Igiene diffusa nei luoghi di cura

Nell’ambito della sessione dedicata al tematica dell’igiene diffusa nella sanità e negli ambienti civili, a cui è stata dedicata la seconda giornata del Convegno digitale promosso dalla rivista Dimensione Pulito del Gruppo LSWR, si è tenuto l’incontro dal titolo: “Luoghi di cura: l’esigenza della massima igiene”. Moderato da Maurizio Pedrini, direttore tecnico della rivista e organizzatore dell’evento, si sono confrontati sull’importante argomento Antonio Montanile, direttore Presidio Medico Ospedaliero Brindisi (“Il punto sulle buone pratiche di pulizia e sanificazione: esigenze post pandemia e nuovi protocolli di sicurezza”); Gregorio Mangano, presidente AIISA (“L’igiene degli impianti di trattamento dell’aria, elemento fondante della sicurezza nei reparti ospedalieri”); Camillo Rossi, vicepresidente SIMM, Società Italiana Leadership Management in Medicina (“Un nuovo approccio all’igiene ospedaliera post pandemica”), e Toni D'Andrea, CEO - director ISSA EMEA (“Percorsi formativi per certificare le competenze nell’erogazione dei servizi di pulizia”).“Il settore delle pulizie e delle sanificazioni - ha esordito Montanile - ha svolto un ruolo essenziale nell’emergenza Covid, soprattutto nelle strutture ospedaliere, e certamente sta svolgendo ora un ruolo fondamentale per la piena ripartenza del Paese. Nel contesto emergenziale - ha aggiunto - sono emerse purtroppo delle difficoltà sistemiche per gli operatori del settore. Anzitutto la concorrenza sleale da parte di imprese improvvisate, prive di professionalità, che si sono candidate senza alcun know-how a svolgere attività delicate, come la sanificazione, che non possono prescindere nel loro espletamento dalla competenza di chi le organizza e svolge. Si è inoltre assistito al moltiplicarsi di protocolli di sanificazione fai da te, che prescindono da qualsiasi approccio scientifico. In un contesto emergenziale, come quello che speriamo di esserci lasciati alle spalle - ha evidenziato Montanile - le informazioni scientifiche su come affrontare il Coronavirus Sars CoV-2 sono state inizialmente scarse e non sempre univoche, per cui si è rivelata preziosa l’opera del Ministero della Salute, dell’Istituto Superiore della Sanità, dell’Inail e delle strutture superiori di coordinamento medico-scientifiche create per affrontare la pandemia che hanno cercato di orientare le attività di disinfezione/sanificazione verso metodiche d’intervento intrinsecamente valide e, nel contempo, scevre da rischi di danni all’ambiente, alla salute dei cittadini, di quanti operano nel settore sanitario e in quello della pulizia/sanificazione. Montanile si è quindi soffermato sull’analisi dei Requisiti richiesti per l’esercizio dell’attività di pulizia e sanificazione in forma di impresa. Questi ultimi sono regolamentati dal D.M 7 luglio 1997, n. 274. In modo estremamente sintetico, emerge che per esercitare l’attività di sola pulizia e/o disinfezione (lettere a e b) dell’art. 2 comma 1 DM 274/97 occorrono solo i requisiti di onorabilità ed economico-finanziari; per svolgere anche attività imprenditoriale di disinfestazione e/o derattizzazione e/o sanificazione (lettere c, d ed e) dell’art. 1 DM 274/97 occorrono, oltre a quelli del punto precedente, anche i requisiti tecnico-professionali (art. 2 comma 3 del DM 274/97), tra cui la presenza del preposto alla gestione tecnica. Montanile si è quindi concentrato nella descrizione delle operazioni di pulizia principali previste per una struttura sanitaria. Come agire, in concreto? Occorre, in primo luogo, assicurare le pulizie giornaliere e la sanificazione periodica dei locali, degli ambienti, delle postazioni di lavoro e delle aree comuni e di svago. Nel caso di presenza di una persona con Covid-19 all’interno dei locali, si procede alla pulizia e