Le aziende di tutto il mondo concordano sull’importanza della tutela ambientale, tenendo conto degli aspetti che riguardano la salvaguardia del pianeta durante la pianificazione delle loro strategie, specialmente se sono imprese che operano in settori ad alto rischio.Questo è quanto emerge da un'indagine eseguita da DNV GL - Business Assurance, un importante ente di certificazione, e GFK Eurisko, istituto di ricerca internazionale, che ha coinvolto più di 3500 professionisti provenienti da tutti i settori industriali. L’indagine si è focalizzata sulle modalità di gestione degli aspetti ambientali nei principali ambiti di rischio e le iniziative implementate in Europa, Asia, Nord, Centro e Sud America. Operando in ambiti più pericolosi, dove l’impatto ambientale è particolarmente significativo, ed essendo quindi più soggette a normative e controlli severi, le aziende ad alto rischio sono quelle fanno di più dal punto di vista ambientale, specialmente in termini di progettazione strategica e dialogo con gli stakeholder. Tra queste aziende, spiccano per impegno quelle del comparto chimico. Le aziende coinvolte nell’indagine operano nei settori primario (4%), secondario (57%)e terziario (35%). Il 24% conta meno di 50 addetti, il 33% tra 50 e 249 e il 43% 250 o più;Il campione comprende 578 aziende ad alto rischio, di cui 177 nel settore della chimica. La classificazione ad alto rischio comprende, ad esempio, attività estrattive minerarie, petrolifere e gasiere, tintura e concia di tessuti e capi, produzione di cellulosa, chimica e farmaceutica, edilizia civile e demolizioni, smaltimento di rifiuti pericolosi e non, smaltimento di reflui e acque nere. Tutela dell’ambiente: provvedimenti e linee guidaL’84% delle imprese tiene conto della salvaguardia ambientale nelle proprie strategie. Questa attenzione non è ostacolata dalle dimensioni aziendali, infatti l’80% dei professionisti che lavora in aziende con meno di 50 dipendenti considera importante prestare attenzione al rispetto dell’ambiente. Per le imprese ad alto rischio, la percentuale sale al 92%. Le aziende più impegnate sono quelle del comparto chimico, con percentuali che raggiungono il 98%. Il 76% delle aziende adotta una politica ad hoc per gestire l’impatto ambientale, con l'Europa che registra i valori più alti (81%). Questi dati dimostrano come l’attenzione verso l’ambiente non sia solo un’operazione di facciata.Per quanto riguarda la concretezza delle azioni previste da queste politiche, che include la fattiva prevenzione dell’inquinamento e l’inclusione di linee guida per aumentare l’efficienza delle misure messe in atto, esistono differenze a livello geografico. Le imprese norvegesi (70%) e svedesi (82%) sono le più avanzate e registrano le percentuali più alte di inclusione nelle proprie policy di linee guida per il miglioramento delle loro attività. La Cina, tra i primi Paesi per incremento nel numero di nuove certificazioni ISO 14001, afferma, con il 75% dei propri intervistati, che le proprie policy prevedono misure per la salvaguardia dell’ambiente, e che, nonostante resti ancora molto da fare da un punto di vista operativo, l’impegno in tal senso sta crescendo. Relativamente alle aziende ad alto rischio, l’88% di queste e il 96% delle aziende del settore chimico ha adottato delle policy di gestione ambientale ad hoc, particolarmente evolute, che, oltre a tutelare l’ambiente e a prevenire l’inquinamento, definiscono regole per rendere le performance aziendali sempre più rispettose dell’ambiente.Percezione e prevenzione dei rischiSono percepiti come principali rischi per l’ambiente lo smaltimento (60%) e la gestione di materiali e rifiuti pericolosi (44%), ma queste percezioni sono influenzate dalle peculiarità locali. Lo smaltimento dei rifiuti preoccupa più i nordamericani (69%), mentre gli europei sono più sensibili al consumo di risorse energetiche non rinnovabili (38%). Il 36% degli intervistati europei vede un rischio nelle emissioni di anidride carbonica e altri gas serra, mentre in Nord