I processi di pulizia e lavaggio in ambito professionale non sono certo equiparabili a quelli effettuati in contesto domestico. Nel primo ambito, infatti, tali processi devono necessariamente essere rapidi, efficaci, sicuri e remunerativi. Perché il professionista del settore possa operare in modo remunerativo, ossia trarre il massimo risultato dal tempo e dalle risorse impiegate per pulire e lavare, il punto di partenza è l’utilizzo di prodotti adatti allo sporco che è necessario rimuovere. Di tale argomento ci ha parlato Marcello Falvo, titolare di Falvo, azienda specializzata nella fornitura di prodotti per il lavaggio, in occasione di CleaningPiù, la prima edizione del convegno digitale del pulito professionale organizzata da Dimensione Pulito e dal suo editore Quine srl.Conoscere lo sporcoIl primo passo - spiega Falvo - consiste nel conoscere la tipologia di sporco che andiamo a trattare: questo requisito ci mette in condizione di scegliere il prodotto più indicato per eliminarlo. Lo sporco è composto da un universo di sostanze, pertanto è necessario innanzitutto suddividerlo in base a due criteri. Il primo è la capacità dello sporco di legarsi alle superfici. Questo criterio permette di dividere lo sporco in:
- libero, rappresentato da particelle e materiali che si posano sulle superfici ma non vi aderiscono, pertanto la sua rimozione non richiede l’utilizzo di detergenti;
- aderente, composto da sostanze che aderiscono alla superficie (es. grasso, cere, sporco organico). La sua rimozione richiede l’impiego di detergenti, normalmente sgrassanti ed a base alcalina;
- incrostato, sporco che è penetrato nella parte porosa delle superfici e composto da residui di acqua dura o di metalli, ossidi, spesso misti a polvere e grasso. Questo è lo sporco più complesso da rimuovere, perché richiede l’utilizzo di prodotti con diverse funzionalità, sgrassanti e disincrostanti.
Il secondo criterio classifica lo sporco in base alle sue caratteristiche. Esso può essere:
- magro, rappresentato da qualsiasi sostanza solubile o rimovibile con acqua o a mezzo di aspirapolveri;
- grasso, composto da una combinazione di polveri ed olii/grassi minerali, vegetali, animali, rimovibili con detergenti a base di tensioattivi ad elevato potere sgrassante e pH alcalino;
- inorganico, composto da residui di acqua dura e residui ferrosi, rimovibili con prodotti acidi ad effetto disincrostante;
- organico, appunto composto da materia organica, sul quale sono efficaci detergenti a pH alcalino ad elevato potere imbibente, cioè in grado di facilitare la penetrazione dell’umidità all’interno della sostanza organica permettendo così di scioglierla;
- invisibile, il più difficile da rimuovere perché composto da virus, batteri e funghi. Questo sporco è rimovibile solo utilizzando prodotti disinfettanti marchiati P.M.C.
Come scegliere un prodottoDalla classificazione precedentemente fatta - prosegue Falvo - appare chiaro come ogni tipo di sporco sia compatibile con determinate tipologie di prodotti. Ma su quali elementi dobbiamo basarci per scegliere correttamente un prodotto? Ci vengono in aiuto diverse caratteristiche che devono essere obbligatoriamente presenti per legge. La prima è l’etichetta: su di essa devono essere riportate la concentrazione delle varie sostanze lavanti e la pericolosità del prodotto verso le persone e l’ambiente. I principali parametri sui quali porre l’attenzione sono:
- le indicazioni di pericolo, rappresentate da un pittogramma che già visivamente fornisce informazioni sulle caratteristiche pericolose del prodotto (es. infiammabilità, corrosività…). Un prodotto ad alta pericolosità richiede una serie di procedure più complesse perché possa essere utilizzato in sicurezza, quindi la sua convenienza va calcolata anche in funzione di come dovrà essere utilizzato;
- la composizione, che indica la reale concentrazione di un prodotto. Per legge, in etichetta devono essere indicati tutti i suoi componenti e in quale percentuale sono presenti.
La scheda tecnica riporta invece le indicazioni d’uso di un prodotto e ci permette di valutare se caratteristiche e modi d’uso riportati dalla casa madre corrispondono con quelli dichiarati da chi ce lo ha venduto. Sulla scheda devono quindi essere indicate le seguenti voci:
- caratteristiche, che corrispondono alle specifiche e qualità del prodotto, effetti e sinergia/compatibilità con altri prodotti, applicazioni, modo d’uso e dosi (che possono anche rimandare a una scheda tecnica che dà indicazioni in merito all’uso del prodotto in un determinato contesto di lavorazione),
- aspetto, caratteristiche e biodegradabilità, dove vengono date indicazioni in merito all’aspetto, alla composizione che deve essere uguale a quella sull’etichetta e viene fornito il certificato di biodegradabilità del prodotto in conformità con le leggi italiane ed europee.
Infine la scheda di sicurezza, che contiene tutte le informazioni in merito alla pericolosità, alla concentrazione delle sostanze pericolose e ai DPI da utilizzare. La scheda di sicurezza è costituita da sedici punti, quelli di maggiore interesse sono:
- la composizione, questa voce si differenzia da quella presente in etichetta perché in questo caso riporta tutti i componenti pericolosi e la loro concentrazione, oltre ai corrispondenti numeri CAS (vedi box), che sono degli identificativi numerici che individuano in maniera univoca una sostanza chimica;
- modi di manipolazione e stoccaggio;
controlli dell’esposizione, una voce che indica come il prodotto interagisce con l’operatore, e quindi quali procedure adottare per tutelare chi lo utilizza.Simone Ciapparelli