sanificazione secondo le disposizioni della circolare n. 5443 del 22 febbraio 2020 del Ministero della Salute, nonché alla loro ventilazione. Bisogna poi garantire la pulizia accurata a fine turno e la sanificazione periodica di tastiere, schermi touch, mouse con adeguati detergenti, sia negli uffici, sia nei reparti. In ottemperanza alle indicazioni del Ministero della Salute, secondo le modalità ritenute più opportune, si possono organizzare interventi particolari/periodici di pulizia. Nelle aree geografiche a maggiore endemia, in aggiunta alle normali attività di pulizia, è necessario prevedere, alla riapertura, una sanificazione straordinaria degli ambienti, delle postazioni di lavoro e delle aree comuni, ai sensi della circolare 5443 del 22 febbraio 2020. Montanile ha concluso il suo intervento, dedicato alle buone pratiche di pulizia e sanificazione, mettendo in risalto come, relativamente alle imprese di pulizia, sia emersa con forza la necessità di un’ulteriore regolamentazione dell’attività di pulizia/sanificazione in forma di impresa. Ha quindi posto in risalto l’importanza di specifici piani di formazione degli operatori addetti al processo di pulizia e sanificazione dell’ambiente ospedaliero, cui deve provvedere l’ente interno o l’azienda che svolge le operazioni di pulizia. La formazione, a più livelli, deve prevedere sia corsi di base sulle procedure, la sicurezza e la qualità, che anche step successivi di specializzazione, a seconda della tipologia dei locali dove l’addetto opera.“Il tema dell’igiene e della sanificazione degli impianti di trattamento dell’aria, con particolare attenzione a quelli dei luoghi di cura - ha detto Gregorio Mangano - è al centro dell’attenzione quale misura efficace di contrasto alla diffusione di Sars CoV-2. AIISA (Associazione Italiana Igienisti Sistemi Aeraulici), affronta questi temi dal lontano 2004. Si tratta di un argomento molto delicato che presenta aspetti di forti criticità e numerose opportunità. Si pensa spesso, infatti, che sia sufficiente pulire l’aria attraverso la filtrazione che elimina il particolato e il bioaerosol presente liberamente nell’aria. Non si può affrontare il tema della qualità dell’aria interna se al concetto di ventilazione non si affianca quello di filtrazione. I sistemi di trattamento dell’aria, infatti, oltre che a garantire le condizioni termo igrometriche richieste, sono in via prioritaria adibiti a ridurre le sostanze inquinanti negli ambienti interni e sono i principali artefici della qualità dell’aria che respiriamo”. Ma cosa accade agli impianti di trattamento dell’aria se non vengono controllate le condizioni igieniche, o se non vengono effettuate le corrette azioni di pulizia e sanificazione? Possono davvero compromettere la sicurezza in ambito ospedaliero? La risposta appare quasi scontata, certamente gli effetti possono essere assai dannosi. Per queste ragioni tali interventi sono di fondamentale importanza, in primo luogo per tutelare il benessere e la salute degli ospiti, dei pazienti e del personale. Le operazioni di manutenzione e sanificazione delle condotte aerauliche, regolarmente programmate e realizzate servono sia a proteggere la continuità e la qualità del servizio erogato riducendo al tempo stesso i costi operativi totali, sia a garantire la sicurezza negli ambienti e lo stato di efficienza di presidi medici e attrezzatura.” Mangano ha quindi allargato la riflessione: “nella nostra società - ha spiegato - si trascorre fino al 90% del proprio tempo in luoghi chiusi e il 30-40% di questo si passa nei luoghi di lavoro. Esistono quindi fondati sospetti che il 40% delle assenze da lavoro per malattia sia dovuto a problemi di qualità dell’aria interna degli uffici. La IAQ, Indoor Air Quality rappresenta la caratteristica dell’aria trattata che risponde ai requisiti