RSA, l’evoluzione dei servizi dopo la pandemia

di Fabio ChiavieriLa pandemia ha messo in luce tutte le lacune delle Residenze Sanitarie Assistenziali, non sempre capaci di rispondere ai bisogni di una popolazione che sta invecchiando sempre di più e che ha esigenze sempre più complesse. Una progettazione delle RSA o il recupero degli edifici più attenti alle necessità di socializzazione e di dignità degli anziani, ottenibile con una divisione più attenta degli spazi, avrebbero garantito certamente migliori condizioni di salubrità. La stessa OMS riferisce che gli ambienti confinati sono fino a 10 volte più inquinati rispetto agli spazi all’aria aperta. L’architettura se ben progettata può concorrere, quindi, al miglioramento della condizione fisica e psicologica degli anziani, che siano malati o in salute.Diventa necessario considerare modelli di RSA più facilmente gestibili. Il modello con piccoli gruppi di ospiti, adottato in molti Paesi, oltre a contribuire a migliorare lo stato di benessere generale degli ospiti, riduce la possibilità di trasmissione delle infezioni che è fondamentale in tempo di Covid. Non dimentichiamo che il benessere psichico influisce molto su quello fisico soprattutto in una persona non più giovane, per cui conta la familiarità degli ambienti comuni, l’illuminazione, la qualità dell’aria e della pulizia degli ambienti stessi. La medesima situazione l’ospite la dovrà trovare nel proprio bagno e nella propria camera da letto pensati per singoli pazienti.L’inquinamento indoorSecondo un rapporto OCSE, la spesa sanitaria pro-capite in Italia è di 2.500 euro, contro i 3600 della Francia e i 4500 della Germania per non parlare dei paesi scandinavi. In Italia, quindi, finora le spese per la sanità e in particolare per le RSA e le strutture sociosanitarie, sono considerati dei costi. Lo stesso dicasi per spese dedicate alla pulizia, sanificazione e sanitizzazione di questi ambienti. La prima parola dell’acronimo RSA è “Residenze”. Ciò significa che queste strutture assistenziali dovranno dare la prova concreta ai loro ospiti di essere a casa loro, non in un momentaneo parcheggio in attesa di chissà quale futuro.Per arrivare a questo, è fondamentale utilizzare gli elementi sopra citati unitamente al fatto, e anche questo è un insegnamento della pandemia, che non abbiamo bisogno esclusivamente di grandi immobili, ma potrebbero bastare anche piccole strutture più facili da gestire e da rendere “umane”. Non dimentichiamo, peraltro, che lo stesso ISS nel 2019 metteva l’accento sul fatto che la salubrità dei luoghi di cura passa per la ventilazione, per la sanificazione e per impianti di monitoraggio di queste prestazioni, poiché le infezioni correlate all’assistenza (ICA) sono un grande problema a livello mondiale e procurano costi aggiuntivi sia in termini di sanità che di gestione. Le ICA, che raggiungo il 6,3% negli ospedali e il 3,9% nelle RSA portano spesso a ospedalizzazione e aumenti di costi, i quali gravano enormemente sulla possibilità di erogare servizi di alta qualità. Fatta questa riflessione è ancora lecito che investire denaro in sistemi di purificazione dell’aria e in azioni di sanificazione, pulizia e sanitizzazione siano costi da tagliare? Oltretutto, l’azione congiunta di queste attività non fa altro che incrementare l’aspettativa di vita dell’ospite, migliorare lo stato psico-fisico e ridurre anche l’importanza e la presenza del personale all’interno delle strutture, riducendo il rischio di trasmissione di malattie.

Se l’articolo ti è piaciuto rimani in contatto con noi sui nostri canali social seguendoci su:

Nessun commento

Lascia un commento