Negli ultimi anni i benefici dell’ampliamento a mercati esteri del raggio d’azione dei nostri produttori-esportatori sono stati evidenti, soprattutto verso l’Est Europa e i Paesi Arabi. Eppure, l’internazionalizzazione delle imprese italiane si scontra contro alcune difficoltà comuni, assai difficili da superare. Nonostante ciò, ci sono aziende del nostro comparto, a volte anche di modeste dimensioni, che riescono ad affermarsi e imporsi all’attenzione sui mercati europei e internazionali. È questo il caso di Lindhaus, piccola azienda padovana, nel dinamico Veneto, specializzata in lavasciuga pavimenti, aspirapolveri, battitappeti e prodotti e macchine per la pulizia professionale e domestica. L’industria si è aggiudicata le scorse settimane un importante e prestigioso riconoscimento: infatti su 200 aziende italiane esportatrici valutate da un’attenta giuria, sono state selezionate 40 finaliste e Lindhaus con il suo 89% di export 2022 è rientrata tra queste.Abbiamo incontrato il presidente di Lindhaus, Michele Massaro, per farci raccontare la sua significativa esperienza e raccogliere, soprattutto, la sua interessante testimonianza su come questa piccola ma assai bene organizzata realtà imprenditoriale abbia saputo raggiungere traguardi tanto ambiziosi nell’export.Questo ambito riconoscimento premia la vostra attività di ricerca, sviluppo e innovazione? Ve lo aspettavate?“No, assolutamente. C’è stata questa organizzazione che ha deciso autonomamente di premiare delle eccellenze italiane, sia per quanto riguarda l’innovazione che la vocazione all’export. Hanno selezionato ben duecento aziende in Italia, comprese le isole, prendendo accuratamente in esame realtà di qualsiasi dimensione. Tra di esse ne hanno selezionate quaranta che hanno portato alla finale, premiandole. Tra di esse abbiamo avuto l’onore di rientrare anche noi. A suo tempo, per partecipare alla selezione abbiamo inviato la nostra presentazione aziendale e dal Cerved sono stati ricavati tutti i dati: non hanno chiesto nulla a noi, rilevandoli autonomamente. Insomma, direi che è stata un’esperienza originale e gratificante.”Per Lindhaus, cosa significa concretamente fare innovazione nel nostro settore?“Comporta il massimo impegno a inventare sempre qualcosa di nuovo. Siamo in possesso di tantissimi brevetti e due sono recentissimi: uno l’abbiamo chiesto nel mese di gennaio di quest’anno e l’altro nel mese di luglio 2022. Quindi ogni nostra macchina nuova non nasce come fotocopia di qualcosa che esiste già in commercio, ma viene elaborata concettualmente come componentistica e modo di lavorare, altrimenti non perderemmo il nostro tempo investendo ogni anno milioni di euro in ricerca e sviluppo. Insomma, per noi l’innovazione è reale ed effettiva, non rappresenta affatto una semplice operazione di marketing o di design.”Il nostro è un settore che fino a qualche anno fa esportava il 70% delle produzioni: Lindhaus nel 22 ha raggiunto la quota dell’89%: qual è la vostra mission?“L’azienda che dirigo, da quindici anni a questa parte, si è attestata stabilmente attorno a tale incoraggiante percentuale, con leggere variazioni. Ovviamente ci stiamo impegnando a migliorare anche la nostra presenza sul mercato italiano, pur nella consapevolezza che il resto del mondo ha per noi una rilevanza strategica. Lindhaus è certamente una piccola industria del Made in Italy che deve affrontare sul mercato globale una concorrenza sempre più agguerrita, per non dire spietata. La nostra esperienza ci ha visto puntare sui Paesi occidentali, anche se non abbiamo trascurato tutti gli altri, principalmente perché costruiamo macchine da prezzo, per mercati maturi. I principali mercati di riferimento di Lindhaus sono in Europa, compresa la Scandinavia che sta andando abbastanza bene. A ruota seguono poi: il Giappone, l’Australia, il Canada. Anche il Sudamerica rappresenta un buon bacino d’utenza nel quale ci stiamo progressivamente radicando. Oggi, operare sui mercati internazionali non è affatto un’impresa semplice: all’interno delle aziende distributrici, infatti, cambiano molto spesso gli interlocutori perché ci sono i fondi, le multinazionali, regole spesso diverse dalle nostre. Quello estero è un mercato in continua evoluzione. Va detto che i nostri grandi clienti multinazionali in un breve arco di tempo sono diventati tutti fondi comuni. Di fatto, le proprietà cambiano ogni tre-quattro anni, ragion per cui bisogna essere molto veloci a cercare nuovi accordi per cercare di restare nel mercato, presidiandolo a fronte di aziende distributrici così fluide, che cambiano in un batter d’occhio top manager, ufficio acquisti ed altre figure importanti. È una situazione in cui si rischia di trovarsi in un attimo tagliati fuori.”Quali caratteristiche hanno, sotto il profilo organizzativo, le vostre modalità di vendita all’estero?