La chiesa di San Martino

Quando nel 1999 sono stato interpellato per i lavori di ripristino della facciata della chiesa di Marano Lagunare, mi sono subito chiesto se ne fossi stato all’altezza, vista la diversa tipologia di interventi a cui ero abituato.
In questo settore, quello del recupero conservativo dei beni architettonici, vi è quasi sempre bagarre per l’accaparramento delle commesse e un po’ di confusione tra gli addetti ai lavori (direzione lavori, sovrintendenza, aziende esecutrici delle opere…). Per il sottoscritto, abituato ad eseguire interventi prevalentemente in abitazioni civili su superfici in cotto e terrecotte, sulle pietre di vario tipo e marmi in genere, sulle superfici in legno, trovarsi improvvisamente nel settore del restauro mi sembrava di essere al settimo cielo!

I sopralluoghi

Sino dai primi approcci con la direzione lavori si è proceduto con più sopralluoghi sul cantiere per verificare inizialmente l’entità del lavoro nel suo insieme, poi valutare le eventuali difficoltà operative, la logistica per la forza lavoro, le caratteristiche del cantiere (disponibilità degli spazi per carico-scarico dei materiali, accesso all’acqua e alla corrente elettrica, reperibilità dei materiali in loco, disponibilità di impalcature e norme di sicurezza, ecc…). Nell’effettuare i sopralluoghi, bisogna tenere sempre in considerazione le caratteristiche che possono qualificare il vostro intervento, sapere se esiste già un capitolato dei lavori, documentarsi e prendere nota dei particolari da ripristinare, valutare con attenzione tutte le parti del cantiere senza dimenticare di essere anche un po’ meticolosi nell’andare a cercare in punti nascosti o parti ammalorate poco visibili; non sottovalutare mai la possibilità di poter eseguire dei piccoli saggi sui materiali, chiedere il crono-programma del cantiere per la tempistica e se vi è vincolo per la riconsegna ed eventualmente esistenza di penali; conoscere per tempo tutte le variabili che possono verificarsi una volta accettato l’appalto (per esempio, se vi trovate a lavorare su una chiesa, può anche succedere che un certo giorno si debbano sospendere i lavori per una qualche funzione religiosa importante). In questo particolare cantiere, sin dai primi sopralluoghi si erano evidenziate le difficoltà e il tipo di intervento da eseguire sulla base delle richieste della direzione dei lavori, rappresentata dai sovrintendenti alle belle arti delle province. Le parti in pietra presentavano un accumulo di sporco dovuto al deposito meteorico di polveri e sporco ambientale oltre allo sporco provocato dai piccioni; sulle parti sottostanti delle colonne e relativi capitelli, sulle cornici in pietra delle finestre e del portale di ingresso, nonché su alcune parti delle statue si evidenziavano delle “croste nere” che si formano con il tempo a causa di una formazione solfatica a base di gessi (solfati di calcio) e che al loro interno inglobano con facilità lo sporco meteorico creando le classiche patine nere (tali “patine” non si formano dove la pioggia bagna e dilava continuamente). Tra le parti in pietra si notavano alcuni pezzi di stuccatura che era stata applicata in maniera non uniforme e di miscela cementizia, quindi sicuramente un intervento eseguito in tempi recenti; erano evidenti forme di degrado delle parti in pietra con decoesione di piccoli frammenti per il possibile ingresso di acqua piovana nelle “fughe” dove mancava la malta di connessione tra gli elementi; si evidenziava inoltre un parziale problema di presenza di salinità sulle parti degradate per la vicinanza della chiesa in un contesto marino (l’acqua piovana si porta dietro anche una certa dose di salinità che, se riesce ad entrare tra gli elementi, si fà notare).

