Igiene delle superfici

di Cristina CardinaliNumerosi studi hanno dimostrato che i virus possono sopravvivere per ore depositati su superfici e oggetti, pronti a essere "raccolti" da mani incaute e trasportati da queste alle porte di ingresso del nostro organismo: bocca, naso e occhi. Attenzione quindi a maniglie delle porte, interruttori, pavimenti, vetri, superfici dei bagni o delle cucine, come lavandini, ma anche ai vestiti.Possono sopravvivere per alcune ore (in genere da 2 a 8 ore, ma talvolta anche molto più a lungo) e per prevenirne la diffusione è importante abituarsi a detergere accuratamente e con una certa frequenza tutte le superfici a rischio: dopo la disinfezione tutte le superfici tornano libere dai virus.QUANTO DURA SULLE SUPERFICI IL NUOVO CORONAVIRUSRecenti pubblicazioni spiegano la permanenza del virus Covid-19 sulle superfici. In particolare, da uno studio del National Institutes of Health virology laboratory di Hamilton (Montana, Usa), risulta che il coronavirus può restare sulle superfici per giorni. Fra sette diverse superfici analizzate, emerge che il virus può resistere circa 24 ore sul cartone e fino a 3 giorni su superfici di plastica o metallo. In attesa di riscontri scientifici definitivi, gli scienziati si limitano a riportare i dati che dimostrano come il coronavirus "resista" più a lungo su alcune superfici rispetto ad altre, ad esempio il rame, da dove scompare in quattro ore.Sembra poi che il virus riesca a rimanere vivo per 9 giorni sull’asfalto, ma con una bassa carica virale. Il grasso della sporcizia, anche quella che si trova per strada, crea l’ambiente ideale per i virus, compreso il nuovo coronavirus. Tuttavia, è molto improbabile che si calpestino droplets infetti di qualcuno che ha tossito o starnutito per strada e che poi si tocchi con le mani la suola delle scarpe. Più facile che una situazione del genere avvenga con superfici come maniglie, appigli dei mezzi pubblici o pulsanti degli ascensori.COSA ELIMINA I VIRUS DALLE SUPERFICIIn generale, i virus vengono eliminati dal calore (75-100°C) e da molti germicidi chimici, compresi il cloro (soluzioni di ipoclorito), il perossido di idrogeno (acqua ossigenata), i comuni detergenti (sapone) e gli antisettici a base di iodio e alcol, a condizione che vengano utilizzati nella concentrazione adeguata e lasciati agire per un periodo di tempo sufficiente.Per il coronavirus le attuali misure di decontaminazione per le superfici prevedono la disinfezione con alcool etilico (etanolo al 62-71%), acqua ossigenata (perossido di idrogeno allo 0,5%) o candeggina (ipoclorito di sodio allo 0,1%).La disinfezione delle strade è pressoché inutile alla guerra contro Covid-19, sostiene il direttore del Dipartimento Malattie Infettive dell’Istituto Superiore di Sanità Giovanni Rezza, che ribadisce ancora una volta che la via del contagio principale rimane quella respiratoria e non da superfici contaminate e sottolinea il ruolo fondamentale di un’igiene accurata delle mani per neutralizzare i virus.SANIFICAZIONE ITALIANA È italiano il primo macchinario esportato in Cina per la sanificazione degli ambienti dal coronavirus. Idrobase Group, azienda con sede a Borgoricco, in provincia di Padova e unità produttiva anche a Ningbo, nella provincia dello Zhejiang, annuncia che lo stabilimento nell’Estremo Oriente ha riaperto grazie a una certificata innovazione italiana che, applicando una tecnologia utilizzata nelle stazioni aerospaziali statunitensi, ha creato un’unità di sanificazione superfici capace di eliminare, già nei primi 90 minuti di utilizzo, il 95% dei virus presenti nell’ambiente.L’innovativo macchinario non si limita a purificare l’aria, che attraversa il catalizzatore, ma diffonde una fitta rete di molecole (ROS – Reactive Oxygen Species), che sanificano tutte le superfici e l’ambiente. In particolare, attraverso una nuova tecnologia (AHMPP) viene prodotta una coltre di ossidanti che, grazie all’azione di luce e umidità dell’aria, attiva la decomposizione delle sostanze organiche e inorganiche nocive, preservando solo l’ossigeno e le molecole d’idrogeno. Il fotocatalizzatore più comune è il biossido di titanio (ossido di titanio naturale), innocuo per la salute, ma ad elevata efficienza e atossicità. Tale tecnologia è anche “green”, perché permette un forte risparmio energetico, non utilizzando gli energivori filtri ad alta efficienza.

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