I sanificanti: caratteristiche e criteri di scelta

di Elena ConsonniPer impostare correttamente le procedure di sanificazione, il primo passo è scegliere i prodotti più idonei, una fase non banale perché la scelta deve tener conto – oltre dell’efficacia sulla riduzione della carica microbica - anche delle possibili reazioni con la superficie da sanificare, della facilità di risciacquo e, non da ultimo, del costo.Anzitutto la prima scelta è se optare per una sanificazione in due fasi, in cui far precedere alla disinfezione vera e propria, un passaggio con un prodotto detergente, per rimuovere le macchie e lo sporco grossolano (come i residui di cibo). Non tutti i disinfettati hanno anche potere detergente, pertanto le due fasi si possono accorpare solo se il prodotto scelto è efficace sia sulla rimozione dello sporco che sulla riduzione della carica microbica.L’elemento che permette di capire se un prodotto chimico è solo un detergente o ha anche azione disinfettante è la presenza sulla confezione o sulla scheda tecnica della dicitura “Presidio Medico Chirurgico”. La confezione e la scheda tecnica devono indicare anche le modalità di uso (concentrazione del prodotto, tempo di azione, se è necessario o meno il risciacquo…).Sul mercato sono disponibili diverse alternative, sia che si scelga di svolgere la sanificazione in due fasi distinte (detergenza e disinfezione) oppure in un solo step.La scelta del detergenteNel caso si opti per svolgere le due fasi separate, la prima cosa da fare è scegliere il detergente più adatto, in funzione del tipo di sporco e della superficie da trattare. Esistono detergenti acidi, alcalini, tensioattivi anionici, cationici, non ionici, anfoteri.I detergenti acidi possono essere a base di acidi forti o di media forza (solforico, nitrico, cloridrico, fosforico), sia organici che inorganici. Sono impiegati per la rimozione del calcare o delle incrostazioni.Nell’ambito dei detergenti alcalini, si utilizza la soda (NaOH) e la potassa (KOH) caustica. Questi prodotti sono corrosivi e si utilizzano dove non c’è manipolazione di alimenti. Sono impiegati per la rimozione dello sporco grasso. Vanno gestiti con una certa attenzione.I tensioattivi anionici sono particolarmente efficaci sullo sporco grasso, che emulsionano favorendone la solubilizzazione in acqua. Sono poco costosi, e per questo molto diffusi. Uno svantaggio è la produzione di grande quantità di schiuma, un aspetto negativo sotto il profilo ambientale. I tensioattivi non ionici sono una classe di detergenti piuttosto costosa. Producono meno schiuma rispetto ai precedenti. Rimuovono la maggior parte dei tipi di sporco, in particolare quello di natura grassa. Sono molto usati in ambiente alimentare.I tensioattivi cationici hanno un’azione detergente più blanda, compensata da una maggiore azione disinfettante e da un certo potere battericida. Sono più adatti per la detersione dello sporco inorganico. Un esempio di questa classe di detergenti è il lisoformio.Infine, i tensioattivi anfoteri sono schiumogeni e svolgono anche un’azione germicida. Sono molto costosi. La detersione avviene perché tra il detergente e lo sporco si verificano delle reazioni chimico/fisiche che ne facilitano la rimozione, per questo alcune classi di detergenti sono più efficaci su alcuni tipo di sporco rispetto ad altri. Per esempio, per i grassi, i detergenti più efficaci sono gli alcali, i tensioattivi e, più raramente, i solventi. In particolare i tensioattivi sono costituiti da una coda lipofila, che si lega alla sostanza organica grassa e da una testa idrofila che si solubilizza in acqua, permettendo la rimozione dello sporco. La rimozione dello sporco grasso avviene per saponificazione, solubilizzazione ed emulsione. Sulle proteine risultano efficaci gli alcali oppure i tensioattivi. La rimozione dello sporco proteico avviene per idrolisi, solubilizzazione, azione meccanica. Sugli zuccheri è opportuno impiegare acqua e alcali, che agiscono per dissoluzione. Per i sali minerali (calcare) è necessario utilizzare gli acidi, che ne permettono lo scioglimento, anche attraverso l’azione meccanica.Anche la superficie va