L’intervento

A questo punto la prassi richiede l’invio di un preventivo dettagliato e corredato di dati tecnici e precise spiegazioni sulla tipologia di intervento con la spiegazione del sistema operativo, dei materiali e dei prodotti utilizzati con le eventuali schede tecniche specifiche allegate. Dopo l’approvazione del preventivo, si è provveduto, per il caso specifico, all’applicazione localizzata di un componente denominato AB57, composto da più elementi tra cui il carbonato di ammonio inglobato in una pastella formata da argille, seppiolite o pasta di cellulosa che è utile per applicare il prodotto con principio desolfatante su parti verticali e sulle parti sottostanti le cornici, i capitelli delle colonne. Tale prodotto può essere applicato all’occorrenza più volte, và lasciato agire sino ad asciugatura e, solo successivamente, và rimosso con tecniche non invasive (eventualmente lavato con acqua demineralizzata, a secco con microsabbiatura, con pulitura criogenia, ma mai con soluzioni acide). Si è poi proceduto con l’asporto delle stuccature “cementizie” con apposito microscalpello ad aria compressa, piccoli scalpelli manuali, spatole e quant’altro fosse utile al caso. La fase successiva è stata la pulitura di tutte le parti con microsabbiatura a bassa pressione ( 4-5 bar) con uso di silicato di alluminio con micro pistola e con le dovute protezioni. Terminate le operazioni di ripulitura, si è proceduto alle fasi di ristuccatura delle “fughe” tra gli elementi in pietra, utilizzando una malta composta da calce in polvere, polvere di marmo, un legante acrilico aggiunto all’acqua dell’impasto e, alla bisogna, un po’ di ossido colorante nel caso di malte tinte o vecchie. Ogni parte ristuccata doveva essere pulita a dovere per non lasciare il segno delle lavorazioni; la malta si ripulisce bene da fresca, non da secca. Tutte le superfici sono state lavate con spugna umida manualmente senza lasciare colature da acqua sporca.

La finitura

Ad asciugatura avvenuta, si è passati alla fase protettiva dei materiali: il primo passaggio è stato l’applicazione di un prodotto impregnante e consolidante a base di silicato di etile steso a pennello e frizionato leggermente per ottimizzarne l’impregnazione. Tali prodotti vanno applicati in condizioni di fresco ambientale (meglio se la sera o al mattino), se possibile in assenza di vento e vanno lasciati asciugare un po’ di tempo per permettere di espletare la loro funzione al meglio. Nella scelta del prodotto, è da privilegiare senza dubbio quello che lascia inalterate o quasi le parti in pietra, poichè le tonalizzazioni sono quasi sempre sgradite alle sovrintendenze; si possono verificare inoltre, nel tempo, antiestetiche stonalizzazioni cromatiche dovute agli eventuali eccessi di prodotto applicato, in corrispondenza di colature o di diversa quantità di prodotto assorbito anche in virtù della eventuale diversa compattezza degli elementi. A completa asciugatura dell’impregnante consolidante, si è proceduto alla applicazione di una mano di idrorepellente silossanico (allora in solvente) applicato, avendo cura di non fare accumuli, gocciolature, e ripassato con panno di cotone pulito dove necessario; con tale passaggio si è data idrorepellenza anche alle fughe ricostruite.

Consigli

Quello che è determinante sulle superfici in esterno, è che i prodotti di protezione applicati devono avere il minor impatto con i materiali, sia dal punto di vista estetico che funzionale, devono lasciare una parziale traspirabilità agli elementi, devono essere applicati con l’uso della nostra intelligenza: i prodotti chimici non possono essere anche intelligenti. E’ importante cercare i partner produttori di prodotto chimico e protettivi che possano dare più risposte nel settore e non solo affidarsi al fornitore che più ci ispira simpatia; quando parte una contestazione in questo settore, sono dolori notevoli perché abbiamo a che fare con sovrintendenti esperti, periti esperti. Potrebbe essere un incentivo alla tipologia di intervento eseguire anche la protezione antigraffiti per la zona a rischio dell’immobile: la proposta può essere fatta con tranquillità, sarà la committenza a valutare se conviene o meno tale tipo di intervento (meglio sempre avere qualche carta in più da giocare).

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