In via di preparazione i Criteri Ambientali Minimi per la pulizia e la sanificazione negli ospedali. Al centro del dibattito il problema dei probiotici. Il mondo accademico invoca il criterio di precauzione. Anmdo ne sostiene l’utilizzo. In queste pagine riportiamo i termini del confronto/scontro.
A Pulire 2.1 la sessione convegnistica si è aperta con un seminario di strettissima attualità: “Il progetto CAM ospedalieri: le prospettive del settore del cleaning per tecnologie, forniture e servizi”. La sanità è un argomento sempre sensibile, in quanto sempre nell’occhio del ciclone, per come è gestita, sia dalle singole regioni, sia dal governo centrale. La necessità di razionalizzare le spese si coniuga in maniera diversa, perché diverse sono le esigenze dal Nord al Sud del Paese, diverso, e non sempre virtuoso, è l’atteggiamento di chi gestisce la sanità a livello locale, mentre standard, ossia indifferenti alle diversità, sono le imposizioni delle manovre economiche che il Governo vara, di anno in anno, e che prevedono sempre tagli al comparto, con particolare accanimento nei confronti di beni e servizi. Tuttavia, anche nel settore ospedaliero, in particolare in quello pubblico, occorre conformarsi alla politica europea che vuole sviluppare il concetto di ciclo di vita ambientale del servizio/prodotto. Pertanto, all’interno del “Piano d’Azione Nazionale per la sostenibilità ambientale dei consumi della pubblica amministrazione”, noto come PAN GPP, il Ministero dell’Ambiente ha definito i cosiddetti Criteri Ambientali Minimi, cui le pubbliche amministrazioni devono attenersi per quanto riguarda gli acquisti di determinate categorie di prodotti e di servizi. E, in piena evoluzione, sono anche i CAM specifici per il settore sanitario, tra i quali meritano particolare attenzione, non solo dal punto di vista meramente ambientalista, quelli “per l’affidamento del sevizio di pulizia e sanificazione in ambito ospedaliero”.
CONSIP
Attenzione che al Convegno è stata assicurata da Lidia Capparelli, Responsabile Green Public Procuremnt di Consip, che ha sottolineato come la Centrale d’Acquisti sia particolarmente sensibile al problema della formulazione dei prodotti detergenti, ritenendo indispensabile inserire nei bandi di gara precisi riferimenti alle normative verdi. Per questo Consip è presente in tutti i tavoli di studio relativi ai CAM, compresi quelli ospedalieri, per definire precisi criteri di selezione e, quindi, potere essere precisi anche in fase di valutazione delle offerte. Tuttavia ha dovuto riconoscere che le Amministrazioni, per mancanza di competenze specifiche, non sono sempre in grado di verificare la veridicità delle offerte e questo fatto rappresenta un problema che andrebbe affrontato insieme, committenti e fornitori, incrementando le capacità tecniche degli uni e degli altri.
F.A.R.E.
Proprio sulla formazione si è concentrato l’intervento di Sanda Zuzzi, Presidente FARE, l’associazione degli Economi e Provveditori della Sanità, che ha fortemente sottolineato la mancanza di professionalità adeguatamente qualificate per effettuare valutazioni e, soprattutto, la mancanza di un quadro di riferimento chiaro, coerente, coordinato. È complicato, infatti, verificare se i vari detergenti siano o meno effettivamente Ecolabel, perché c’è carenza, quando non assenza, di personale preparato in tal senso. Occorre, ovviamente, recuperare efficienza, ma, contemporaneamente, occorre essere liberi di investire dove sia necessario. I CAM ospedalieri, a giudizio della Presidente, sono chiari nell’esplicitazione delle caratteristiche, tuttavia, è noto, i prodotti verdi hanno costi più elevati rispetto a quelli “tradizionali”. Pertanto, se da una parte l’esigenza ambientale va sostenuta, dall’altra occorre creare le specifiche professionalità. E tutto ciò richiede risorse, laddove, invece, il settore sanitario è tra i più martoriati dai tagli lineari (così come è costretto a rispettare non chiari prezzi di riferimento), che anche per l’immediato futuro prevedono un ulteriore “risparmio” del 4%. Bene, quindi, i CAM ospedalieri per il servizio di pulizia e sanificazione, ma in un quadro di chiarezza e consapevolezza da parte dei legislatori.
