di questo settore, che partono tutte dal conoscere a fondo il “bagaglio delle pulizie” (da cui molti sono partiti), per arrivare a capire le differenze tra i vari materiali e a poter eseguire lavori di fi nitura che possano portare a una effettiva qualifi cazione professionale (e a diversi introiti).