valutata nella scelta del detergente. Alcuni materiali usati nella realizzazione di superfici e attrezzature in ambito alimentare non resistono all’uso di certe molecole. Per esempio, l’acciaio inox è sensibile all’acido cloridrico e ai cloruri, mentre resiste ad acidi poco concentrati. L’alluminio non resiste agli acidi e alle basi forti. Il legno (che però non dovrebbe essere utilizzato negli ambienti alimentari) e il vetro non resistono all’uso di basi forti. La gomma non resiste ad acidi e solventi organici, mentre la plastica è poco resistente al calore, all’azione meccanica e ai solventi organici. Un’ampia varietà di disinfettantiAnche nell’ambito dei disinfettanti le possibilità sono diverse. Quelli a base di cloro sono i più diffusi, anche perché meno costosi. Hanno un ampio spettro d’azione, bassa tossicità, agiscono rapidamente e non lasciano tracce visibili. Possono però essere corrosivi per taluni metalli e in presenza di acidi possono portare alla formazione di cloro volatile, molto tossico. Sono efficaci anche nei confronti del virus SARS-CoV-2.Un’altra classe di disinfettanti importante sono i sali di ammonio quaternario. Sono facili da usare, non sono corrosivi, hanno anche un buon potere detergente e non sono tossici. Sono però facilmente inattivabili da sostanze organiche, hanno uno spettro d’azione limitato. Sono infatti inefficaci su batteri Gram - micobatteri e spore. Sono sensibili alle acque dure e sono schiumogeni, per cui la loro rimozione richiede una certa attività di risciacquo.Gli iodofori (a base di iodio) sono efficaci sulle spore, hanno un ampio spettro di azione e hanno anche proprietà detergenti. Di contro sono corrosivi nei confronti dei metalli, sono relativamente costosi e sono viscosi in soluzione concentrata e difficili da diluire. Inoltre lasciano residui colorati. I perossidi sono poco corrosivi sull’acciaio inox ed ecocompatibili. Il più noto è il perossido di idrogeno (acqua ossigenata), ma la sua efficacia dipende da parecchi fattori, come il pH, la presenza di catalizzatori, la temperatura, la concentrazione di perossido e il tempo di reazione.L’acido peracetico è utilizzato per le procedure di cleaning in place (procedure di pulizia automatiche utilizzate per la sanificazione di impianti, tubature…). Ha azione battericida con una concentrazione dello 0,0001% e sporicida allo 0,3%. È efficace su Mycobacterium. Non danneggia le superfici, ma si inattiva in presenza di sostanza organica, per questo il suo impiego deve essere preceduto da una detersione molto attenta.Gli alcoli (principalmente etilico e isopropilico) hanno potere battericida, sono poco costosi e ad ampio spettro. Sono efficaci anche contro SARS-CoV-2, ma poco sulle spore. L’alcol denaturato contiene alcol metilico (che è tossico) e non può essere utilizzato per le superfici a contatto con gli alimenti.Al di là del tipo di prodotto scelto, il meccanismo di azione è simile: le molecole che costituiscono il disinfettante hanno proprietà tali da modificare la membrana cellulare del microrganismo, al punto da riuscire a penetrare nella cellula, che inattivano. Qualora i test effettuati sulle superfici trattate evidenzino la sopravvivenza di batteri è necessario verificare che non siano stati compiuti errori piuttosto comuni: concentrazione del prodotto non corretta (va dosato in maniera precisa), tempo di contatto insufficiente, temperatura della soluzione disinfettante inadeguata, presenza di residui di sporco sulle superfici. Per evitare che si instaurino resistenze batteriche può essere utile cambiare periodicamente il prodotto usato.Come scegliere il prodotto giustoCome abbiamo accennato i parametri da considerare nella scelta del sanificante - o della combinazione detergente e disinfettante – più indicati sono tanti. Il riferimento deve essere la scheda tecnica, che riporta il campo d’azione dei prodotti, le temperature ottimali di utilizzo, i tempi di azione e la compatibilità con le superfici da trattare.Queste informazioni vanno confrontate con l’ambiente da sanificare e il tipo di sporco o di contaminazione ipotetica che si deve eliminare. Per esempio va valutato