In previsione dell’enorme fl usso di persone attese per l’evento “Expo 2015” l’attenzione è verso le strutture “alberghiere” che dovranno essere in grado di attuare un sistema di prevenzione.
La legionella è uno dei principali problemi per la Sanità Pubblica, non solo italiana ma anche mondiale, tanto che è sottoposta a sorveglianza speciale da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Facendo riferimento al Notiziario dell’Istituto Superiore della Sanità (volume 26 n. 9 settembre 2013) si evince che l’incidenza della legionellosi in Italia nel 2012 è risultata pari a 22,7 casi per milione di abitanti, in aumento rispetto all’anno passato; tali dati si riferiscono ai casi di legionella diagnosticati e notifi cati al Registro Nazionale della legionellosi presso l’Istituto Superiore della Sanità. Dei 1350 casi notifi cati, il 5,3% erano stati ricoverati in ospedali o in clinica e ben 137 casi avevano pernottato almeno una notte in strutture alberghiere. Viene quindi da sé che in previsione dell’enorme fl usso di persone attese per l’evento “ Expo 2015” l’attenzione è verso le strutture “alberghiere” che dovranno essere in grado di attuare un sistema di prevenzione in grado di evitare l’insorgenza di probabili manifestazioni di legionellosi. Con il termine di “legionellosi” si defi niscono tutte le forme morbose causate da batteri gram negativi aerobi che appartengono al genere Legionella, che vanta più di 50 specie, la più conosciuta è la legionella pneumophila.
L’ORIGINE
Il termine trae origine da un’epidemia acuta che nell’estate del 1976 colpì un gruppo di ex combattenti della guerra in Vietnam, chiamati anche Legionaires, riuniti in albergo di Philadelfi a (USA), causando 34 morti su 221 contagiati. Solo in seguito si scoprì che la causa dei decessi per la polmonite acuta era da addebitarsi all’azione di batteri, in precedenza sconosciuti, che si erano sviluppati nell’impianto di condizionamento dell’albergo. Fondamentalmente, la legionellosi, si manifesta sotto due forme: la “Febbre di Pontiac” e la “Malattia del Legionario”; tra le due la più pericolosa è sicuramente la Malattia del Legionario, la quale, a differenza della Febbre di Pontiac, si manifesta dopo un periodo di incubazione di 5-6 giorni, non è distinguibile da una normale polmonite, ma se diagnosticata tardi o insorta a soggetti molto deboli, può portare al decesso. La Febbre di Pontiac, invece, si può definire come una forma più “leggera” della malattia, in quanto si manifesta dopo un periodo di incubazione di 1-2 giorni, e solitamente, non presenta polmonite ed è facilmente scambiabile per una normale influenza. Le legionelle sono batteri ubiquitari, ampiamente diffusi negli ambienti naturali come laghi, stagni, acque termali, da cui possono facilmente raggiungere quelli artificiali (condotte d’acqua cittadina, impianti idrici, torri evaporative, etc.) dove possono proliferare se ci sono fattori ambientali che ne favoriscono la crescita. Chiunque può contrarre la legionellosi ma i principali fattori di rischio sono: sesso maschile, l’età avanzata, il consumo di alcool, il fumo di sigaretta, le patologie croniche del polmone, le patologie che causano immunodepressione (ad esempio, diabete, HIV, tumori, etc); impiego di farmaci che causano immunodepressione (cortisone). Il contagio avviene inalando acqua contaminata sottoforma di “aerosol” generati da rubinetti, docce ed impianti di trattamento dell’aria; ovviamente l’esposizione può avvenire nella propria casa, in strutture alberghiere - ricettive, in ospedale o nei luoghi di lavoro. Infatti la malattia dei legionari non colpisce solo il vasto pubblico costituito, ad esempio, da alcuni viaggiatori che alloggiano in hotel, ma anche i lavoratori, specialmente i tecnici addetti alla manutenzione dei sistemi di condizionamento dell’aria o di fornitura di acqua. È stato dimostrato che l’esposizione alla legionella può riguardare anche i lavoratori operanti in luoghi in cui sono presenti macchine di atomizzazione, nonché dentisti, operai di impianti petroliferi e a gas in mare aperto, saldatori, addetti ai servizi di autolavaggio, minatori, operatori sanitari, operai di impianti preposti al trattamento delle acque di scarico in diverse industrie, ad esempio fabbriche per la produzione di pasta e di carta.
