di Marcello FalvoLa pandemia ci ha portato a considerare con ancora maggiore attenzione il processo, già in precedenza fondamentale, del lavaggio e sanitizzazione degli abiti da lavoro. Su questo tema esiste ancora oggi un po’ di confusione, ed è necessario fare chiarezza; molti hanno ritenuto sufficiente, per poter garantire un trattamento sanitizzante adeguato, impiegare prodotti disinfettanti, classificati come P.M.C. (Presidio Medico Chirurgico).Una sanitizzazione efficace dipende invece soprattutto dall’adozione di una serie di procedure e accortezze che interessano l’intero processo di gestione del lavaggio, tra le quali è particolarmente importante la realizzazione di un percorso della biancheria da sporco a pulito, in modo da impedire il contatto tra la biancheria salubre e quella contaminata. Per una corretta riuscita, il processo deve coinvolgere tutti i collaboratori impegnati in esso, i quali dovranno adottare una serie di misure specifiche da rispettare con scrupolo.La biancheria pulita, al termine del lavaggio, dovrebbe essere riposta su un carrello differente da quello sul quale sostava quando era sporca, e gli operatori che scaricano gli indumenti puliti dovrebbero avere le mani sempre pulite ed igienizzate, altrimenti i batteri presenti su di esse contamineranno gli indumenti, rendendo inutile il trattamento di sanitizzazione. La biancheria sporca deve essere trasportata in lavanderia tramite un percorso distinto da quello effettuato dalla biancheria pulita, pertanto all’interno della struttura è necessario individuare e predisporre due percorsi diversi di passaggio.Occorre garantire ai lavoratori che trattano la biancheria sporca una dotazione di dispositivi di protezione adeguata. A questa categoria di lavoratori appartengono sia gli autisti, nella fase di trasporto della biancheria sporca dai clienti verso la lavanderia industriale, sia gli addetti alla cernita dello sporco. Il banco di accettazione e i carrelli andrebbero puliti spesso, utilizzando prodotti disinfettanti per superfici, e i pavimenti necessitano di essere puliti una volta al giorno, utilizzando ipoclorito di sodio o altro disinfettante.Il punto fondamentale del processo di sanitizzazione non è rappresentato quindi dall’utilizzo di un singolo prodotto, ma dall’adozione di un protocollo dettagliato e preciso nel quale vanno identificati i percorsi, i metodi di lavaggio, i prodotti disinfettanti, il controllo del personale, e le verifiche analitiche periodiche sulla biancheria confezionata, che vanno eseguite a campione per verificare che il sistema garantisca sempre una biancheria pulita e sanitizzata.Un protocollo efficace può essere steso consultando tecnici e consulenti del settore, i quali suggeriranno alle lavanderie e alle strutture ricettive o ristorative quali migliorie apportare per realizzare un sistema di sanitizzazione adeguato in modo da garantire non solo la pulizia degli indumenti da lavoro, ma anche l’assenza di possibili agenti patogeni, aspetto che diventa ancora più importante quando gli indumenti, in base alle loro caratteristiche ed applicazioni, sono classificati come Dispositivi di Protezione Individuale.Metodi di disinfezione per abbigliamentoL’utilizzo di disinfettanti chimici è consigliato solo su tessuti che possono essere lavati in lavatrice ad almeno 60 °C con prodotti detergenti e disinfettanti; alcuni prodotti potrebbero infatti danneggiare e degradare i tessuti, riducendone le qualità protettive. Il possibile impiego dell’ozono va valutato con molta cautela, perché, pur essendo rapidamente efficace contro i virus, può alterare i colori dei capi a causa delle sue proprietà ossidanti ed i tempi di esposizione risulterebbero un fattore critico da controllare. Tra i trattamenti fisici, quello più consigliato è l’utilizzo del vapore secco. Utilizzato per 30 minuti, il vapore secco non rappresenta un problema per i tessuti, essendo già utilizzato nelle operazioni di finissaggio degli stessi. L'operatore che si occupa dell’applicazione del vapore deve essere dotato di mascherina, al fine di evitare l’inalazione tramite aerosol dei contaminanti eventualmente presenti nei tessuti. Le radiazioni UV, note per le loro qualità antibatteriche, e in particolare quelle dello spettro UV-C, sembrano essere in grado di inattivare diversi tipi di coronavirus, incluso il Sars-Cov-2. Le lampade germicide sono già da tempo utilizzate nei processi di sanificazione, quindi è lecito pensare che pochi minuti di applicazione di queste radiazioni sugli indumenti potrebbero eliminare efficacemente il virus. Il loro potenziale utilizzo in ambito tessile deve però tenere conto di diversi fattori: queste radiazioni non hanno un’elevata penetrazione, e potrebbero non essere in grado di raggiungere il virus, se quest’ultimo è annidato nel tessuto. Le lampade rappresentano inoltre un costo significativo dal punto di vista energetico, e la loro efficacia dipende da condizioni ambientali come l’umidità relativa. Queste radiazioni sono inoltre pericolose per l’uomo, in quanto capaci di arrecare seri danni agli occhi e alla pelle; è quindi fondamentale fornire all’operatore adeguate protezioni, soprattutto per quanto riguarda gli occhi.Le radiazioni ionizzanti come raggi x e y, invece, possono essere utilizzate solo nell’ambito dei processi industriali, per via dei costi elevati e del loro meccanismo di azione. Questi raggi non impattano sulla struttura dei materiali tessili, e consentirebbero di ripetere il trattamento più volte senza danneggiare i capi, ma richiedono tempi di applicazione molto lunghi, quantificabili in diverse ore, e trovano più spazio nell’industria alimentare, essendo più efficienti nell’eliminazione di spore e specie batteriche. Rivolgersi a strutture specializzate come le lavanderie professionali, in grado di individuare il disinfettante e il metodo più adatto ad ogni tipo di capo, rimane in ogni caso la miglior prassi da adottare per rispondere in modo efficace e conveniente alle proprie esigenze di sanificazione.