di purezza. Essa non contiene contaminanti noti tali da arrecare danno alla salute e causare condizioni di malessere per gli occupanti. I contaminanti, contenuti sia nell’aria di rinnovo che in quella riciclata, sono gas, vapori, microrganismi, fumo ed altre sostanze particolate”. Il presidente di AIISA ha quindi spiegato il motivo per cui gli impianti aeraulici si contaminano. “Le incrostazioni alle pareti sono composte prevalentemente da materiale organico che prolifica a seguito di condizioni climatiche favorevoli, in particolar modo temperature e una elevata umidità relativa. Queste condizioni unite costituiscono un ideale terreno di coltura per varie specie micotiche e batteriche e microrganismi). Infine, il sistema di distribuzione dell’aria favorisce il trasporto di polveri e microrganismi verso gli ambienti confinati (piscina, spogliatoi, atrio, uffici, saloni, ecc.). Le principali conseguenze per la salute umana sono: danno alle mucose oculari, alla cute e all’apparato respiratorio degli occupanti, accelerando altresì il deterioramento delle apparecchiature presenti all’interno dei locali.” Mangano ha preso quindi in esame la legislazione nazionale in materia. “Il Testo Unico D.L. 81/2008 in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (30 aprile 2008) – Allegato IV – Requisiti dei luoghi di lavoro, al punto 1.9.1.4 relativo al microclima, stabilisce che ‘gli stessi impianti devono essere periodicamente sottoposti a controlli, manutenzione, pulizia e sanificazione per la tutela della salute dei lavoratori’. Al punto successivo, specifica inoltre che ‘qualsiasi sedimento o sporcizia che potrebbe comportare un pericolo immediato per la salute dei lavoratori dovuto all’inquinamento dell’aria respirata deve essere eliminato rapidamente’.” Il relatore si è poi soffermato sulle leggi guida nazionali di riferimento, elencandole in rapida successione. A cominciare delle “Linee-Guida per la Prevenzione ed il Controllo della Legionellosi”, adottate il 4 aprile 2000; a seguire, le “Linee-Guida per la tutela e la promozione della salute negli ambienti confinati”, adottate il 27 settembre 2001; le “Linee-Guida recanti indicazioni sulla legionellosi per i gestori di strutture turistico-ricettive e termali”, adottate il 13 gennaio 2005; lo “Schema di Linee-Guida per la definizione di protocolli tecnici di manutenzione predittiva sugli impianti di climatizzazione”, adottato il 5 ottobre 2006; le Linee-Guida emesse dalla Presidenza del Consiglio (Conferenza Permanente Stato-regioni) ”Procedura operativa per la valutazione e gestione dei rischi correlati all’igiene degli impianti di trattamento aria” del 7 febbraio 2013. I tre punti focali del sistema di sorveglianza introdotto dalle Linee-Guida del 7/02/2013 prevedono: ispezione visiva degli apparati; ispezione tecnica molto più approfondita; azioni correttive di manutenzione e/o sanificazione. Infine, Mangano ha portato come esempio di riferimento in materia la Legislazione Regionale Lombarda che, con la Legge del 30 dicembre 2009 – Nuovo Testo Unico delle Leggi Regionali in materia di Sanità e Decreto attuativo della Direzione generale Sanità Lombardia – n. 1751 del 24/02/2009 all’art. 59 (Misure di prevenzione nelle strutture sanitarie) afferma: “Al fine di prevenire la diffusione di malattie infettive trasmesse da nebulizzazione derivante da impianti di distribuzione dell’acqua sanitaria e di condizionamento, le strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private accreditate hanno l’obbligo di compiere, in modo continuativo, in relazione agli esiti riscontrati, le azioni di prevenzione, controllo e manutenzione dei seguenti impianti: a) impianti di produzione e distribuzione dell’acqua calda sanitaria; b) impianti di condizionamento dell’aria; c) impianti per idroterapia non termale e