di Chiara ScelsiIl comparto delle lavanderie industriali conta oltre 780 attività commerciali dislocate sull’intero territorio Italiano (dati al 2018), che complessivamente cubano circa 1.660 milioni di euro di fatturato, corrispondente a un fatturato medio per impresa pari a 2,3 milioni di euro. Tuttavia, oltre il 54% del fatturato (circa 900 milioni di euro), è ad appannaggio delle imprese con un fatturato maggiore di 10 milioni di euro, le quali rappresentano però meno del 3% delle imprese operanti nel Paese. Poco meno del 40% del fatturato è in capo alle imprese di piccole-medie dimensioni (con un fatturato compreso tra 1 e 10 milioni di euro), mentre le piccolissime aziende – fatturato minore di un milione di euro – contribuiscono solamente a circa il 6% del fatturato totale del settore, nonostante, in termini di numerosità rappresentino oltre il 70% delle imprese.Consumi Il processo produttivo di una lavanderia industriale può essere suddiviso in 5 macro-fasi:
- ricevimento della merce;
- trattamenti meccanici, chimici e termici;
- strizzatura ed essiccatura;
- stiratura;
- piegatura e confezionamento.
Ad ogni fase è associata sia la tecnologia specifica, sia i consumi di energia – termica ed elettrica – necessari per azionare i macchinari. L’energia complessivamente utilizzata per un intero ciclo di lavorazione è di circa 1.680 kWh per tonnellata di prodotto, dove la maggior parte dei consumi sono di energia termica e contano per il 90% del totale (1.500 kWh). Marginale invece il consumo di energia elettrica, pari a circa 180 kWh per tonnellata di prodotto. Energia elettrica che viene adoperata per le macchine automatiche per il conteggio pezzi e per le macchine specializzate per la piegatura e confezionamento, processi che tuttavia richiedono un apporto energetico di 20 kWh/tonn, pari a meno del 2% dei consumi totali. Il processo che, di gran lunga, ha il maggior consumo di energia è la stiratura – effettuata tipicamente tramite il mangano, che richiede circa 1.150 kWh/tonn di energia (70% dei consumi totali), di cui oltre 1.000 di energia termica. Anche il processo di strizzatura ed essiccatura, effettuato attraverso presse ed essiccatori, richiede un consistente consumo energetico: circa 350 kWh/tonn di energia termica e poco più di 30 kWh/tonn di energia elettrica, contando per il 22% dei consumi dell’intero ciclo produttivo. Meno rilevanti, in termini energetici, i trattamenti meccanici, chimici e termici, che richiedono circa 150 kWh/tonn di energia, meno del 10% del totale, di cui la maggior parte di origine termica.Comparando il settore delle lavanderie rispetto ad altri comparti industriali, si osserva quindi come i consumi energetici per tonnellata di prodotto non siano trascurabili (inferiore al settore chimico ma mediamente superiore alla maggior parte delle industrie alimentari), ciononostante, il tema dell’efficienza energetica non è tuttora molto sentito dagli operatori del settore, i cui investimenti sono frenati dai tempi di ritorno considerati eccessivi dagli operatori stessi.Interventi di efficientamento energeticoAlla luce della forte disparità tra il fabbisogno termico ed elettrico richiesto dal ciclo produttivo, appare evidente come interventi di efficientamento energetico volti a ridurre il consumo di energia termica abbiano un impatto economico più significativo.L’investimento richiesto per gli interventi volti a ridurre il consumo elettrico sono significativamente meno onerosi sia per il ridotto dimensionamento sia per il minor costo della tecnologia a parità di kW installato. Di contro, gli investimenti per l’installazione di un cogeneratore, o di un sistema di combustione efficiente per il recupero termico, richiedono un esborso iniziale di circa 150.000 – 200.000 €.Nonostante l’investimento iniziale per gli interventi volti a ridurre il consumo termico siano significativamente più ingenti, i tempi di ritorno sono a vantaggio di quest’ultimi. Mediamente, infatti, un sistema di recupero termico ha un tempo di ritorno di circa 2 anni, mentre il rientro dell’investimento per un impianto di cogenerazione si aggira tra i 4 e i 5 anni. Per i motori elettrici invece l’investimento non viene ammortizzato prima dei 6 anni, mentre per gli inverter il valore soglia è simile ad un’unità cogenerativa. Considerando poi che il valore attuale netto (ipotizzando una vita utile di tra i 10 e 15 anni in funzione della tecnologia considerata) è di gran lunga maggiore per i sistemi di recupero termico ed unità cogenerative, emerge come gli interventi di natura termica siano economicamente più vantaggiosi rispetto ad interventi di natura elettrica.IncentiviNonostante la totalità degli interventi proposti abbia un tempo di ritorno decisamente inferiore alla loro vita utile, essi non risultano particolarmente attrattivi, ad eccezione dei sistemi di combustione efficiente per il recupero termico, per un settore dove tempi di ritorno superiori ai 3 anni difficilmente vengono considerati attrattivi. In quest’ottica, tuttavia, l’accesso agli incentivi previsti dal quadro regolatorio possono aiutare a mitigare l’investimento iniziale e ridurre ulteriormente i tempi di ritorno.La totalità degli interventi rappresentati ha accesso alla stessa tipologia di incentivi, ovvero il meccanismo dei certificati bianchi. In Tabella viene raffrontato il pay back time per i 4 interventi nel caso in cui il soggetto che ha effettuato l’investimento abbia accesso o meno ai Titoli di Efficienza Energetica. Dall’analisi emerge come la possibilità di usufruire dei certificati bianchi permette di ridurre i tempi di investimento di circa un anno, nonché di aumentare il valore attuale netto dell’investimento dal momento che i certificati bianchi vengono erogati per più anni. Confrontando quindi il tempo di ritorno degli investimenti, si osserva che, in presenza di incentivi, tutte le soluzioni di efficientamento energetico proposte, ad eccezione dei motori elettrici, hanno un valore soglia che rendono l’investimento interessante dal punto di vista economico. La possibilità di usufruire delle forme di incentivazione, per cui, risulta fondamentale nell’ambito delle lavanderie industriali – ma anche negli altri settori manifatturieri – per stimolare il processo di efficientamento energetico e per raggiungere gli obiettivi fissati dal PNIEC.