La formazione nelle pulizie professionali

Nel nostro Paese non si presta la dovuta attenzione a quello che è pur sempre un importante problema di igiene. Le proposte per qualificare il settore.
In ogni campo si svolga la nostra attività, viene sempre richiesto un documento che attesti la nostra preparazione.È difficile che nel curriculum - o rispondendo a colloqui di lavoro - non appaiano voci relative al titolo di studio conseguito, qualcosa che comprovi una specifica attitudine a svolgere il ruolo per cui ci presentiamo. E se molto spesso il lavoro ci porta lontano dall’impiego preventivato dal corso di studi, tuttavia “quel” pezzo di carta che attesta un percorso effettuato rimane come solida base di qualificazione. Il mondo del lavoro è cambiato e sta velocemente modificando i suoi parametri; ciò che non cambia è il concetto comune che, per lavorare, è necessario avere un qualche tipo di formazione. Tutto vero per la massima parte dei posti di lavoro. Non lo è più quando si parla di chi deve operare nel settore delle pulizie professionali. Come se non fosse necessaria una qualifica per occuparsi di qualcosa che riguarda la salute in primis, e quindi il benessere, la sicurezza di chi vive e lavora nei luoghi affidati agli operatori delle pulizie. Questo in Italia. Perché nel nostro paese sappiamo bene lo scollamento che esiste tra il mondo del lavoro e quello dell’istruzione. In un momento difficile come quello attuale, con la disoccupazione giovanile che gravita intorno al 30%, un campo che potrebbe aprire molte porte viene ostinatamente rifiutato in quanto non attrattivo, poco qualificato e anche, diciamolo, poco dignitoso. Questa è la percezione che si ha del lavoro della pulizia professionale. Per esempio, quando entriamo in una sala operatoria diamo per scontato che - oltre alla sterilità di ferri, teli, camici… - l’igiene e la sanificazione dell’ambiente sia perfetta. Ma è realmente così? È una domanda provocatoria, se vogliamo, in quanto i programmi di formazione esistono (in genere demandati alle singole imprese od organizzazioni varie): ciò che manca è lo “status” ufficiale definito da questa formazione, perché non esiste una “formalizzazione” della qualifica professionale per gli addetti alle pulizie professionali. La figura tanto auspicata del “tecnico d’igiene” è ancora di là da venire.

Qualche riflessione

Perché in Italia siamo così indietro? Eppure, esempi vicini (Francia, Belgio, Svizzera, Germania…) segnano la strada da seguire. Ma in Italia non c’è neppure un Dipartimento a cui fare riferimento. Come se il settore delle pulizie professionali fosse invisibile. Questo vale per tutto il comparto, nonostante le cifre parlino chiaro: 1,5 miliardi di euro il fatturato della produzione 2011 (dati AfidampFAB), che sale a 2,3 miliardi con l’indotto, per un totale di 30.000 addetti. E il giro d’affari delle imprese di servizi è di 9,5 miliardi con oltre 430.000 addetti. Inoltre, quello del cleaning professionale è un settore in continuo sviluppo, sia per le nuove tecnologie messe a disposizione, sia perché la pulizia sempre più deve tenere conto dell’impatto ambientale, della sicurezza, della sostenibilità…

La realtà della formazione

Da un’indagine commissionata a Ispo (Istituto di ricerca sociale, economica e di opinione, guidato da Renato Mannheimer) da Afidamp Servizi e presentata a Milano lo scorso marzo al Forum Pulire - workshop dedicato alla pulizia come valore assoluto e organizzato da Afidamp - è emerso che l’83% di chi si occupa delle pulizie professionali non ha formazione specifica e il 95% utilizza strumenti e prodotti di uso casalingo. Il che sta a significare due cose: scarsa - o nulla - conoscenza del fatto che pulizia domestica e pulizia professionale sono concetti diversi e che c’è una forte mancanza di formazione nel settore. Come ribadisce Sergio Antoniuzzi, titolare di Icefor, azienda di prodotti chimici: «Noi vendiamo igiene, che è una branca della medicina». E lamenta che nel comparto siano pochi quelli che rispettano regole e certificazioni…per garantire agli operatori prodotti realmente efficaci.

La dignità va di pari passo con la storia

I popoli mantengono la loro dignità quando questa viene riconosciuta dalla storia: è la storia che racconta la loro crescita, la loro evoluzione, le tappe su cui hanno fondato il loro essere oggi. Così ogni lavoro: c’è sempre un rimando alla radici che hanno dato dignità e rispetto a ogni mestiere, da cerusico a chirurgo il passo è stato lungo, ma la chirurgia oggi non ci sarebbe se non ci fossero stati questi precursori. Per la pulizia questo non è avvenuto: il suo percorso professionale sembra nato dal nulla, mentre invece - non si stanca di ripetere Giulio Guizzi, storico del settore e Afidamp Ambassador - «la storia dell’umanità è ricca dei saperi del rendere salubre, del sanificare, a partire dalla mitologia». Tutte le civiltà hanno sviluppato le conoscenze al proposito. Nessun operatore delle pulizie (se non glielo si dice) sa che il suo lavoro porta in sé secoli di storia, di scoperte: solo diventandone partecipe può assumere su di sé dignità e potere. Il compito del formatore si presenta arduo, anche perché la maggioranza della manodopera oggi è multietnica e multilingue: ma la storia della pulizia parla di arabi, greci, latini… più universale di così! Quindi il formatore deve coprire diversi temi specifici, perché il suo insegnamento non si riduca solo all’informazione e all’addestramento (che non vanno certo sottovalutati). A questo proposito, Giulio Guizzi ha portato il suo progetto per una formazione qualificata, divisa in 10 aree tematiche, completate da una ricca bibliografia (disponibile, da richiedere a: divita@afidamp.it).

E l’Europa…

Addetto alle pulizie come opportunità di lavoro: in Europa i disoccupati sono 24 milioni, e il 22,4% sono giovani. La disoccupazione giovanile è più marcata in Spagna e in Grecia (raggiunge il 50%), mentre in Italia alla ricerca di lavoro sono il 30%. Per contro, in Svizzera, Austria, Germania, Paesi Bassi, la disoccupazione è intorno al 6%. In questi Paesi vige l’avvicendamento tra scuola e lavoro: i giovani, nel loro percorso di studi, per 2-3 anni vanno a scuola e lavorano, in alternanza. Sono dati che ha illustrato Andreas Lill, direttore generale di Feni (Fédération européenne du nettoyage industriel), durante il Forum. Tornando all’Italia, qui come in Portogallo, il grado di istruzione è alto, ma il paese non è pronto a rispondere alle esigenze del mercato del lavoro. Diverso discorso per la Francia, che ha creato l’intera filiera della formazione professionale. La sua organizzazione nei diversi paesi può avvenire con modalità differenti: in alcuni (come Francia e Belgio) se ne occupa la Federazione delle imprese. Il finanziamento viene dalle imprese e gli attestati sono riconosciuti in tutto il paese. La formazione è un’opportunità per crescere, che non si esaurisce in un’unica soluzione, si parla sempre di più di formazione continua. Un work in progress che non deve arrestarsi, mai… Portare il sapere (in ogni settore) a un grande numero di persone, ha un valore immenso. Lo ha detto Albert Einstein: «È l’arte suprema dell’insegnante, risvegliare la gioia della creatività e della conoscenza».

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