L’economia della conoscenza

di Roberto SchiesariIl settore del Cleaning Professionale come mai prima d’ora è diventato un riferimento per quei comparti economici che si sono trovati a gestire e implementare il tema dell’igiene e della pulizia. È quindi essenziale per le imprese del settore affrontare i prossimi anni consapevoli dei fattori maggiormente incidenti sulla loro competitività, approfittando del trend positivo del mercato.Per gestire al meglio la complessità crescente delle imprese, offrire servizi qualificati e personalizzati ai propri clienti, utilizzare al meglio i nuovi strumenti offerti dal progresso tecnologico, migliorandone l’efficacia ma anche recuperando l’efficienza, le imprese devono considerare prioritario l’incremento di conoscenze e competenze diffuse in tutta l’organizzazione. Si è ben consci che la conoscenza sia da sempre uno dei fattori differenzianti per competere. Ciò che sta cambiando in questi anni è la mole di conoscenze, sempre più diversificate, che viene richiesta dai clienti ai loro interlocutori (in tutti i passaggi della filiera) e l’impatto che la digitalizzazione ha nella codificazione della conoscenza, nella sua trasmissione attraverso le tecnologie di comunicazione e le reti informatiche, e con l’avvento dell’intelligenza artificiale anche nella creazione di nuova conoscenza.Per competere è quindi necessario che le imprese diventino learning organization, incrementando in misura significativa il livello di conoscenza, codificandola e anche – per quanto possibile – proteggendola. Tale obiettivo strategico va perseguito ricercando il miglior rapporto tra efficacia ed efficienza. Una priorità è che tutti gli addetti acquisiscano nuove conoscenze e competenze e le adattino continuamente all’innovazione di processi, prodotti e servizi.Ruolo della formazioneLa formazione oltre agli aspetti tecnici di prodotto dovrebbe riguardare anche aspetti organizzativi e abilità relazionali, con enfasi sull’utilizzo degli strumenti messi a disposizione dalla “rivoluzione digitale”. Non è quindi sufficiente (seppur basilare) la formazione svolta tramite mirati e qualificati corsi esterni e interni. L’impresa deve anche creare un ambiente di lavoro tale da incoraggiare e sostenere la volontà dei collaboratori di migliorare continuamente processi, prodotti/servizi e organizzazione, condividendo visione e obiettivi e agendo su condizioni e relazioni di lavoro, sistemi retributivi e premiali. Lo sviluppo e la diffusione delle competenze, proprio perché vanno oltre la semplice acquisizione di conoscenza, avvengono soprattutto durante il lavoro quotidiano e non solo nella formalità dei corsi di formazione. Nei luoghi di lavoro più intensivi di conoscenza si riscontra ormai il fenomeno del cosiddetto “iceberg dell’apprendimento”, che segnala come l’apprendimento utile al concreto sviluppo delle competenze avvenga  anzitutto sul luogo di lavoro e durante l’attività quotidiana, e solo in misura minore nei corsi di formazione strutturati.Difficoltà per le piccole impreseLo sviluppo delle conoscenze e di conseguenti competenze distintive può essere più difficile da attuare per le imprese di minore dimensione: gli addetti, dovendo gestire più ruoli e attività, possono avere maggiori difficoltà a sviluppare competenze specialistiche; se però in chi guida le imprese esiste la consapevolezza dell’importanza di questi aspetti per la competitività e la sostenibilità, essi potranno agire affinché il gap non si ampli ulteriormente, incrementando forme strutturate di scambio collaborativo di conoscenze lungo la filiera con i fornitori, con altre imprese facenti parte di reti di imprese, a cui eventualmente delegare attività che richiedono competenze non economicamente approcciabili individualmente, o realizzando forme aggregative con altre imprese sinergiche.

Se l’articolo ti è piaciuto rimani in contatto con noi sui nostri canali social seguendoci su:

Nessun commento

Lascia un commento