di Maurizio PedriniTra gli effetti sortiti dalla pandemia da SARS CoV 2 vi è stata anche una significativa accelerazione del processo di digitalizzazione delle imprese. Infatti, specialmente nel lavoro, in questo periodo si è largamente diffusa la necessità di limitare i contatti faccia a faccia, in presenza, smaterializzando così i processi a favore del ricorso a strumenti digitali avanzati, a partire dalle varie piattaforme virtuali capaci di assicurare videoriunioni di elevata qualità. È risaputo che l’Italia, in questo delicato settore dell’innovazione tecnologica orientata al 4.0 vede le aziende del Made in Italy scontare un leggero ritardo rispetto alla media europea. Pur non essendo agli ultimi posti, è pur vero che nel nostro Paese la digitalizzazione stenta a decollare soprattutto tra le piccole e medie imprese, per non parlare delle realtà artigianali. Il fenomeno investe quindi direttamente il comparto industriale, produttivo e dei servizi del professional cleaning, che talvolta affrontano questa sfida con ansia, senza disporre di adeguati strumenti e figure professionali a supporto di un percorso certamente impegnativo. I parametri per valutare se si è imboccata la giusta strada sono molteplici e chiamano in causa l’impiego di tecnologie, di software e strumenti in grado di offrire un preciso e oggettivo indicatore del livello di competenza digitale raggiunto da un’impresa. Insomma, una sorta di “biglietto da visita” per comprendere se, al di là della buona volontà e delle dichiarazioni formali, essa sta entrando in possesso di un valido know how digitale, o meno. In Italia, inutile nasconderlo, il quadro riguardante questi indicatori è ancora assai problematico e incerto, a partire proprio dall’uso di software adeguati e dall’impiego dei più innovativi, ormai largamente diffusi, sistemi tecnologici. Di cosa stiamo parlando, in concreto? Ci riferiamo alla robotica, alle stampanti 3D, alle piattaforme, ai software gestionali e ai tanti altri mezzi offerti dal mercato digitale. Eppure attualmente l’offerta è ricca e alla portata: i programmi CRM moderni, i software ERP, in cloud non si contano e sono disponibili per imprese di ogni dimensione, a partire proprio dalle PMI. Come dicevamo all’inizio, però, l’impulso determinato dall’emergenza Covid 19 ha spinto le imprese a serrare le fila e darsi una mossa: il trend sembra essere ora più confortante e aprire scenari migliori, guardando soprattutto al PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che impone non solo al mondo imprenditoriale, ma all’intero Sistema Paese, un deciso balzo in avanti sul terreno della digitalizzazione. I segnali di questa inversione di tendenza non mancano, stando almeno alle ricerche condotte dagli esperti. Innanzitutto ci riferiamo al report sulla digitalizzazione redatto dalla Banca Europea per gli Investimenti riferito agli ultimi due anni. Il cambiamento si evince nettamente analizzando nel dettaglio la precedente ricerca condotta dall’ISTAT, svolta nel corso del 2019. L’Italia appare sì in ritardo rispetto alla media europea e lontana dagli USA e agli Stati del Nord Europa, ma in linea, se non in posizione migliore, rispetto agli Stati dell’Europa Centrale e Meridionale. Dunque, un certo, cauto ottimismo è più che giustificato, guardando soprattutto all’impiego assai vantaggioso di software gestionali in cloud, che consentono di raggiungere elevati livelli di efficienza. Dunque, dopo la dura esperienza del lockdown, molte imprese restie hanno vinto una sorta di “resistenza mentale”, sciogliendo le riserve per mantenere convintamente gli strumenti digitali forzatamente adottati a causa dell’emergenza sanitaria. Non solo: in molti casi li hanno pure implementati, verificando sul campo come essi possano aiutare a migliorare la produttività, rendere più efficiente l’impresa e, soprattutto, si rivelino preziosi e indispensabili per incontrare e fidelizzare nuovi clienti. Ma l’aspetto che, in prospettiva, illumina il quadro della situazione di un ottimismo ancor più pronunciato è quanto sta accadendo o dovrà accadere nel nostro Paese grazie al PNRR: il Governo, nonostante le difficoltà conseguenti alla difficile congiuntura internazionale, dovrà comunque mantenere gli impegni assunti anche sul fronte della digitalizzazione, investendo consistenti risorse a beneficio delle imprese. Sarà questo un passo consequenziale, sia pure a distanza di qualche anno, del Piano Nazionale Transizione 4.0, che pure ha stimolato non poco le aziende in questa direzione. È certo che la capacità del sistema economico italiano di rialzarsi dagli effetti perversi della pandemia e della crisi economica scaturita dal contemporaneo, spropositato aumento del costo delle materie prime e della bolletta energetica, nonché della guerra in Ucraina, dipenderà anche dal buon uso che sarà fatto dalle imprese del capitolo fondi destinati al processo di digitalizzazione. È certo, infatti, che questa straordinaria disponibilità di risorse finanziarie dovrà permettere alle imprese italiane, anche a quelle di piccole e medie dimensioni, di intraprendere percorsi mirati di innovazione in campo digitale. In questo percorso, non sarà fondamentale solo l’impiego di adeguati investimenti in campo tecnologico, ma anche la preparazione e la valorizzazione di adeguate risorse umane, in grado di affrontare nel miglior modo possibile il profondo cambiamento culturale e nel modo stesso di concepire l’azienda, che la digitalizzazione porta con sé. Un processo che chiama anche le imprese del professional cleaning a sfide tecnologiche, organizzative e culturali di enorme portata. Il tutto a condizione, ovviamente, che il Governo mantenga gli impegni presi e proceda spedito nel percorso di ammodernamento complessivo del Paese: la banda larga e Internet sono il punto di partenza, senza i quali tutta la strada diventerà in salita, difficile, impraticabile ed estremamente gravosa.