La green economy… è donna

Vincere le sfide della sostenibilità, anche in Italia, potrebbe essere più facile grazie alla forza propulsiva dell’universo femminile.
Si può partire da alcuni dati: il 66,5% del totale degli acquisti della famiglia, in Italia, è fatto da donne e negli Usa il 50% delle ricchezze è controllato dal genere femminile che, nel mondo, conta un miliardo di lavoratrici. Secondo studi autorevoli (dal Boston Consulting Group, al Censis, all’Ocse, alla Banca d’Italia fino a Goldman Sachs), nei prossimi anni l’influenza delle donne sarà così elevata che potrà far crescere di oltre 5 miliardi di dollari i consumi nel mondo e se si raggiungesse, in Italia, una quota del 60% di donne occupate (oggi il 49,9%) potremmo veder salire il nostro Pil tra il 7% e il 22%. Ma la grande forza delle donne non è solo strettamente economica poiché sono proprio loro che con il loro protagonismo nelle scelte d’acquisto, la loro funzione educativa e formativa in famiglia e fuori, le capacità professionali sul lavoro e nelle imprese, l’attenzione ai temi della sostenibilità, della mobilità ambientale, dell’innovazione e della sicurezza possono dare un forte impulso alla nuova economia ‘verde’.

Potenzialità innovative contro la crisi

Questi sono solo alcuni degli stimoli alla discussione proposti dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile che, ogni anno, contribuisce a organizzare gli Stati Generali della Green Economy - si tengono a novembre all’interno della manifestazione Ecomondo di Rimini (5-6 novembre) – che, per il 2014, ha scelto come tema ‘Imprese per una Green Economy’. Per meglio approfondire tutte le potenzialità che può esprimere “l’altra metà del cielo” è stato organizzato un convegno a giugno dal titolo esplicativo ‘Donne e Green Economy’ nel quale sono stati molti gli elementi messi in luce per mostrare quanto il genere femminile potrebbe contribuire a far uscire dalla crisi e rilanciare i settori della nostra economia; non solo quelli tradizionali ma anche quelli dell’energia, dei trasporti, dell’edilizia e anche del cleaning, come sostengono autorevoli studi. Questi, per esempio, evidenziano che c’è una parte di Pil rappresentato dal lavoro ‘nascosto’ delle donne, soprattutto all’interno della famiglia e della cerchia dei parenti che, se fosse invece immesso sul mercato, creerebbe – su 100 posti di lavoro assegnati alle donne – 15 posti aggiuntivi nei servizi. Uno studio condotto per 20 anni su 1500 aziende dall’Università di Berkley in California, invece, ha messo in luce che le imprese con vertici e manager donne hanno dato maggiori prestazioni sotto il profilo della sopravvivenza e della sostenibilità con una fortissima riduzione dei fenomeni di corruzione e tangenti. Sono indicazioni che dovrebbero essere sostenute anche nel nostro Paese, nel quale anche una grande banca italiana ha comunicato di impiegare il 59% di forza lavoro femminile al proprio interno. Peccato che solo il 18% di queste donne occupa posizioni dirigenziali contro il 35% dello stesso Gruppo in centro-est Europa e addirittura il 40% in Turchia. La causa di queste disparità è da ricercarsi ancora nella mancata disponibilità dello stato a fornire servizi adeguati alle donne che lavorano. Quindi ancora molto resta da fare, l’importante è non perdere una importante occasione che, proprio in questo momento, potrebbe portare anche la nostra nazione oltre la crisi.

L’occupazione femminile in Italia

Istat - rapporto annuale 2013. La situazione del Paese.

Se l’articolo ti è piaciuto rimani in contatto con noi sui nostri canali social seguendoci su:

Nessun commento

Lascia un commento