COME COMBATTERLA
Le strategie per combattere la proliferazione della legionellosi in ambito comunitario e civile nascono innanzitutto dalla prevenzione, che dovrebbe nascere dalla corretta progettazione e realizzazione delle reti idriche, allo scopo di rendere improbabile la contaminazione della legionella negli impianti di distribuzione dell’acqua calda e nei sistemi di condizionamento. In fase di progetto dunque è consigliabile evitare innanzitutto le formazioni di ristagni, limitando la lunghezza delle tubazioni e le tubazioni con terminali ciechi o senza circolazione dell’acqua, e quindi preferire sistemi istantanei di produzione dell’acqua calda ai sistemi che prevendono serbatoi di accumulo. La manutenzione periodica può contribuire in modo efficace a prevenire la contaminazione e la diffusione dei batteri negli impianti, è opportuno perciò procedere ad una pulizia completa dei serbatoi, della rubinetteria e delle docce, questo soprattutto nelle strutture ricettive come alberghi e campeggi a funzionamento stagionale. Per quanto riguarda gli impianti idrico sanitari il rischio maggiore risulta in prossimità dei soffioni doccia e dei rubinetti, è consigliabile quindi far defluire l’acqua prima di farne uso. Per contrastare i batteri e la loro diffusione negli impianti esistono dei trattamenti di disinfezione, i quali mirano ad eliminare, o a limitare in maniera sostanziale, la presenza della legionella. I più efficaci ed utilizzati sono senza dubbio i trattamenti chimici (clorazione, battericidi di sintesi, ozono, acqua ossigenata catalizzata) ma esistono anche altri processi di disinfezione non chimici ma ugualmente risolutivi come la filtrazione ed il trattamento a raggi ultravioletti (UV), ed i trattamenti termici. Spesso il metodo impiegato nelle strutture alberghiere è quello termico in quanto non richiede alcuna aggiunta di prodotti chimici; il più comune è lo “shock termico”; metodo che prevede di elevare la temperatura dell’acqua a 70 – 80 °C continuamente per tre giorni e far scorrere l’acqua quotidianamente attraverso i rubinetti per un tempo di 30 minuti. La temperatura dell’acqua nei punti distali deve raggiungere i 60 °C, se questa temperatura non viene raggiunta e mantenuta la procedura non fornisce garanzie. La criticità è proprio la mancanza di sonde che misurano il mantenimento della temperatura nelle parti distali e spesso, la dispersione termica, è tale da non prevedere il raggiungimento, nelle parti distali dei 60 °C. Si preferisce quindi l’altro trattamento termico in continuo, ossia il mantenimento costante della temperatura tra i 55 °C e i 60°C all’interno della rete ed a monte della miscelazione con acqua fredda, anche in questo caso comunque i costi sono elevati. Da considerare anche che i trattamenti spesso sono poco efficaci nei confronti della legionella in quanto non si trova libera ma ancorata al biofilm e quindi più resistente; ecco quindi che cercare di contrastare la formazione del biofilm diventa di grande importanza nella lotta contro questo microrganismo e l’adozione di alcuni accorgimenti durante la progettazione dell’impianto possono essere utili quali: l’utilizzo di contenitori d’acqua con superfici a bassa aderenza per limitare la possibilità di ancoraggio del biofilm; o ridimensionare i tubi con velocità elevate, anche se, in merito non è ancora possibile avere valori di riferimento certi; evitare bollitori con attacchi alti, collettori con diametri troppo grandi e bracci morti a servizio di possibili future utenze.