ANMDO
Verso i quali non è stato per niente tenero Gianfranco Finzi, Presidente ANMDO, che ha esordito con una presa di posizione molto polemica, invitando chi di dovere a decidere se al centro del sistema sanitario debba essere posto il paziente o l’Euro. Finzi ha chiaramente affermato che i tagli lineari non possono essere la costante per il settore sanitario, altrimenti ne risente in maniera pesante la qualità dell’assistenza. Per Finzi è senza dubbio opportuno, se non indispensabile, razionalizzare la spesa sanitaria, ma la qualità del sistema non ne deve risentire. Razionalizzare significa pensare molto bene, tenendo conto delle specificità geografiche ma anche cercando di rendere omogenei determinati costi e chiare alcune regole, evitando, per esempio, che esistano tanti sistemi sanitari quante sono le regioni italiane. Ma non si può neppure pensare di omologare tutto. I tagli, o per lo meno le razionalizzazioni, vanno effettuate laddove sono necessari, riconoscendo anche i comportamenti virtuosi. Le recriminazioni di Finzi sono poi entrate nel vivo del problema igiene e sanificazione delle strutture ospedaliere. Per il presidente ANMDO gli ospedali sono sporchi perché non ci sono più fondi da spendere, per colpa dei tagli lineari. E ciò significa non prestare attenzione alle esigenze del paziente, che in ospedale deve trovare l’ambiente ideale per essere curato e guarito, e la pulizia è una componente fondamentale dell’habitat ospedaliero. Entrando, quindi, nel merito dei CAM ospedalieri, ha riconosciuto che il progetto definisce alcuni punti chiave in campo sanitario e che, insieme con il capitolato Consip, costituisce la documentazione più importante per quanto riguarda il delicatissimo settore dell’igiene ospedaliera. Confrontando i due testi, FInzi ha messo in rilievo quattro punti che riguardano: la frequenza delle pulizia, le modalità di esecuzione delle operazioni di cleaning, la formazione del personale e il tasso di innovazione. Per quanto riguarda i primi tre punti, per Finzi assolutamente fondamentali, è stato rilevato come i documenti siano entrambi migliorabili, soprattutto sul piano della formazione, della supervisione (prevista da Consip ma non nei CAM). I documenti dovrebbero essere ripensati, per apportare i miglioramenti necessari (per esempio è a suo avviso totalmente incomprensibile e non rispondente all’obiettivo di qualità prevedere solo due interventi giornalieri per la pulizia dei bagni aperti al pubblico), pur tuttavia rappresentano un buon punto di partenza. Anche per quanto riguarda l’innovazione, Finzi ha sfoderato tutta la sua “vis polemica”, affrontando l’argomento dell’utilizzo dei probiotici per la sanificazione ambientale che, a suo parere, dovrebbero rientrare nel CAM ospedalieri. Innanzitutto ha chiesto che sia fatta chiarezza sulla querelle terminologica, che distingue tra probiotici e prebiotici (vedi box 1). In secondo luogo, Finzi ha chiesto secondo quale ratio i probiotici vengono consentiti nei settori alimentare, agricolo, zootecnico, in itticoltura, mentre sono discussi nel cleaning ospedaliero. Il Ministero della Salute, ha dichiarato Finzi, ha recepito le linee guida EFSA (Autorità Europea per la sicurezza Alimentare), stilando a sua volta le Linee Guida per l’Industria Alimentare (vedi box 2). Perché -è stata l’ulteriore domanda del Presidente Anmdo- non è stato effettuato lo stesso pecorso nel campo del cleaning? E ha concluso il suo intervento lasciando intendere che se i probiotici sono considerati sicuri per l’uomo, non possono essere considerati pericolosi, o per lo meno non dovrebbe essere messo in discussione il loro utilizzo, nella sanificazione ambientale.