aerosolterapia. L’art. 2, della Legge, recita: “Le azioni di prevenzione, controllo e manutenzione di cui al comma 1, da effettuare con cadenza minima annuale, e in caso di provata contaminazione o di malattia nei pazienti, sono indicate con decreto della direzione generale competente in materia di sanità. Gli oneri sono a carico delle strutture sanitarie e sociosanitarie. Le operazioni sono certificate dalle ASL, registrate e controfirmate dal responsabile della struttura o suo delegato”. Camillo Rossi ha portato la preziosa testimonianza di come l’Ospedale di Brescia, e l’Azienda Socio-Sanitaria alla quale esso fa capo, che conta attualmente circa 7mila dipendenti, abbiano affrontato la pandemia da Sars CoV-2, trattando circa 14mila pazienti contagiati dal virus e ottimizzando sia la struttura che i mezzi e le risorse umane a disposizione. “Tra la prima e la seconda ondata - ha precisato - abbiamo studiato una specifica modalità di assistenza ai pazienti Covid che riservasse loro alcune aree dell’ospedale. Si è deciso di usare un’area ospedaliera ad anello, operativa dagli anni Cinquanta, una parte storica realizzata dall’architetto Bordoni, un’altra, a nord, il cosiddetto Policlinico satellite, edificato negli anni Settanta, e infine il padiglione B, con un corpo di fabbrica dotato di un sistema di areazione particolarmente collaudato e sicuro. Attuando i requisiti di sicurezza richiesti a partire dall’agosto 2020, ci siamo così ritrovati a disporre di cinque piani dedicati all’emergenza Covid, con ben 170 posti letto, organizzati in funzione dell’intensità di cura. Va sottolineato come tutte le procedure adottate per il personale interno siano state puntualmente seguite, anche dalle aziende che ci forniscono il servizio di pulizie. Per quanto riguarda, invece, l’accesso dei visitatori, lo stesso era legato alla misurazione della temperatura e scheda anamnestica richiesta per stabilire le condizioni iniziali di salute. A prescindere dal possesso del green pass base, dalla vaccinazione e quant’altro, abbiamo chiesto l’esibizione di un tampone effettuato nell’arco delle quarantotto ore e, nei periodi di massima riapertura, è stato introdotto l’accesso a giorni alterni. L’ospedale ha operato facendo i conti con le evidenze richieste dal mutare delle condizioni, ovvero dai cambiamenti organizzativi e tecnologici richiesti dalla delicata e complessa situazione da affrontare. Comunque, è bene sottolineare che non abbiamo avuto la necessità di effettuare specifici investimenti, perché la principale priorità che ci siamo posti è stata quella di rafforzare e rendere ancor più stringenti le misure di sicurezza che avevamo già introdotto da tempo. In sostanza - ha sottolineato Rossi - quando il 24 febbraio del 2020 è stato ricoverato da noi il primo paziente Covid, ci siamo trovati a poter contare, per il ricovero, solo su una struttura che disponeva di una palazzina esterna di malattie infettive realizzata negli anni Ottanta: abbiamo immediatamente implementato i posti letto fino al numero di 70, il che ci ha consentito di affrontare bene l’emergenza. Siamo stati perciò costretti ad effettuare una revisione complessiva del nostro modus operandi, serrando i ranghi e organizzando al meglio i nostri asset che si occupano di igiene ospedaliera e sanificazione, a partire dal servizio di pulizia con un apposito project financing appositamente deputato ad esso. Ci siamo resi subito conto che era necessario adottare una radicale modifica dei comportamenti rispetto alla cura dei nostri ricoverati: mentre normalmente bisogna proteggere un paziente dall’altro, i pazienti Covid erano sostanzialmente tutti uguali. Abbiamo dovuto procedere con interventi forti, assai onerosi e rapidi di formazione del personale rispetto ai DPI, che hanno attivamente coinvolto non solo il nostro personale