Coronavirus, Riello fiducioso: “un momento complesso, ma la situazione col tempo tornerà alla normalità”

di Maurizio PedriniGiuseppe Riello si è trovato alla guida di AfidampFAB nel momento più difficile, dal dopoguerra in poi, vissuto dall’economia italiana, scaturito dalla tragica epidemia da Coronavirus che ha colpito più pesantemente proprio le regioni del Nord Italia, dove si concentra la produzione di tecnologie per l’igiene professionale. Allo scoppio della pandemia, con le drastiche misure di contenimento del contagio decise dal Governo, le aziende del settore si sono trovate di fronte ad una scelta drammatica: proseguire l’attività, in condizioni di estremo disagio, mettendo gli operai addetti alle linee produttive in condizioni di massima sicurezza, o sospendere il lavoro. Per il 40% delle industrie che ha deciso - nonostante tutto - di provare a tenere aperti i battenti, a questa complessa problematica si è aggiunta quella delle forniture: le attività di produzione e distribuzione di macchine e attrezzature per la pulizia professionale e sanificazione sono state infatti escluse dall’elenco delle attività autorizzate ad operare ai sensi del DPCM 22 marzo 2020, volto al contenimento del contagio da Covid 19. Un evidente controsenso, alla luce della necessità di contenere la diffusione del virus puntando proprio sulla massima igienizzazione degli ambienti indoor e outdoor per eliminare il virus dalle superfici, con il rischio oggettivo, da parte delle aziende produttrici,  di non essere in grado di rifornire le imprese di pulizia e gli operatori  addetti alla  sanificazione di strumenti essenziali allo scopo, compromettendo così gli sforzi del sistema  sanitario e i sacrifici di un intero Paese. Presidente, come ha reagito il settore a questa drammatica situazione e quali iniziative ha intrapreso l’associazione da lei presieduta per assistere gli iscritti?Ci siamo trovati catapultati in una condizione pesantissima, di grande incertezza, al pari di tutte le aziende italiane. La maggiore criticità è sorta con la decisione del Governo di imporre alle aziende di rimanere chiuse. In particolare, il cosiddetto allegato 1 è stato rivisto tre volte in sede governativa con una stesura che prevedeva l’apertura delle imprese di pulizia: una scelta ovvia, dato che in questo momento la sanificazione di ambienti come ospedali, case di riposo e altri luoghi di cura è di fondamentale importanza. Ci è sembrato davvero anomalo che a Roma non fosse stato minimamente considerato il fatto che chi svolge tale preziosa attività ha l’assoluta necessità di avere sempre a disposizione i necessari prodotti. La filiera chimica, a dire il vero, è stata immediatamente ricompresa, perché si è pensato ai prodotti per l’igiene delle mani, ai saponi antibatterici e ai disinfettanti da impiegare sulle superfici per difendersi dal coronavirus, ma si è ignorato tutto il resto che serve giornalmente ad un’impresa di pulizia per svolgere il proprio lavoro. Dal più banale carrello, fino all’aspiratore o alla lavasciuga pavimenti, fino a tanti altri strumenti, apparecchiature e macchine indispensabili per sanificare gli ambienti. Questo ha generato un forte malumore all’interno del comparto e AfidampFAB se ne è fatta interprete mettendo in atto alcuni tentativi per contattare direttamente il Governo, al fine di modificare l’articolo in questione. Alla fine abbiamo dovuto prendere atto di una gran confusione legata al particolare momento, perciò abbiamo deciso di inviare una lettera aperta al presidente del Consiglio Giuseppe Conte per informarlo del problema. Si è anche deciso di pubblicare questa missiva su due importanti quotidiani nazionali, “La Repubblica” e “Il Sole 24 Ore”, proprio per sensibilizzare l’opinione pubblica in merito alla nostra richiesta.Inutile nascondere che qualcuno vi ha criticato, perché è sembrato che la vostra fosse una critica al Governo in un momento di enorme difficoltà.Si è voluto equivocare, perché nessuno di noi voleva mettere in dubbio l’errore dovuto a fatalità e alle circostanze davvero difficili del momento. La nostra era e resta una proposta costruttiva, per affrontare insieme una fase produttiva irta di problemi.  