Corretta gestione del lavaggio stoviglie

di Elena Consonni, giornalista esperta in scienze e tecnologie alimentariIl tema del lavaggio delle stoviglie è purtroppo ancora sottovalutato da parte di buona parte dei gestori dei locali, che spesso trascurano l’importanza di queste operazioni e ciò si traduce in scarsi investimenti in apparecchiature moderne e performanti. Manca sensibilità e cultura sull’argomento. Se ne è parlato in un recente convegno dal titolo “Nuove frontiere del lavaggio stoviglie, energia, connettività, igiene. Guida pratica agli operatori” organizzato da Applia Italia e Efcem Italia (le associazioni di categoria di riferimento per la filiera di produzione di elettrodomestici e attrezzature per il catering) nell’ambito della manifestazione Ristorazione 2022. “Abbiamo bisogno di un nuovo approccio al lavaggio stoviglie – ha affermato in questa occasione Massimo Artorige Giubilesi, tecnologo alimentare e Presidente FCSI – i produttori di lavastoviglie hanno il compito di fare cultura e insegnare come gestire il lavaggio. Il fatto che passare posate o bicchieri con l’aceto sia ancora considerato dagli operatori un modo per sanificarle, indica un problema culturale forte. Il tema del lavaggio e la necessità di stabilire un disciplinare è nato in ambito sanitario, dove prima dell’utilizzo di dispositivi monouso sanificare correttamente dopo l’utilizzo era essenziale per prevenire il diffondersi di infezioni nosocomiali. Nella ristorazione professionale, il lavaggio delle stoviglie è un'operazione forse un po' negletta, ma è comunque indispensabile per offrire alla clientela un servizio di qualità. Le lavastoviglie operano in un regime simile a quello dei processi di pastorizzazione, operando a 82-85°C e questo ti dà delle buone garanzie a livello igienico, anche se non tutte le specie microbiche sono distrutte a queste temperature”. L’esperienza di consulente di Giubilesi, però, lo porta a individuare alcune modalità di uso sbagliate di queste attrezzature, per esempio il lavaggio di articoli monouso, che dovrebbero essere utilizzati una sola volta e che non sopportano le temperature raggiunte durante i cicli di pulizia, oppure che vengano usate come lavapanni, per pulire a fine giornata strofinacci, spugne o panni in microfibra visto che la maggior parte dei locali non è dotato di una lavatrice da destinare a questo uso.“Un altro errore – ha affermato Giubilesi – è di credere che la lavastoviglie sia autopulente, che per il fatto di trasformare qualcosa di sporco in qualcosa di pulito si pulisca da sola. Non è così: ha bisogno di essere sanificata periodicamente come tutte le attrezzature usate in cucina. Il fatto che generi odori sgradevoli (per esempio di uovo marcio) indica la deposizione di materiale organico che può essere substrato per la crescita dei batteri soprattutto in presenza di proteine e grassi, come nel caso di sporco derivato da residui di alimenti. Per aiutare i ristoratori, le nuove macchine dovrebbero essere in grado di effettuare una autodiagnosi delle condizioni igieniche e, se necessario, effettuare una autopulizia nelle condizioni opportune. Esistono già dei kit per il monitoraggio rapido e a basso costo di superfici e attrezzature che possono dire se ci sono residui di zuccheri o di proteine sulle superfici, oppure residui di detergenti sui piatti.  La questione è utilizzarli. Da questo punto di vista la ristorazione collettiva è più avanti di quella commerciale, perché è sottoposta a controlli frequenti, deve rispettare capitolati… Per migliorare questa procedura, sarebbe opportuna una campagna di rottamazione delle macchine vetuste, ma anche un protocollo operativo e una certificazione condivisa, che vada a giovamento di tutta la comunità”.L’importanza del fattore umanoMatteo Scibilia, chef e ristoratore milanese, referente FIPE, Federazione Italiana Pubblici Esercizi, ha sottolineato un aspetto molto importante nella qualità del lavaggio delle stoviglie: gli uomini. “La tecnologia – ha affermato – è usata dalle persone e oggi nella ristorazione ci sono grossi problemi di personale. Il lavaggio di piatti, bicchieri e pentolame, è compito dei membri della brigata di cucina di livello più basso, che spesso non parlano neppure bene l’italiano. Gli apparecchi devono essere semplici da utilizzare. Alla ristorazione servono macchine avanzate, a costi sostenibili e bisognerebbe arrivare a un protocollo che preveda la revisione obbligatoria delle macchine, con un registro per documentare tutte le operazioni.” Un altro tema sollevato da Scibilia è la durezza dell’acqua, molto sentito nella città di Milano. “C’è un problema di calcare – ha spiegato - non solo quello che si vede, ma anche quello nel motore che rovina gli apparecchi. Ci vuole formazione su queste questioni, che spesso non vengono affrontate nei percorsi scolastici e maggiore collaborazione tra i ristoratori e le aziende di produzione degli apparecchi, che devono fornire l’assistenza necessaria”. 

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