America la percentuale è solo del 19%. Paesi Bassi (55%), Norvegia (51%) e Svezia (54%) sono i Paesi che registrano i valori più alti. La scarsità delle risorse idriche preoccupa invece principalmente gli indiani (29%). Nel settore chimico, principali motivi di preoccupazione sono la gestione di materiali e rifiuti pericolosi (64%), lo scarico di acque reflue (62%) e lo smaltimento dei rifiuti (61%), seguiti dalle emissioni atmosferiche (42%). Nella gestione degli aspetti operativi, le aziende di questo settore sono piuttosto avanzate: la presenza di agenti fisici come rumore e vibrazioni (27%) e le carenze strutturali dei siti (12%) è inferiore alla media.Per quanto riguarda le iniziative di riduzione dei rischi, quelle a cui la maggior parte delle aziende ricorrono sono il monitoraggio dei processi per valutarne la conformità con i requisiti di legge (75%) e la regolare manutenzione degli spazi (68%). Sono meno diffusi i processi di progettazione per minimizzare l’impatto ambientale di prodotti e servizi (47%) e i programmi specifici per i fornitori (24%). Tra i professionisti che adottano almeno un’azione per il contenimento dei rischi, è nuovamente il settore chimico a confermarsi il più attivo. Oltre a monitorare la conformità (92%), l’82% delle industrie chimiche conduce attività di assessment, in modo da identificare tutti i potenziali motivi di impatto sull’ambiente. Il 76% delle aziende del settore adotta sistemi di gestione, mentre il 63% ricorre al monitoraggio di indicatori ambientali specifici. Questi comportamenti sono riscontrabili in tutte le aziende ad alto rischio, anche se con percentuali inferiori rispetto al settore chimico. Le imprese più intraprendenti sono quindi quelle che operano nei settori più pericolosi e più soggette a norme e controlli severi.Fattori determinantiIl rispetto di leggi e normative (79%) è la ragione principale che spinge le aziende a sviluppare iniziative di salvaguardia ambientale. Altre motivazioni sono le politiche interne (59%), le richieste da parte dei clienti e la reputazione di marca (entrambe 36%). Per le imprese chimiche, sono determinanti leggi e normative (90%) e politiche interne (71%). La performance di queste aziende è influenzata dalle pressioni esercitate da comunità e istituzioni e il mantenimento di un dialogo con gli stakeholder, dando un'importanza prioritaria alla tutela ambientale, è fondamentale per rimanere sul mercato. Secondo il 45% degli intervistati, i vantaggi derivanti dagli interventi di mitigazione dei rischi superano i costi. Il 57% delle aziende del settore primario ha ottenuto vantaggi maggiori rispetto ai costi, mentre nel settore secondario le aziende chimiche spiccano con percentuali attorno al 56%. La maggior parte delle aziende, in ogni settore, ha beneficiato in particolare di un calo degli incidenti ambientali (50%), quota che sale al 61% per le aziende ad alto rischio e al 71% per quelle del settore chimico. Il principale ostacolo all'ottenimento di progressi nella gestione ambientale è, secondo le aziende, la penuria di risorse finanziarie (33%). Questo rappresenta un problema solo per il 26% delle industrie chimiche, mentre il 36% non rileva alcun ostacolo al miglioramento della gestione ambientale. Il 73% delle imprese ha condotto almeno un’azione volta al miglioramento della propria reputazione ambientale, con il 45% che è ricorso alla certificazione in base a uno standard o a uno schema esterno riconosciuto. Fra tutte, le aziende ad alto rischio e in particolare quelle chimiche spiccano per la frequenza del ricorso a certificazioni di terza parte (63%). Quasi la metà degli intervistati del settore chimico dichiara inoltre che la propria azienda ha pubblicato un bilancio di sostenibilità.Prospettive futureIn futuro, le percentuali registrate per i diversi rischi diminuiranno. Le aziende confidano di riuscire a migliorare la gestione di problematiche quali lo smaltimento dei rifiuti (-12%), la gestione di materiali pericolosi (-9%), lo scarico di acque reflue (-9%) e