Goal setting: raggiungere (facilmente) gli obiettivi

di Fabrizio Pirovano e Marco MontiParliamo di goal, ossia di obiettivi. Tra le tante teorie organizzative di successo, occupa certamente un posto di rilievo quella del “Goal Setting”, nata per fornire strumenti efficaci per la definizione e il conseguente raggiungimento degli obiettivi dei singoli componenti di un’organizzazione. La teoria del Goal Setting si incentra sull’acronimo SMART, un abile gioco linguistico dal doppio significato; un obiettivo, infatti, oltre a essere “furbo” (smart, appunto) deve avere le caratteristiche rappresentate dalle iniziali dell’acronimo, ovvero essere: Specifico, Misurabile, Accettato, Realistico e Temporalmente definito. È una teoria piuttosto diffusa che consigliamo caldamente a chi debba definire obiettivi – sia per se stesso, sia per altri – e della quale abbiamo potuto constatare l’efficacia.Relativamente alle singole caratteristiche dell’acronimo SMART, si tende comunemente a ritenere fondamentale l’aspetto Realistico di un obiettivo, ovvero che non sia troppo facile, ma neppure impossibile da raggiungere. Senza nulla togliere all’importanza di questo primo punto, ci piace pensare che si debba però porre maggiore attenzione sulla caratteristica Accettato.Anche nel suo significato più comune, il fatto che un obiettivo sia accettato da chi lo riceve non va dato per scontato: un obiettivo non accettato assume, infatti, i connotati di un fallimento in partenza. Difficilmente, però, si pone la dovuta attenzione al fatto che un singolo obiettivo debba essere accettato anche dal sistema che circonda colui che lo deve raggiungere.Intendiamo dire che non solo un obiettivo dovrà essere accettato dal suo proprietario, ma anche che il suo proprietario, nel raggiungerlo, dovrà farsi ecologicamente accettare dal sistema in cui vive. E non è una caratteristica di poco conto.Nel nostro lavoro di consulenti abbiamo incontrato molte persone (probabilmente troppe) che esprimevano orgogliosamente la propria determinazione con frasi del tipo: “Per raggiungere i miei obiettivi IO non guardo in faccia nessuno”. Sentendoli parlare ci veniva spontaneo immaginare clienti abbattuti in funzione del raggiungimento di un budget personale e colleghi asfaltati sotto lo schiacciasassi del completamento di un progetto. Perché loro, per i propri obiettivi, non guardavano in faccia nessuno. La vera essenza della lettera A dell’acronimo è questa: “Accettato dalla persona, ma accettabile anche per l’ecosistema dell’azienda”.ESEMPI CONCRETI DI GOAL SETTINGUn dirigente ci raccontò una barzelletta che circolava in IBM all’inizio degli Anni ‘80; narrava di uno dei loro venditori durante un safari in Africa con alcuni colleghi della produzione. Montata la tenda per la notte, si trattava di procacciare la cena. In un impulso di proattività tipica del ruolo, il venditore partì armato di fucile al grido di: “Ci penso IO, perché se non fosse per me, voi qui morireste di fame!”. Dopo un incalcolabile lasso di tempo, il silenzio della savana fu interrotto da una serie di ruggiti terrificanti che furono il preludio del passaggio del venditore a gambe levate attraverso la tenda, con i vestiti a brandelli e con il leone che lo inseguiva ruggendo a pochi metri di distanza.La situazione non gli aveva però tolto l’incrollabile attitudine di sempre: “IO la cena ve l’ho portata, adesso cucinarla tocca a voi!”. Lui, in fondo, il suo obiettivo l’aveva raggiunto.Salvo che non siate un eremita solitario in isolamento monastico in cima a una montagna o un venditore da barzelletta, è fondamentale che otteniate il consenso da parte di tutte le componenti del sistema azienda in merito al vostro operato nel raggiungimento di un obiettivo: vale certamente per le componenti esterne, ma non di meno per quelle interne. L’importanza di questo punto di vista è riassunta in una frase di Roy Kroc, fondatore di McDonald’s, che recita: “Nessuno di noi è tanto in gamba quanto noi tutti messi insieme”. Può un singolo giocatore ottenere più di una squadra che proceda compatta verso la meta? Ovviamente no.Sembrerebbe tutto molto logico e scontato, se non fosse per il fatto che troppo spesso ci viene riferito che, all’interno delle aziende, qualcuno che dovrebbe rappresentare un alleato si comporta come un ostacolo. In primo luogo non meravigliatevi: gli ostacoli fanno parte degli obiettivi (sempre) come il successo (a volte). In seconda analisi chiedetevi cosa avete fatto voi per aiutare lui. Perché si parte da lì: perché quel tizio dovrebbe aiutarvi se pensa che voi non aiutereste lui? Così, alla fine, torniamo al leitmotiv di sempre: Consenso, la parola chiave al centro di ogni successo umano. Perché mai come in questi casi – ma anche in tanti altri, a dire il vero – la vostra riuscita dipende proprio dalla capacità di ottenere il consenso di chi vi sta ostacolando.Non ci sono alternative: “sconfiggerlo”, “metterlo in cattiva luce”, “scavalcarlo” sono frasi che purtroppo ci sentiamo dire spesso, ma sono attitudini che nulla hanno a che fare con quel rapporto di reciproca collaborazione necessario a far confluire il vostro obiettivo personale nell’insieme degli obiettivi dell’organizzazione e a raggiungere finalmente l’obiettivo comune. In fondo, più spesso di quello che si creda, la parola “Consenso” per un’azienda si potrebbe tradurre in “Prosperità”.

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