MINISTERO DELL’AMBIENTE
Riccardo Rifici, responsabile sezione certificazione ambientale e GPP del Ministero dell’Ambiente, ha ricordato che, per quanto riguarda i CAM, il suo Ministero con la collaborazione di operatori e produttori sin dal 2012 ha emanato un decreto sui servizi di pulizia, primo passo verso la creazione di un piano organico d’azione per la sostenibilità ambientale dei consumi delle PA. L’obiettivo successivo è stato il miglioramento di questo piano e il verificare la possibilità e/o l’opportunità di estenderlo a strutture particolari, come quelle ospedaliere, con tutte le precauzioni del caso, vista la grande responsabilità che pesa sulle strutture sanitarie quando appaltano i servizi di pulizia, soprattutto a fronte dell’incidenza delle infezioni nei contesti ospedalieri. Secondo Rifici, vanno migliorati i criteri operativi dei CAM, anche di quelli già usciti. Tanto più quindi si deve procedere con grande attenzione e cautela nel settore ospedaliero. E, a proposito dell’inserimento dei probiotici nei CAM ospedalieri, si chiede quali strumenti di verifica sulla loro efficacia e sicurezza siano disponibili allo stato attuale. La Certificazione Ambientale, infatti, secondo le intenzioni del Ministero, deve essere utilizzata come strumento di verifica. Tanto più a fronte di carenza di personale qualificato, come tutti gli attori del dibattito hanno evidenziato. Quindi, a suo parere, è meglio focalizzare gli sforzi nella valorizzazione delle Certificazioni esistenti, riconosciute, che esonerano gli operatori da qualsiasi responsabilità relativa alla conoscenza tecnica, in quanto il possesso di determinate etichette garantisce che la verifica è già stata attuata a monte. Per esempio, Ecolabel, etichetta di primo livello, già standardizzata, o EPD, dichiarazione ambientale di prodotto, il cui possesso significa avere creato una documentazione che attesta la veridicità delle prestazioni ambientali dichiarate. Tali dichiarazioni, ha ricordato Rifici, si basano sull’analisi del ciclo di vita del prodotto (LCA- vedi box 3), che l’Europa caldeggia, anche se il protocollo non è particolarmente dettagliato. Tuttavia, ha riferito il dirigente del Ministero dell’Ambiente, chi ha utilizzato tali strumenti ha migliorato le proprie performance, e ha accennato allo studio di un modello di LCA applicato al servizio di pulizia in ospedale, effettuato in collaborazione con il DICAM dell’Università di Bologna, in cui si è dimostrata la differenza di impatto tra il servizio svolto tradizionalmente e quello svolto secondo i criteri CAM. Ha concluso ricordando come l’UE stia portando avanti un progetto di dichiarazione ambientale di prodotto, il PEF (Product Environmetal Footprint), le cui regole vengano condivise a livello europeo, e assicurando l’impegno del Ministero nella promozione di talli strumenti, per operare scelte più oculate e per controllare e migliorare i processi produttivi. (box1) Probiotico/prebiotico Il termine probiotico è riservato a quei microrganismi che si dimostrano in grado, una volta ingeriti in adeguate quantità, di esercitare funzioni benefiche per l’organismo. Per alimenti/integratori con probiotici si intendono quegli alimenti che contengono, in numero sufficientemente elevato, microrganismi probiotici vivi e attivi, in grado di raggiungere l’intestino, moltiplicarsi ed esercitare un’azione di equilibrio sulla microflora intestinale mediante colonizzazione diretta. Si tratta quindi di alimenti in grado di promuovere e migliorare le funzioni di equilibrio fisiologico dell’organismo attraverso un insieme di effetti aggiuntivi rispetto alle normali attività nutrizionali. La definizione di prebiotico è riservata alle sostanze non digeribili di origine alimentare che, assunte in quantità adeguata, favoriscono selettivamente la crescita e l’attività di uno o più batteri già presenti nel tratto intestinale o assunti insieme al prebiotico. Con alimenti/integratori con prebiotici ci si riferisce a quegli alimenti che contengono in quantità adeguata, molecole prebiotiche in grado di promuovere lo sviluppo di gruppi batterici utili all’uomo. (box2) Linee guida su probiotici e prebiotici del Ministero della Salute L’impiego in Italia di fermenti lattici nel settore degli integratori risale a circa 30 anni fa, quando tali prodotti secondo la normativa vigente venivano inclusi tra i prodotti dietetici e preventivamente autorizzati ai fini dell’immissione in commercio. [….]