la presenza di pericoli fisici (-12%). Per i problemi che richiedono l’intervento delle autorità, in quanto non risolvibili dalle aziende, la riduzione prevista è minima: -3% per il consumo di energie non rinnovabili, e -5% le emissioni di CO2. Per le industrie chimiche, si rileva un calo percentuale per tutti i rischi, eccetto quelli legati alla scarsità di risorse idriche (18%) e alle carenze strutturali (12%), che resteranno costanti. Il calo percentuale dei rischi sarà accompagnato da una riduzione del numero di iniziative che le aziende intraprenderanno per tenerli sotto controllo, soprattutto per quanto riguarda le misure di emergenza (-25%), perché si dà per scontata la capacità di saper gestire, in futuro, determinate problematiche. Questo potrà portare a crescenti pressioni da parte delle autorità a considerare gli impatti a lungo termine sull’ambiente e sulle persone, in special modo nel settore chimico. Queste industrie, infatti, opteranno in gran parte per attività di valutazione degli impatti sull’ambiente (+8% rispetto alla media), di monitoraggio degli indicatori ambientali (+13%) e di progettazione volta a minimizzare l’impatto sull’ambiente (+18%). Rimarrà elevata l’attenzione per l’ambiente: il 92% degli intervistati infatti manterrà o incrementerà il livello degli investimenti. Il 43% delle aziende ad alto rischio e il 48% delle industrie chimiche confermano l’aumento degli investimenti in tutela ambientale nei prossimi anni. Lo scenario delle imprese italiane: i datiConcentrandoci sui dati riguardanti le aziende italiane, scaturiti da un’analisi che ha coinvolto 434 professionisti, l’89% di esse prende in considerazione, nell’ambito delle strategie aziendali, la tutela dell’ambiente, con il 72% dei professionisti intervistati che dichiara di adottare delle policy di tutela ad hoc. Secondo i professionisti italiani, i principali rischi ambientali sono la gestione dei rifiuti e degli scarti (56%), rischi derivanti da agenti fisici come rumori, vibrazioni o radiazioni (41%) e la gestione delle risorse energetiche non rinnovabili (36%). In Italia, le aziende sono spinte a occuparsi di tutela ambientale a causa della necessità di rispettare delle leggi (85%), rispettare le politiche interne (63%), o per ragioni di reputazione di marca (33%). Per quanto riguarda il rapporto costi/benefici, Il 46% degli italiani ritiene che essi si equivalgano, mentre il 33% considera i benefici superiori ai costi. I benefici si sono concretizzati soprattutto in termini di miglioramento delle relazioni con le autorità (44%), miglioramento della reputazione di marca (36%), diminuzione del numero degli incidenti e miglioramento delle relazioni con i dipendenti (34%). La mancanza di risorse economiche (38%) è tra i principali motivi che impediscono alle aziende di progredire ulteriormente in materia di tutela ambientale. Il 29% non ha invece riscontrato barriere. Il 64% delle aziende italiane ha intrapreso almeno un’iniziativa per la gestione della propria reputazione ambientale: il 41% usando una certificazione di terza parte, Il 15% pubblicando informazioni in un bilancio di sostenibilità. In merito alla riduzione dei rischi ambientali, in Italia ci si si aspetta una riduzione soprattutto per quanto riguarda i rischi derivanti da agenti fisici (-31%), emissioni in atmosfera (-10%) e smaltimento di rifiuti e scarti (-8%). Le azioni di tutela più implementate in futuro saranno il monitoraggio della compliance (60%), le attività di manutenzione (57%) e attività di assessment dei potenziali rischi ambientali (52%). Come per i risultati globali, anche in Italia la riduzione dei rischi si riflette nella riduzione delle iniziative che le aziende intraprenderanno in futuro, soprattutto quelle legate alla gestione delle emergenze (-21%). Gli italiani continueranno anche in futuro a investire in tutela ambientale: il 62% dei professionisti manterrà i propri investimenti, mentre il 29% ha intenzione di aumentarli.Fonte: DNV-GL, Environmental Management Executive Summary