di Francesca ScelsiI macro trend che stanno influenzando l’economia e quindi il mercato del lavoro, riguardano elementi sociali e politici a livello globale, perché come abbiamo visto con la recente pandemia, le radici del cambiamento non necessitano più di una connotazione di vicinanza geografica, ma riguardano la complessità del sistema. I più citati e discussi macro trend a cui prestare attenzione sono:
- la globalizzazione, fenomeno attivo e presente da due decenni che non accenna a fermarsi;
- i cambiamenti climatici che portano alla nascita di nuovi settori economici e di nuove professioni come quelle legate alla green economy;
- il cambiamento demografico che vede l’innalzamento dell’aspettativa di vita e una riduzione della natalità nei paesi OCSE e quindi la nascita del business della terza età legata all’aumento della domanda di beni e servizi per questa fascia di popolazione;
- il fenomeno migratorio che contribuisce al cambiamento della forza-lavoro e che è a sua volta, legato ai cambiamenti climatici (si stima che nei prossimi decenni i cambiamenti climatici favoriranno ulteriori spostamenti di masse imponenti di persone).
Insieme a questi mastodontici fenomeni, ce n’è ancora uno che sicuramente merita attenzione e che appare maggiormente visibile e pragmatico per tutti noi: la digitalizzazione e la rivoluzione tecnologica. Secondo il World Economic Forum saranno i fattori tecnologici a farla da padroni nel cambiamento; alcuni effetti sono visibili già oggi ma il dato rilevante è che nei prossimi 4 anni verranno creati 2 milioni di posti di lavoro e contemporaneamente ne verranno distrutti 7 milioni a livello globale.L’utilizzo del Cloud, del Mobile, la flessibilizzazione del lavoro (smart working), l’avvento dei Big Data e dell'Internet of Things sono fra i principali fattori che stanno già comportando stravolgimenti nel mercato del lavoro. La pandemia ha inoltre accelerato il processo di adozione tecnologica da parte delle aziende che in 50 giorni hanno avuto l’evoluzione tecnologica e digitale che avrebbero avuto in 5 anni.
Quali sono le professioni maggiormente a rischio?
“I lavori sono più sostituibili quanto più di scompongono in problemi da risolvere anziché in obiettivi da raggiungere”.Significa che se svolgiamo una professione in cui le nostre attività sono composte da sequenze standardizzate quel lavoro è ad alta sostituibilità, viceversa se svolgiamo una professione in cui siamo a chiamati a risolvere dei problemi per raggiungere degli obiettivi avremo un lavoro dalla vita più lunga; le componenti della creatività e dell’autonomia risultano fondamentali in questo tipo di discernimento. Dobbiamo spostarci dall’approccio operativo all’approccio consulenziale, dal fare all’essere, ovvero ad utilizzare oltre alle competenze e conoscenze tecniche, tutto ciò che ha a che fare con la relazione, la comunicazione e l’intelligenza sociale ed emotiva.Questo significa che anche professioni che richiedono alti livelli di conoscenze teoriche, potrebbero non essere al sicuro se non hanno fatto a tempo ad abbracciare l’approccio consulenziale.È già noto il caso della prima “assunzione” di un algoritmo (o avvocato-robot) al posto di un professionista, in uno studio legale americano (studio Baker & Hostetler) ed è quindi sempre più evidente che i settori applicativi delle tecnologie potranno essere i più disparati.Inoltre secondo la ricerca condotta da C.B Frey e M. Osborne, “The Future of Employment”, saranno colpite dalla distruzione di posti di lavoro, anche le categorie professionali legate alla vendita, ai servizi, alla logistica e ai trasporti perché maggiormente predisposte all’adozione della tecnologia.In questo scenario compenseranno invece (parzialmente) l’area finanziaria, il management in genere, il mondo dell’informatica e dell’ingegneria.
Quali saranno le competenze richieste dal mercato?
Secondo una recente indagine (2019) condotta dalla società McKinsey e divulgata dal World Economic Forum è previsto un cambiamento in termini di ore lavorate, delle skills maggiormente richieste dal mercato del lavoro da qui al 2030. La ricerca divide le skills in 5 categorie e prevede una riduzione dell’utilizzo delle skills manuali e fisiche così come di quelle cognitive di base.Al contrario si può notare un aumento della domanda delle skills cognitive elevate (pensiero laterale, creatività, gestione della complessità) delle skills emotive e relazionali (empatia, comunicazione efficace, apprendimento continuo) e un’impennata delle skills tecnologiche (analisi dati, programmazione avanzata, capacità legate al mondo IT).Per questo motivo l’apprendimento continuo e il lifelong learning sono due leve essenziali sulle quali ciascun lavoratore è chiamato a costruire la propria employability ovvero la propria:“capacità di adattarsi alle mutevoli situazioni di mercato, reinventandosi ruoli e mansioni, utilizzando il proprio mix di competenze tecniche, manageriali, creative”.Nuove sfide attendono tutti noi lavoratori, ma come suggeriva il grande fisico novecentesco Albert Einstein: “La crisi può essere una vera benedizione per ogni persona e per ogni nazione, perché è proprio la crisi a portare nuovo progresso”.