. Si sviluppò così una specifica categoria di prodotti, definiti “integratori dietetici biologicovitaminici”, per i quali furono stabilite da un apposito “disciplinare ministeriale” […] le condizioni minime di apporto di cellule vive con le quantità di assunzione giornaliera per poter rivendicare in etichetta l’effetto utile a favorire il riequilibrio della flora batterica intestinale. […] In seguito l’impiego del termine “biologico” venne progressivamente abbandonato [….] per essere sostituito dal termine “probiotico”. Dal 2002, con l’avvento della direttiva comunitaria 2002/46/CE sugli integratori alimentari che ha aperto il suo campo di applicazione anche alle “fonti concentrate” di sostanze ad “effetto fisiologico”, sono stati legalmente ammessi come integratori alimentari prodotti a base di soli “probiotici” senza componenti nutrizionali associate. […]. L’EFSA, nella valutazione dei claims da autorizzare ai sensi del Regolamento (CE) 1924/2006, sostiene che “incrementare il numero di un qualsiasi gruppo di batteri” come “aumentare i livelli di microflora benefica” non abbiano in sé effetti benefici sulla salute”, e inoltre, che affermazioni come “sostenere una microflora intestinale equilibrata” o “influire beneficamente sulla microflora intestinale” potrebbero essere ritenute benefiche per la salute “in caso di una concomitante diminuzione dei microrganismi potenzialmente patogeni” (cfr. EFSA Journal 2009; 7(9) 1232 […)]. Da tale approccio deriva in definitiva che la sola documentazione della colonizzazione a livello intestinale di un probiotico, come prova di un intervento per il riequilibrio della flora intestinale, non configura un effetto sulla salute di cui all’articolo 2, comma 2, punto 5 del predetto Regolamento (CE) 1924/2006. Ribadendo la validità e la proporzionalità dell’approccio italiano ai probiotici per il riconoscimento della loro “efficacia” in senso fisiologico, si prende atto di una tale valutazione. Sul piano normativo, ne consegue di fatto che l’indicazione di un probiotico per il riequilibrio della flora intestinale alle condizioni nazionali non risulta essere una indicazione sulla salute da autorizzare ai sensi dell’articolo 13.5 del Regolamento (CE) 1924/2006 (è già esclusa peraltro dall’elenco dei claims autorizzati ai sensi dell’articolo 13.1 dello stesso). Analoga considerazione vale per i “prebiotici”, considerando la loro composizione e il complesso delle evidenze scientifiche a supporto di una loro indicazione per un effetto fisiologico sull’equilibrio della flora batterica. Per quanto sopra, solo prodotti conformi alle presenti linee guida per il loro contenuto di probiotici o prebiotici, risultando plausibilmente in grado di favorire l’equilibrio della flora batterica intestinale alle condizioni stabilite, possano indicare in etichetta tale effetto ed impiegare termini che lo sottendono come “probiotico” e “prebiotico”. 1. PROBIOTICI Indicazioni per l’uso negli alimenti e negli integratori alimentari di microrganismi probiotici (batteri e/o lieviti), tradizionalmente utilizzati per l’equilibrio della flora intestinale 1.1. Caratteristiche dei microrganismi che possono essere utilizzati negli alimenti e negli integratori alimentari. I microrganismi che possono essere impiegati negli alimenti e negli integratori alimentari devono soddisfare i seguenti requisiti: a) essere usati tradizionalmente per integrare la microflora (microbiota) intestinale dell’uomo. b) essere considerati sicuri per l’impiego nell’essere umano. A questo scopo, un utile riferimento è rappresentato dai criteri definiti dall’EFSA sullo status di “QPS” (“Presunzione Qualificata di Sicurezza”). In ogni caso, oltre agli eventuali ulteriori parametri che l’EFSA considererà opportuno introdurre, i microrganismi usati per la produzione di alimenti non devono essere portatori di antibiotico-resistenza acquisita e/o trasmissibile c) essere attivi a livello intestinale in quantità tale da moltiplicarsi nell’intestino (vedi sezione “Quantità di microrganismi”). 