Igiene sistematica e diffusa

Secondo alcuni studi, si calcola che ogni anno in Europa si verifichino circa 2,5 milioni di casi di infezioni correlate all'assistenza (ICA). In Italia negli ospedali per acuti, la prevalenza di pazienti con almeno una ICA si attesta all'8,03% e il 44,5% dei pazienti è in trattamento con almeno un antibiotico. Nelle strutture sociosanitarie residenziali invece dal report HALT-3 del 2017 (a cui hanno partecipato 14 regioni italiane con 418 strutture) emerge che il 3,9% dei residenti presenta almeno una ICA il giorno dell’indagine e il 4,2% è in trattamento con almeno un antibiotico. Quando si parla di RSA, quindi di strutture di degenza di persone non autosufficienti ed estremamente fragili, la problematica assume un valore ancora più serio, come testimoniato purtroppo dalla tragica esperienza vissuta con il Covid-19.Tutto ciò ha posto l’accento sugli interventi di pulizia e sanificazione a cui si legano maggiori investimenti per la tutela delle persone ricoverate in ospedale o nelle residenze sanitarie. Alla dottoressa Stefania Giordano, medico responsabile e direttrice sanitaria della RSA Salus di Roma, abbiamo rivolto alcune domande per capire se alla necessità di un salto di qualità dell’igiene sono anche seguiti fatti concreti.“Assolutamente sì - risponde decisa la dottoressa Giordano. L’RSA da me diretta aveva già precedentemente alla pandemia Covid, protocolli di sanificazione operativi, e aveva già implementato sia a livello strutturale che procedurale il protocollo per l’igiene delle mani, posizionando dispenser di gel idroalcolico in ogni stanza di degenza e in vari altri punti congiuntamente alla relativa segnaletica. A seguito della pandemia sono stati predisposti protocolli specifici di sanificazione in caso di presenza di casi Covid positivi, oltre ovviamente ai percorsi sporco/pulito. Inoltre, è stata aggiornata la procedura standard di sanificazione, riconoscendo le diverse aree di rischio all’interno della struttura.”Secondo gli esperti, promuovere l’igiene sistematica e diffusa è il modo migliore per frenare malattie e decessi causati dalle cosiddette ICA. Qual è la sua opinione? “Le ICA sono una vera e propria emergenza sanitaria responsabili di un numero elevato di decessi soprattutto tra i più fragili e non solo nel setting ospedaliero. Sono infezioni spesso sostenute da patogeni multiresistenti che possono lasciare poco spazio a trattamenti farmacologici, pertanto è di fondamentale importanza attuare tutte le strategie possibili per prevenire le ICA. Rispettare i protocolli di igiene ambientale e l’igiene delle mani rappresentano due capisaldi di base per la lotta alle ICA, requisiti quindi necessari ma non sufficienti. È importante predisporre anche protocolli clinici per le procedure a rischio (es: posizionamento catetere vescicale etc), così come linee guida di appropriatezza prescrittiva per uso di antibiotico terapia per contrasto all’antimicrobico resistenza, protocolli di sorveglianza per i pazienti provenienti da setting a elevato rischio (per esempio le rianimazioni), adeguate procedure di isolamento.”All’interno della vostra RSA come vengono organizzati e gestiti gli interventi mirati di pulizia, sanificazione e disinfezione degli ambienti? Esistono dei protocolli da seguire?“Certamente! Esiste una procedura di sanificazione ambientale che riconosce le diverse aree di rischio all’interno della struttura e programma interventi di sanificazione diversa in base al riconoscimento del rischio. In caso di riconoscimento di necessità di interventi extra vengono date specifiche disposizioni.”Quanto incidono i costi legati alla pulizia e alla sanificazione su quelli generali di una RSA? “I costi non sono eccessivi e ad ogni modo si tratta di una spesa irrinunciabile che fa parte del budget di base. Anche perché una buona sanificazione previene possibili complicanze che possono portare a ulteriori spese.”Come è cambiato, se è cambiato, il lavoro di direttore sanitario dopo il Covid-19?“Sicuramente è diventato più complesso, ma non poteva che essere così: dobbiamo fare i conti con una nuova patologia infettiva molto diffusiva. Ma credo anche che il virus Sars-Cov2 sia stato un'occasione di crescita e di riconoscimento dell’importanza del ruolo del direttore sanitario in RSA, che in precedenza non godeva della giusta importanza. La pandemia ha sicuramente acceso il riflettore sulla ‘questione RSA’ in generale, spesso in maniera ingiustamente negativa, fino alla demonizzazione del setting; ma questo ha permesso che ci fosse una presa di responsabilità maggiore da parte dei gestori e dei direttori sanitari. A distanza di quasi tre anni penso che ne usciamo sicuramente migliorati, più consapevoli e motivati.”In alcune Regioni si ipotizza l’inserimento obbligatorio di un responsabile dell’igiene delle RSA qualora questo compito non venisse svolto dal direttore sanitario. Qual è il suo punto di vista? Chi se ne occupa all’interno della sua RSA? “Il team di direzione sanitaria oltre alla mia presenza prevede la stretta collaborazione di una infermiera dirigente con funzioni di risk manager. La gestione dell’igiene a 360 gradi (procedure, formazione, monitoraggio, acquisti) è gestita dal team che delega poi per competenza ai diversi uffici. Nella nostra realtà la gestione così organizzata sembra essere adeguata, ciononostante in realtà più grandi e complesse potrebbe essere una figura di valido supporto.”Crede che lo spazio orario occupato dall’insegnamento di “igiene e malattie infettive” nella formazione universitaria di base di medici, infermieri e tecnici sanitari sia sufficiente? “Dalla nostra esperienza diretta, notiamo che il personale neoassunto, soprattutto se alla prima esperienza lavorativa sembra avere una scarsissima preparazione in merito. Da questo possiamo dedurre che almeno nella nostra realtà questo concetto non viene adeguatamente approfondito durante la formazione, e i neolaureati non hanno l’adeguata sensibilità. Proprio per questo motivo nel piano di formazione aziendale promuoviamo ogni anno il training o retraining su igiene delle mani, sanificazione ambientale e isolamento infettivo.”Qual è la sua visione sull’utilizzo della telemedicina e, più in generale, della digitalizzazione in Sanità? Come viene impiegata all’interno della RSA che dirige? “Sicuramente la telemedicina rappresenta uno strumento che si sta sviluppando sempre più e che consente una facilitazione importante in diversi ambiti. Nella nostra struttura viene già impiegata soprattutto come teleconsulto con diversi specialisti. Viene usata anche per collaborare con i medici di medicina generale per sbrigare in maniera più rapida pratiche routinarie burocratiche. La digitalizzazione è un presupposto irrinunciabile: noi abbiamo un software gestionale per la cartella clinica informatizzata che ci consente di collezionare in maniera molto dettagliata dati clinici e poterli poi monitorare e intervenire eventualmente con interventi correttivi, garantendo sempre il miglioramento della qualità.”Fabio Chiavieri

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