In seguito alle ultime dichiarazioni del Ministro riguardo la gestione rifiuti, nelle quali in particolare si mette in dubbio l'utilità della costruzione di inceneritori in Italia, il Presidente di FISE, Chicco Testa, ha risposto con una lettera aperta:Il Ministro manifesta da tempo la sua contrarietà a questo tipo di impianti, ma non usa numeri, e nemmeno riferimenti alla realtà italiana per avvalorare la sua tesi. Egli dice che i tempi di autorizzazione per la loro realizzazione sono biblici, dai 5 ai 7 anni, ma le tempistiche per le autorizzazioni sono legate principalmente ad aspetti burocratico-amministrativi. Quindi, per quale ragione le procedure di autorizzazione devono durare 5/7 anni, visto che si tratta di impianti ben conosciuti e che in tutti i Paesi europei vengono autorizzati con tempi infinitamente più brevi? Questi tempi biblici, inoltre, non riguardano solo gli inceneritori, ma praticamente qualsiasi tipologia di trattamenti dei rifiuti compresi gli impianti per il recupero della materia, per esempio i biodigestori. I dubbi del Ministro riguardano anche i tempi di ammortamento dell’impianto, che egli stima in 20 anni. Dopo aver consultato alcune aziende che gestiscono termocombustori e che hanno presentato progetti per alcuni nuovi impianti dello stesso genere, possiamo dire che i loro piani finanziari prevedono un tempo di recupero attorno ai 12 anni con un WACC piuttosto alto. Visto l’attuale costo del denaro, assai basso, i tempi di ammortamento previsti non superano i dieci anni.Ultimo argomento del Ministro è un riferimento alla normativa europea dove la direzione verso l’economia circolare “ci deve dare nei prossimi pochi anni una percentuale così alta di raccolta differenziata da non giustificare i tempi lunghi degli inceneritori”. A questo replichiamo ricordando che la normativa europea prevede entro il 2035, quindi non pochi anni, una percentuale giustamente non di raccolta differenziata (RD), ma di riciclaggio del 65%. Il che vuole dire considerando in modo cautelativo gli scarti della RD arrivare ad una percentuale di RD di almeno l’80%, con residui che andranno considerati nei fabbisogni impiantistici. Oggi siamo, come media nazionale, al 58,1% di RD. Non di riciclaggio, che è tutt’altra storia e che infatti è al 45,2%. Fare raccolta differenziata non significa automaticamente pensare che i rifiuti saranno tutti riciclati. La stessa Direttiva prevede poi un ricorso alle discariche non superiore al 10%. Rimane, come è semplice constatare, una differenza del 25%. Escludendo il riciclaggio già previsto in percentuali molto alte, escludendo la discarica che sta al massimo al 10%, quali altre tecnologie rimangono disponibili? Evidentemente solo il recupero energetico che in Italia riguarda oggi il 18% del totale dei rifiuti urbani, con un deficit per raggiungere quel 25% di circa 2 milioni di tonnellate. Basterebbe la realizzazione di un modesto numero di nuovi termocombustori per chiudere il gap. E infatti le Regioni del Nord lo hanno già chiuso.Concludo sottolineando che quando avremo colmato il gap fra domanda di trattamento e offerta di impianti in regola, tutti gli impianti da quelli per il riciclo alla termocombustione alle discariche, avremo inevitabilmente ridotto lo spazio per traffici clandestini, come ha autorevolmente ricordato il Procuratore Nazionale Antimafia nella sua relazione.