interno ma anche quello delle imprese di pulizia che operano all’interno della struttura nosocomiale. Inoltre abbiamo adottato subito i dispositivi di protezione individuale, in primis la mascherina FFP2, che abbiamo messo a disposizione di tutti i dipendenti, appositamente addestrati all’uso corretto della stessa. Si è agito anche per impedire tutta una serie di contatti, anche in locali che potevano sembrare di scarsa rilevanza ai fini del potenziale contagio, come i luoghi di consumo collettivo dei pasti, le mense, i bar. Mi preme sottolineare che abbiamo posto al centro dell’attenzione il concetto di comunità ospedaliera - ha detto a chiare lettere Rossi - considerando le imprese di pulizia e ristorazione quali soggetti prioritari all’interno di essa, al pari di medici, infermieri e personale paramedico. Tutte queste persone sono state prontamente sottoposte al programma vaccinale, già a partire dal 27 dicembre 2020. Lo sforzo organizzativo che abbiamo dovuto affrontare è stato notevole, ma ha dato ottimi risultati. In estrema sintesi, abbiamo affrontato l’emergenza Covid con le armi della velocità, dell’accuratezza, con iniziative di formazione ad hoc, revisione degli spazi ed elasticità. Ora, a proposito di quest’ultima caratteristica, dico subito che non possiamo fare passi indietro e tornare allo status quo - ha ribadito con forza il relatore. Certo, dobbiamo restare estremamente duttili, perché quando si cura la popolazione, le persone presentano bisogni che non sono spesso codificabili fin dall’inizio, ma in futuro dovranno assolutamente essere mantenuti e migliorati gli standard raggiunti in questi ultimi anni. Mi riferisco in particolare anche al rapporto con le imprese di pulizia, che sono state prese per mano e accompagnate a svolgere un lavoro comune in piena e proficua sinergia. Per raggiungere questo obiettivo abbiamo potuto contare sul lavoro di un apposito staff dedicato all’interno della Direzione Medica del presidio principale, che integra diverse professionalità e adesso sta mettendo in rete una massa di dati per poter monitorare al meglio le Infezioni Correlate all’Assistenza, ovvero quella pandemia silente che ogni anno in Italia miete 35mila vittime. Questo sforzo, come è facilmente immaginabile, ha ricadute immediate per comprendere come si muove il nostro intero ecosistema ospedaliero, in modo da sintonizzare l’uso di determinati presidi in funzione di quanto avviene, giorno dopo giorno, in ambito microbiologico. Con immediate e preziose ricadute anche sulla prevenzione e sull’intensità e le frequenze degli interventi di pulizia, sulla scelta dei prodotti, sulla logistica e su tanti altri aspetti, con l’obiettivo finale di migliorare sia le condizioni di cura dei pazienti e la loro sicurezza, sia la salubrità dell’ospedale.” Quello della formazione o meglio della definizione di percorsi formativi, mirati e adeguati al livello di competenza e di responsabilità richiesta in materia di pulizia professionale - ha affermato Toni D’Andrea - rappresenta un tema immenso in un settore in profonda trasformazione. Da un’indagine che avevamo commissionato alcuni anni fa ad un importante istituto di sondaggi emergeva il fatto preoccupante che in Italia, soltanto il 15% degli addetti alle pulizie, sia in regime di autoservizio che di outsourcing, aveva completato un ciclo di formazione sulle tecniche e sulle metodologie di pulizia. Oltre il 90% di questo utilizzava, in ambito professionale, prodotti, macchine e attrezzature destinati ad un utilizzo domestico. Nonostante la scarsa attenzione per il nostro lavoro - ha proseguito - rimango convinto che ‘la Pulizia’ meriti un posto d’onore sia nella storia sociale che nell’immaginario collettivo. Ciò che abbiamo, o forse avevamo capito, è che la Pulizia è un bene necessario non solo alla nostra