L’ISPEZIONE VISIVA
Ma la legionella è presente anche nei sistemi di trattamento dell’aria (torri di raffreddamento) quindi per la persistenza nel tempo della corretta funzionalità degli impianti e per il mantenimento dei requisiti igienici è necessario effettuare periodici interventi di pulizia e manutenzione che devono prevedere una ispezione visiva e se necessaria una tecnica. L’ispezione visiva permette di accertare lo stato dei vari componenti dell’impianto nell’ambito di interventi manutentivi programmati; questo esame consiste nel valutare lo stato igienico di alcuni punti critici dell’impianto e la loro funzionalità. Inutile sottolineare, anche in questo caso, la necessaria conoscenza dell’impianto. Come Previsto nelle Linee Guida dell’Accordo Stato Regioni 2006, per ciascun impianto deve essere predisposto e aggiornato un registro degli interventi di manutenzione ordinari e straordinari. Gli esiti delle verifi che effettuate durante l’ispezione visiva vengono raccolti nell’apposita check list la quale conservata insieme al registro degli interventi di manutenzione può costituire un utile strumento per la valutazione nel tempo dello stato igienico dell’impianto. Il tecnico incaricato della manutenzione, valutati i requisiti igienici dell’impianto, indica i necessari interventi manutentivi, di pulizia o sanifi cazione, o gli ulteriori controlli, verifi che e accertamenti da compiere nell’immediato o come prossimo intervento programmato. La check list dell’ispezione visiva considera alcuni punti critici dell’impianto, generalmente viene condotta dal manutentore o dalla persona che è a conoscenza delle caratteristiche dell’impianto di trattamento dell’aria. La legge Regionale (in Lombardia) del 2009 per la manutenzione e gestione degli impianti prevede che vi sia un registro di manutenzione ordinaria e straordinaria, un responsabile degli interventi ed un esecutore con la specifi ca di quanto fatto e la periodicità. Non esiste ad oggi un albo per gli operatori abilitati a tali controlli (Regione Lombardia), tuttavia si fa riferimento alle linee guida per la defi nizione di protocolli tecnici di manutenzione predittiva sugli impianti di climatizzazione (5 ottobre 2006) ove si defi nivano le competenze per il personale che effettua semplici operazioni di igiene ed ispezione e per i responsabili. Gli albergatori che non hanno impianti di trattamento dell’aria ma condizionatori split possono tirare un respiro di sollievo in quanto la Legionella non è presente; nella modalità di riscaldamento non c’è presenza di acqua e, quindi, del batterio e nella modalità di raffrescamento, questi apparecchi formano acqua dovuta alla condensazione del vapore acqueo presente nell’aria. La condensa non può contenere il batterio trattandosi di acqua pura; qualora l’ambiente fosse inquinato dal batterio della Legionella, e lo stesso si possa depositare all’interno della bacinella, esso non può svilupparsi date le modeste temperature (t < 15 °C). Al fi ne di verifi care l’effi cacia del trattamento messo in atto vengono eseguiti, da parte di un laboratorio Accreditato, delle analisi per la ricerca della legionella sui punti critici dell’impianto idrico e di trattamento dell’aria e soprattutto si dovrà procedere alla formazione e informazione del personale coinvolto nel controllo e nella prevenzione della legionellosi. Solo attuando tutto questo potremmo essere sicuri di dormire sonni tranquilli!
Trattamenti chimici
L’alternativa ai trattamenti fisici sono quelli chimici e ne citiamo solo alcuni, maggiormente impiegati: l’iper clorazione shock deve essere effettuata solo su acqua che si trova ad una temperatura inferiore ai 30°C, con immissione di cloro fino ad ottenere una concentrazione di cloro residuo libero di 20 – 50 mg/L in tutto l’impianto, compreso i punti distali. Dopo un periodo di contatto di 1 h con 50 mg/l di cloro o di 2 ore con 20 mg/L di cloro l’acqua viene drenata e nuova acqua viene fatta scorrere nell’impianto fino a quando il livello di cloro non torna ad una concentrazione di 0,5 mg/L. Generalmente questo tipo di trattamento viene impiegato in caso di infezioni da Legionella e in presenza di massiva contaminazione in quanto ha un’azione corrosiva sull’impianto; meglio optare per la clorazione in continuo che si ottiene con l’aggiunta continua di cloro che può essere introdotto, di norma, sottoforma di ipoclorito di calcio o ipoclorito di potassio. I livelli residui di cloro in questo caso possono variare a seconda della qualità dell’acqua, del flusso e della decontaminazione di biofilm, comunque il disinfettante residuo deve essere compreso tra 1 e 3 mg/L. L’impiego del biossido di cloro consente una disinfezione continua, con valori modesti di cloro residuo, mantenendo la potabilità dell’acqua, rimuove il biofilm (habitat naturale della legionella) e costituisce un’azione molto prolungata sia nel tempo sia nella distanza dal punto di iniezione; i valori consigliati sono di 0,2-0,4 mg/l; non produce sottoprodotti (tipo i THM), viene prodotto in loco con appositi generatori con capacità di produzione adeguate all’impianto da disinfettare; ed impiegate in concentrazioni sopra riportate non produce aggressioni alle tubazioni. * Studio Mandelli Srl Ente Formativo Accreditato Regione Lombardia