Io l’ho vissuta anche in veste di presidente della Camera di Commercio di Verona. Basti pensare che nella sola provincia veronese abbiamo registrato ben 3.500 aziende che hanno espresso la volontà di riaprire al più presto l’attività produttiva. Nel nostro caso il desiderio forte è quello di dare continuità ad industrie impegnate a realizzare prodotti fondamentali per la sanificazione. In queste settimane ci siamo impegnati anche a costruire solide alleanze, instaurando canali privilegiati con Confindustria, Anica ed altre associazioni di categoria, verificando insieme il modo migliore per inserire il corretto codice Ateco delle nostre aziende. Siamo fiduciosi che si possa trovare una soluzione soddisfacente, che guardi al futuro. Lei è amministratore delegato di Ghibli & Wirbel, un’azienda in provincia di Pavia che ha dovuto fare i conti, tra le prime,  con l’epidemia da Coronavirus: ci può raccontare la sua esperienza?Agli inizi della pandemia siamo stati classificati in zona arancione, ma assimilati alle zone rosse, perché la nostra sede si trova a una ventina di chilometri da Lodi e Codogno, due località pesantemente colpite quando il virus è apparso in Italia. Abbiamo avuto un caso tra i nostri dipendenti, tra la fine di gennaio e i primi di febbraio, il che ci ha consentito di far fronte all’emergenza con una certa serenità. Lo stabilimento è rimasto chiuso per alcuni giorni e abbiamo messo in quarantena tutte le persone che avevano avuto qualche contatto con questo impiegato. Ci siamo mossi seguendo, tra i primi, quelle direttive e procedure che poi sono state previste a livello ministeriale e ora sono eseguite all’interno di tutte le industrie in attività: utilizzo di guanti e mascherine, misurazione della febbre, mantenimento delle distanze di sicurezza per evitare il contagio. Confesso che questa modalità di lavoro ci è apparsa fin da subito assai complessa, ma ci siamo fatti forza ripensando in modo nuovo il nostro lavoro. La condizione che stiamo vivendo, a suo parere, potrà far maturare una maggiore consapevolezza in ambito istituzionale e in seno all’opinione pubblica, circa il ruolo primario del settore e della pulizia professionale in Italia, purtroppo finora sottovalutato?Me lo auguro davvero. Queste dure settimane, che stiamo vivendo con angoscia e dolore, stanno evidenziando agli occhi del cittadino quanto sia fondamentale non solo l’opera degli addetti alle pulizie professionali, ma anche del comparto che fornisce loro i mezzi per igienizzare e sanificare. Dal canto nostro, come AfidampFAB, cogliendo da subito la gravità del momento, ci siamo tempestivamente attivati allacciando rapporti con le Università per fornire nel nostro sito internet tutta una serie di informazioni: è nata così una sezione dalla quale è possibile scaricare le buone prassi per la pulizia e la disinfezione mirate alla bonifica da Covid-19. Qui è possibile trovare gratuitamente una serie di consigli e indicazioni sulla scelta dei prodotti migliori per rendere igienicamente sicuro qualsiasi ambiente.  Certo è un po’ paradossale, ma sta di fatto che questa epidemia potrebbe accreditare, in modo del tutto involontario, la nostra associazione e la mission votata alla promozione della cultura del pulito per cui essa è sorta ormai tanti anni fa. Finalmente, dovrebbe essere chiaro a tutti che il nostro settore non rappresenta un costo, come sostenuto dai denigratori, ma una preziosa risorsa, un esclusivo e insostituibile beneficio per tutelare la salute delle persone, usando i prodotti e i macchinari più adeguati.Oggi è anche il momento di guardare con un occhio diverso sia alla formazione degli operatori che alla certificazione dei prodotti. Per quanto riguarda il primo aspetto, non ci riferiamo solo agli addetti al settore, ma anche di coloro che vi ruotano attorno con compiti rilevanti, quali medici e infermieri. E’ d’accordo?Mai come ora questa necessità appare giusta e impellente. La storia di Afidamp è costellata da questo impegno: ricordo le molteplici iniziative volte alla formazione, i tanti convegni, le pubblicazioni, i corsi, l’attività volta a creare una forte alleanza con il mondo accademico proprio per definire una proposta mirata di formazione sul cleaning professionale, allargata a tutto campo. Ricordo che per anni la nostra Fiera Pulire, non a caso, ha ospitato il congresso nazionale di Anipio, la società scientifica nazionale degli infermieri specialisti del rischio infettivo. Per quanto concerne il delicato capitolo delle certificazioni, stiamo cercando di accreditarci per far sì che la nostra associazione diventi a tutti gli effetti un punto di riferimento privilegiato, esercitando una leadership tra i soggetti deputati a dettare le linee guida sulle modalità operative degli interventi di sanificazione, naturalmente in collaborazione con le università e tutti gli istituti e laboratori preposti. Le nostre aziende che producono macchinari non vedono l’ora che vengano date loro indicazioni ben precise sulle caratteristiche dei prodotti e i risultati che devono ottenere. Finora si è operato in base a una sorta di autodisciplina, seguendo modalità che non sono ancora accreditate a livello italiano e mondiale.Non crede che la formazione degli addetti alle imprese di pulizia, ai vari livelli, dovrebbe essere curata con maggiore convinzione dallo Stato?Certamente lo Stato dovrebbe esercitare un ruolo più attento e propositivo, anche proponendo dei percorsi di formazione e aggiornamento pubblici, magari in collaborazione con le imprese di pulizia, come avviene in altri Paesi. E’ una delle possibili strade da seguire, come altre. Sta di fatto che Afidamp, alla luce della sua esperienza e delle sue idee, potrebbe svolgere un compito importante. Servirebbe un po’ di attenzione a livello superiore e qualche appoggio che finora è mancato generando in noi la sensazione di andare contro i mulini a vento. Certo, la professionalità ha un costo perché implica una maggiore formazione, ma può portare a risultati fondamentali in termini di efficacia. In ogni caso, sono convinto che la nostra attività in futuro, dopo la triste esperienza del Coronavirus, non potrà più essere considerata di secondo livello: formazione e certificazioni saranno due chiavi di volta per maturare questo fondamentale passaggio.In questi giorni, mentre l’epidemia sta dando i primi segni di un'inversione di tendenza, si pone all’attenzione il tema della cosiddetta fase 2, quella della ripresa economica. Al di là delle allarmistiche previsioni, come vede il futuro del dopo-Coronavirus per il nostro settore?Non le nascondo le mie preoccupazioni perché sicuramente questo stato di fatto avrà un impatto duraturo nel tempo, soprattutto nel modus operandi produttivo delle aziende, chiamate a ridefinire al loro interno le modalità produttive. Certo, se queste modalità fossero state previste e applicate prima, avremmo avuto un minor numero di contagi e, forse, il problema sarebbe stato affrontato e risolto in tempi più brevi. Le industrie che riapriranno dovranno fare un po’ di fatica in più, rispetto a prima, ma sono fiducioso che metteranno in campo tutte le loro risorse per far fronte alla quotidianità con la massima determinazione. Non mi sbilancio su tempi e modalità, anche perché sono consapevole che non sarà facile per le nostre aziende che esportavano fino a ieri il 70-80% della loro produzione all’estero, riprendere il trend e le posizioni di prima, anche perché vediamo che l’Europa e il mondo intero stanno vivendo la triste situazione dell’epidemia sperimentata dall’Italia. E’ prevedibile, perciò, che vi siano nei prossimi mesi degli effetti negativi per l’export, ma sarebbe auspicabile una dinamica più incisiva del mercato interno. Però, sono convinto che alla fine, un po’ alla volta, la situazione andrà a stabilizzarsi e si ritornerà alla normalità.

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