“Bisogna precisare anzitutto che vendiamo solo tramite rivenditore e non al cliente finale. Ciò ci differenzia nettamente rispetto alle multinazionali che puntano tanto sulla vendita diretta saltando a piè pari i rivenditori. Ecco che una piccola Lindhaus mantiene invece un rapporto di estrema correttezza con i nostri partner e si presenta su questi mercati con modelli assai competitivi. Anche perché abbiamo macchine di media misura e di piccola misura per interni. Rispetto al rivenditore, che ha un brand di riferimento importante e che ha il suo core business su macchine grandi - lavasciuga pavimenti e spazzatrici anche per uso stradale - noi possiamo presentarci con una gamma più bassa, come misura, ma con un ampio numero di modelli. Ne abbiamo una quarantina in produzione, la nostra alternativa sono solo le multinazionali con altre tipologie di modelli, ma non una gamma equiparabile alla nostra. Fortunatamente, in questi Paesi possiamo contare su rivenditori convinti e di prestigio, che hanno scommesso tanto su di noi.”Com’è organizzata la struttura che si occupa dell’export all’interno della vostra azienda? Quali sono le figure professionali preposte?“Essendo la nostra una piccola azienda, il titolare è il primo a mettere la propria faccia e a veicolare le idee anche in questo delicato ambito - disponiamo di export manager e di area manager per le diverse aree di lingua inglese, tedesca, francese e spagnola che si occupano delle varie aree geografiche del mondo. Lindhaus USA è una nostra filiale che si occupa esclusivamente della vendita delle nostre macchine sul mercato statunitense: una ditta nata nel 1992 che sta continuando a crescere in maniera assai positiva con brillanti fatturati e utili lusinghieri. Quindi questa rappresenta l’unica nostra filiale perché nel resto del mondo la nostra presenza è caratterizzata da importatori e distributori. La funzione del product manager, come la intendiamo noi, non è tanto quella di andare a sollecitare ordini, ma di andare sul territorio a formare la forza vendita dei distributori perché se disponiamo di persone formate, arrivano anche le vendite.”Gli ultimi anni che abbiamo vissuto sono stati assai difficili, sotto ogni punto di vista, anche per l’esportazione del Made in Italy, ma oggi i problemi appaiono accentuati da una guerra a noi così vicina. Pensa comunque, che, nonostante tutto, la situazione che stiamo vivendo apra anche nuove opportunità? “Da un lato, come ben sappiamo, ci sono stati anni con aumenti folli del costo delle materie prime, grandi difficoltà ad acquisire preziosi componenti, specialmente elettronici dalla Cina. Noi ci auguriamo tanto che si rimettano in moto le fabbriche in Italia, in Europa e negli USA, in modo da avere nuove fonti di approvvigionamento, in quanto perdurando a lungo questa situazione, siamo veramente a rischio. Basti pensare che abbiamo dei microprocessori ordinati due anni fa che devono ancora arrivarci: in queste condizioni, come è possibile prevedere il reale fabbisogno e programmare la produzione. Questa è una situazione insostenibile, che mette seriamente a rischio la stabilità stessa dell’azienda produttrice. Guardando invece alle opportunità, il fatto che gli USA si siano messi in una posizione di oggettivo contrasto alla Russia e alla Cina, sta generando una condizione nuova, in cui avere un po’ di freno rispetto all’invadenza del prodotto e delle componenti cinesi alla lunga potrebbe fare il nostro gioco. È anche vero che il commercio cinese si sta spingendo in misura sempre maggiore alla vendita del prodotto finito, non del componente: hanno infatti compiuto uno sforzo enorme in questa direzione. In definitiva, possiamo affermare - senza timore di essere smentiti - che è arrivato davvero il tempo di diventare autonomi, molto più di quanto lo fossimo prima. Altrimenti andremo incontro a scenari davvero gravi e preoccupanti.”Quella della dipendenza, sia energetica che delle materie prime, da altri Paesi, specie dalla Cina, è una questione estremamente seria: in che modo la state affrontando?“Cerchiamo di produrre tutto in casa, costruiamo tutti i motori che utilizziamo, anche tramite un’azienda consociata, gli stampi per le materie plastiche li produciamo internamente, l’acquisto delle materie prime è fatto da Lindhaus e dà da lavorare agli stampatori che sono a venti chilometri dall’azienda. Insomma, tutto quello che possiamo fare a chilometri zero, lo facciamo. Ovviamente, per quanto riguarda tutti i componenti che non si trovano in Europa, dobbiamo andare a cercarli da qualche altra parte del mondo. Per quel che riguarda l’annoso problema dell’accesso alle fonti energetiche, fortunatamente ci siamo mossi per tempo. Nel 2021 abbiamo coperto i capannoni del nostro sito produttivo con un impianto fotovoltaico. Possiamo quindi affermare che il 95% dell’energia elettrica che serve a far funzionare la nostra azienda è green e autoprodotta. Così alla fine del 2022 abbiamo registrato un aumento del 25% del costo dell’energia elettrica, tuttavia, considerando che la quantità di acquisto è stata del 20-30%, non ha inciso così tanto. Cerchiamo di non fare assolutamente conto sugli aiuti che può dare lo Stato perché, a nostro avviso, se l’azienda funziona con le proprie gambe è un bene per tutti.”Maurizio Pedrini