sopravvivenza. Il che ci consente di affermare in modo concreto i valori della dignità e della socialità. Ma cosa accadrebbe se, anche per poche ore, venissero meno i servizi di pulizia? Come cambierebbe la nostra percezione di un dato luogo. Immaginate gli ospedali, gli asili, i mezzi di trasporto, e tanti altri contesti lasciati precipitare nella voragine dello sporco e della malattia. Pulizia è sempre un investimento e non un costo. E in ambito sanitario le cifre lo mostrano in modo inequivocabile. I modelli econometrici indicano che all’aumentare dell’1% l’indice di spesa per i servizi di pulizia il tasso di infezione si riduce tra lo 0,12% e lo 0,20%. Se un’azienda ospedaliera tagliasse i costi del budget per la pulizia di 58.000€ avrebbe nel breve periodo un costo aggiuntivo netto di oltre 100.000€ causato da un aumento di infezioni (più ricoveri, più medicinali, più risarcimenti). In Europa l’incidenza media delle infezioni correlate all’assistenza è di circa l’8%. Questa incidenza arriva a superare il 30% nei pazienti sottoposti a terapia intensiva. Un dato, che molti non conoscono, è che nell’ultimo decennio sulla Terra sono stati costruiti oltre 50 miliardi di metri quadrati di nuova superficie di cemento, vale a dire un Empire State Building ogni 25 minuti. Sono stati realizzati in un anno tanti edifici quanti ne conta l’intero Giappone, un trend che non cenna a diminuire visto che le previsioni per i prossimi 40 anni stimano 230 miliardi di metri quadri di nuove costruzioni, pari a una nuova Parigi alla settimana. Il processo di affermazione del Cleaning è da sempre legato a due variabili fondamentali: l’incremento demografico che alimenta la domanda di costruzione di nuovi edifici e il tasso di modernizzazione nei diversi Paesi richiedono condizioni igienico sanitarie progressivamente più rigorose, a partire dai luoghi di cura. Nei prossimi anni l’omologazione degli standard igienici applicati nei paesi emergenti agli standard occidentali e l’incremento dimensionale dell’ambiente costruito produrranno una domanda mostruosa di servizi di pulizia. Pensate perciò - ha proseguito - a quanto il fattore competenza inciderà sulla variabile produttività, a quanto il tema della formazione e della qualificazione del lavoro giocherà il ruolo determinante nel nostro settore. L’incidenza del ‘labour intensive’ nell’erogazione dei servizi di pulizia dovrà cedere terreno alla meccanizzazione e alla robotizzazione di molte attività. Il costo della manodopera, abbiamo detto, incide mediamente per oltre l’80% del costo complessivo e dovrà essere rimodulato per assumere un ruolo più di controllo e gestione che di esecuzione. Abbiamo parlato di industria dei servizi, voglio darvi qualche numero. Costruire la consapevolezza di quanto il nostro lavoro sia importante per il mondo. In Europa esistono 290.000 imprese di servizi di pulizia che danno lavoro a 4 milioni di persone che producono un fatturato pari a 120 miliardi di euro che negli ultimi 25 anni è cresciuto con una media del 9% all’anno. Negli Stati Uniti i numeri sono simili, circa 3 milioni di operatori con un fatturato che dal 2016 al 2021 è cresciuto del 5,7% e che nel 2022 dovrebbe attestarsi a poco più di 80 miliardi di dollari. Si prevede da qui al 2029 un incremento delle assunzioni all’interno del comparto nella misura del 4% all’anno. La mia constatazione - ha concluso D’Andrea - è che negli ultimi anni, nel comparto del cleaning professionale la produttività è aumentata pochissimo. La meccanizzazione dei processi è partita solo in quei Paesi che presentano un costo della manodopera troppo alto, la formazione, che insieme all’innovazione tecnologica concorre ad elevare il tasso di produttività, è un’attività minima, marginale.”Maurizio Pedrini

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