Tossinfezioni da E.coli: rischi e misure di prevenzione

di Chiara ScelsiNel 2018, Escherichia coli produttore di shigatossina (STEC) è risultata la terza causa più comune di zoonosi di origine alimentare con 8161 casi segnalati nel 2018. È a partire dagli anni ‘80 negli Stati Uniti, e soprattutto dopo la vasta epidemia del 1993 che ha coinvolto diverse centinaia di persone in quattro Stati USA per consumo di hamburger poco cotti,  che la patologia è stata definita come Hamburger disease e il microrganismo responsabile, E.coli VTEC O157:H7, ha causato successivamente episodi in numerosi altri paesi, Italia compresa.Il secondo episodio per importanza e portata è avvenuto nel 2011 quando un ceppo virulento raro di VTEC, denominato O104:H4, è stato individuato come la fonte del focolaio infettivo di E.coli che ha colpito la Germania e la Francia, nella primavera e nell’estate, per consumo di germogli crudi di fieno greco. Microrganismi differenti quindi, anche se tutti appartenenti alla specie E.coli, alcuni produttori del medesimo tipo di tossina, altri con tossine diverse o diversi meccanismi di azione.I rischi per l’uomoEscherichia coli è un batterio che colonizza abitualmente l’intestino dell’uomo e della maggior parte degli animali a sangue caldo: è un componente quindi della normale flora batterica saprofita. Alcuni ceppi tuttavia sono patogeni e possono causare anche gravi infezioni, sia per produzione di tossine che per meccanismi di adesione ed invasività.La classificazione di questi ceppi patogeni si basa proprio sulle modalità con cui il microrganismo si rende pericoloso e per questo vengono suddivisi in differenti gruppi, associati a determinate patologie intestinali ed extraintestinali.I ceppi di E.coli associati a patologie enteriche sono i seguenti: enterotossigeni (ETEC), enteroinvasivi (EIEC), enteroaderenti (EAEC), produttori di verocitotossine (VTEC) e/o shigatossine (STEC). Un importante sottogruppo degli E.coli produttori di verotossine sono gli enteroemorragici (EHEC). Questi ultimi, oltre alla capacità di produrre VT, sono caratterizzati dalla presenza di ulteriori fattori di virulenza, in particolare la capacità di produrre lesioni su cellule epiteliali.SintomiDopo un periodo di incubazione di circa 3-4 giorni compaiono dei sintomi gastrointestinali che vanno da forme diarroiche lievi a forme più gravi, di tipo emorragico, accompagnate da dolori addominali; solitamente non c'è febbre.Circa l'8% dei pazienti (maggior sensibilità nei bambini sotto i 5 anni di età e negli anziani) possono sviluppare una grave patologia, la Sindrome Emolitico Uremica (SEU). La SEU rappresenta la causa più importante di insufficienza renale acuta nell’età pediatrica, in particolare nei primi anni di vita. Vie di trasmissione dell’infezioneL’infezione da VTEC si trasmette all’uomo attraverso il consumo o la manipolazione di cibi o acqua contaminati e attraverso il contatto con animali infetti. Questa patologia è considerata una zoonosi, cioè una malattia trasmissibile dagli animali all’uomo, ed in questo caso il serbatoio più importante è rappresentato dai ruminanti. In bovini, pecore, capre, bufali e ruminanti selvatici, i ceppi VTEC possono essere presenti a livello intestinale senza che l’animale presenti sintomi di malattia, ma le carni macellate possono essere contaminate da materiale fecale a causa di un’inadeguata manipolazione durante la macellazione. I suini e il pollame non sono invece stati identificati quali fonti importanti di VTEC per l’infezione umana in Europa.La maggior parte delle infezioni da E.coli VTEC è legata al consumo di alcuni alimenti contaminati appartenenti sia alla filiera animale che vegetale. In particolare, in casi umani sono stati implicati alimenti di origine bovina a seguito di contaminazione fecale all’origine (macellazione, mungitura) e non sottoposti ad adeguato trattamento termico, quali hamburger poco cotti, latte crudo non pastorizzato e prodotti caseari da latte crudo. Più recentemente e con crescente frequenza sono stati coinvolti anche altri veicoli quali alimenti ready to eat, prodotti carnei, maionese e yogurt, succhi di frutta non pastorizzati, frutta e verdura (lattuga, spinaci, germogli, ecc.) concimati con letame contaminato. Infatti, E. coli O157 è in grado di persistere e moltiplicarsi nelle deiezioni dei ruminanti per cui, se esse vengono impiegate a fini agronomici senza adeguati trattamenti, possono contribuire alla contaminazione del suolo, delle acque e dei vegetali. È possibile anche una contaminazione crociata tra alimenti diversi. A livello internazionale sono stati segnalati anche focolai di origine idrica, coinvolgendo l’acqua potabile, l’acqua di piscine e parchi acquatici, acque per l’irrigazione dei campi: in quest’ultimo caso lo spargimento di reflui zootecnici può contaminare gli ortaggi coltivati.Il contatto diretto con gli animali infetti rappresenta una modalità non infrequente di trasmissione, con casi sporadici ma anche eventi epidemici. L’infezione può essere contratta anche per contatto interpersonale, in ambito familiare e in comunità (asili e scuole, case di riposo, ospedali).La dose infettante per VTEC O157 negli individui sani è bassa, 10-100 microrganismi ingeriti, ma si riduce ulteriormente in individui a rischio quali bambini, anziani e soggetti immunodepressi.Modalità di trasmissioneLa principale via di trasmissione del batterio all’uomo è rappresentata dal consumo di alimenti e acqua contaminati. Gli alimenti  principalmente coinvolti sono:-  la carne di bovino poco cotta, considerata la maggior fonte di infezione nell'uomo (la contaminazione avviene durante le fasi di macellazione e sezionamento);- il latte crudo non pastorizzato e i prodotti lattiero-caseari (se prodotti a partire da latte non pastorizzato oppure in caso di contaminazione post-pastorizzazione);- i vegetali crudi (lattuga, spinaci, germogli, ecc.).Altre vie di trasmissione possono essere il contatto diretto con animali infetti e il contatto diretto tra uomo e uomo.Misure di prevenzioneCorrette pratiche igieniche presso gli allevamenti, le stalle, i mattatoi e le aziende di trasformazione e il costante e mirato monitoraggio della presenza nell’ambiente di indici microbiologici, quali Enterobacteriaceae ed E.coli, rappresentano il metodo migliore per ridurre i rischi per la salute pubblica di infezione da VTEC. Il solo rispetto delle norme igieniche non ne garantisce però del tutto l’assenza: si rende necessaria anche in questo caso l’implementazione di efficienti procedure HACCP validate per la produzione di alimenti potenzialmente a rischio.Considerando quindi la gravità delle infezioni provocate da questi ceppi patogeni e la complessità epidemiologica che li caratterizza, è necessario attuare un’efficace attività di sorveglianza e notifica delle infezioni nella popolazione, monitorare la presenza dei ceppi VTEC negli animali e negli alimenti, promuovere campagne informative destinate agli addetti del settore zootecnico, dell’industria alimentare e ai consumatori. Al tal proposito, European Food Safety Authority (Efsa), insieme all’European Centre for disease Prevention and Control (Ecdc), nel 2011 ha pubblicato una valutazione rapida dei rischi legati all’esposizione dei consumatori a STEC/VTEC tramite il consumo di ortaggi crudi, e ha proposto alcune raccomandazioni sui possibili modi di contenere i rischi di contaminazione alimentare ed infezione umana. Tali valutazioni sono scaturite a seguito della comparsa dei focolai di infezione da STEC O104:H4 a causa del consumo di germogli di soia contaminati.

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