1.2 Identificazione della specie e del ceppo […] 1.3 Quantità di microrganismi. Sulla base delle evidenze scientifiche disponibili, la quantità minima sufficiente per ottenere una temporanea colonizzazione dell’intestino da parte di un ceppo di fermento lattico è di almeno 109 cellule vive per ceppo e per giorno. [….] La quantità di cellule vive presenti nel prodotto deve essere riportata in etichetta per ogni ceppo e deve essere garantita, alle modalità di conservazione suggerite, fino al termine della shelf-life, con una incertezza di 0,5 log. […] 1.4 Sicurezza dei probiotici. L’uso di un nuovo ceppo microbico, sia pure appartenente ad una specie già impiegata, richiede una nuova valutazione della sicurezza e dell’efficacia. […] Il profilo delle antibiotico-resistenze va determinato per ogni singolo ceppo microbico utilizzato, al fine di escludere la presenza di quelle acquisite e anche di quelle solo potenzialmente trasmissibili. Come eccezione, non si ritiene necessaria la valutazione della sicurezza per un ceppo che appartiene a specie sufficientemente caratterizzate, così come definito dai documenti EFSA per lo status di QPS per alcuni gruppi batterici. Anche in questo caso, comunque, va valutato il profilo di antibiotico-resistenza. […] (box3) Lca: valutazione del ciclo di vita Il Life Cycle Assessment (Valutazione del Ciclo di Vita) rappresenta uno degli strumenti fondamentali per l’attuazione di una Politica Integrata dei Prodotti, nonché il principale strumento operativo del “Life Cycle Thinking”: si tratta di un metodo oggettivo di valutazione e quantificazione dei carichi energetici ed ambientali e degli impatti potenziali associati ad un prodotto/processo/attività lungo l’intero ciclo di vita, dall’acquisizione delle materie prime al fine vita (“dalla Culla alla Tomba”). La rilevanza di tale tecnica risiede principalmente nel suo approccio innovativo che consiste nel valutare tutte le fasi di un processo produttivo come correlate e dipendenti. Tra gli strumenti nati per l’analisi di sistemi industriali l’LCA ha assunto un ruolo preminente ed è in forte espansione a livello nazionale ed internazionale. A livello internazionale la metodologia LCA è regolamentata dalle norme ISO della serie 14040’s in base alle quali uno studio di valutazione del ciclo di vita prevede: la definizione dell’obiettivo e del campo di applicazione dell’analisi (ISO 14041), la compilazione di un inventario degli input e degli output di un determinato sistema (ISO 14041), la valutazione del potenziale impatto ambientale correlato a tali input ed output (ISO 14042) e infine l’interpretazione dei risultati (ISO 14043). A livello europeo l’importanza strategica dell’adozione della metodologia LCA come strumento di base e scientificamente adatto all’identificazione di aspetti ambientali significativi è espressa chiaramente all’interno del Libro Verde COM 2001/68/CE e della COM 2003/302/CE sulla Politica Integrata dei Prodotti, ed è suggerita, almeno in maniera indiretta, anche all’interno dei Regolamenti Europei: EMAS (761/2001/CE) ed Ecolabel 1980/2000/CE. L’LCA del resto rappresenta un supporto fondamentale allo sviluppo di schemi di Etichettatura Ambientale: nella definizione dei criteri ambientali di riferimento per un dato gruppo di prodotti (etichette ecologiche di tipo I: Ecolabel), o come principale strumento atto ad ottenere una Dichiarazione Ambientale di Prodotto: EPD (etichetta ecologica di tipo III). Potenzialmente quindi le sue applicazioni sono innumerevoli: 1) Sviluppo e Miglioramento di prodotti/processi 2) Marketing Ambientale 3) Pianificazione strategica 3) Attuazione di una Politica Pubblica Tuttavia, poiché uno studio dettagliato di LCA può risultare a volte costoso (in termini economici e di tempo) e complesso da eseguirsi (si deve acquisire una notevole quantità di dati ambientali durante ogni fase del ciclo di vita, e si devono conoscere in modo approfondito sia gli aspetti metodologici standardizzati della metodologia che gli strumenti di supporto quali software e banche dati), si stanno sempre più sviluppando strumenti di “LCA semplificata” che consentano una verifica immediata del ciclo di vita dei prodotti anche a coloro che non possiedono tutte le competenze e le risorse necessarie per realizzare uno studio dettagliato. Inoltre, poiché di fondamentale importanza per la buona riuscita di uno studio di LCA è la disponibilità di dati attendibili, in campo internazionale ed europeo si sta cercando di favorire l’accessibilità, la disponibilità e lo scambio gratuito e libero di dati LCA attraverso lo sviluppo di Banche Dati pubbliche, protette, compatibili, trasparenti ed accreditate.