il pH e la durezza dell’acqua di lavaggio. Per esempio a pH 8, diminuisce l’azione dei prodotti a base cloro, dei sali di ammonio quaternari e dei tensioattivi anfoteri. Va valutata anche l’eventuale incompatibilità con altri prodotti usati. Infatti è bene non miscelare i prodotti di pulizia - in particolare quelli contenenti candeggina o ammoniaca - con altri prodotti. A questi elementi vanno aggiunti fattori che potrebbero essere definiti esterni al processo di sanificazione, ma non per questo sono meno importanti: la sicurezza degli operatori che li manipolano, la stabilità (che è collegata alla conservazione), la conformità alle leggi vigenti, la tossicità, il potere corrosivo, la biodegradabilità e la presenza di residui negli scarichi.Per ragioni di sicurezza, le operazioni di sanificazione devono essere eseguite indossando guanti o dispositivi di protezione individuale. È bene arieggiare gli ambienti sia durante che dopo l’uso dei prodotti per la pulizia e la sanificazione.Le procedure contro il SARS-CoV-2Discorso a parte meritano le procedure di sanificazione nei confronti del virus SARS-CoV-2, un tema che riguarda la tutela dei lavoratori, più che la sicurezza alimentare, ma che le aziende del settore devono comunque assicurare. Al momento  non ci sono dati a sufficienza sulle condizioni che determinano l’inattivazione di questo virus. Le procedure indicate nelle linee guida disponibili sono basate sulle informazioni valide per virus simili già noti, come quelli che fanno parte della famiglia dei Coronavirus.I Coronavirus sulle superfici sono disattivati in circa 1 minuto, con etanolo a concentrazioni comprese tra 62-71%, con perossido di idrogeno allo 0,5% o con ipoclorito di sodio allo 0,1%. È quindi ipotizzabile che tali prodotti possano avere effetti simili anche contro il SARS-CoV-2. Altri agenti biocidi, come l’ammonio quaternario allo 0,05%-0,2% o clorexidina digluconato allo 0,02%, sono risultati meno efficaci.Il Rapporto ISS COVID-19 n.12/2021, suggerisce di utilizzare per le superfici in pietra, metalliche o in vetro un detergente neutro, seguito da un disinfettante virucida, come sodio ipoclorito 0,1% o etanolo (alcol etilico) al 70% o altra concentrazione, purché sia specificato virucida. Per le superfici in legno, invece, il detergente neutro può essere abbinato a un disinfettante virucida a base di etanolo (70%) o a Sali di ammonio quaternario (es. cloruro di benzalconio o DDAC). Per i servizi igienici, il Rapporto suggerisce di pulire con un detergente e disinfettare con un prodotto a base di sodio ipoclorito almeno allo 0,1%. Infine per i prodotti tessili è consigliato un lavaggio con acqua calda (90°C) e normale detersivo per bucato; si può anche optare per un lavaggio a bassa temperatura con candeggina o altri prodotti disinfettanti per il bucato. Un’alternativa è rappresentata dall’ozono, che si era dimostrato efficace contro il Norovirus. L’attività virucida dell’ozono si esplica rapidamente, anche se richiede una somministrazione di gas a concentrazioni superiori rispetto a quella necessaria per i batteri. Anche a basse concentrazioni, con elevata umidità, l’ozono ha una elevata azione disinfettante virucida in aria.Nel corso della pandemia da SARS-CoV-2, alcuni gruppi di lavoro hanno valutato l’efficacia dell’ozono sul virus in condizioni sperimentali. Uno studio, per esempio, ha rilevato percentuali di riduzione della vitalità del SARS-CoV-2 dal 40 all’80% in funzione del tempo di esposizione e del materiale testato (alluminio verniciato e non, maschera FFP2, camice chirurgico, vetro, plexiglas, plastica e acciaio inossidabile) dopo fumigazione con ozono gassoso a concentrazione di 0,5 ppm, 1 ppm e 2 ppm in condizioni di umidità relativa al 55% e temperatura (24°C) controllata e costante.Una rassegna delle informazioni di letteratura disponibili è giunta alla conclusione che l’ozonizzazione può rappresentare una valida tecnologia per l’inattivazione dei virus sulle superfici e sospesi nell’aria, nonostante le incertezze di un uso diffuso dell’ozono gassoso siano, ad oggi, significative.

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