Probabilmente originario della penisola indiana, il Ratto nero (rattus rattus) è una specie alloctona per il bacino del Mediterraneo, essendovi arrivato attraverso le attività umane di trasporto. È presente in tutto il territorio italiano, comprese le isole maggiori e gran parte di quelle minori. Nei contesti antropizzati la specie abita i giardini e i parchi urbani, penetrando all’interno degli edifici, ove colonizza generalmente le parti alte, come soffitte, tetti e terrazzi. In aree naturali le popolazioni sono diffuse soprattutto negli ecosistemi forestali. Nelle isole la specie amplia significativamente la gamma degli ambienti utilizzati, sfruttando qualunque ambiente possa offrire le necessarie risorse in termini di alimentazione e opportunità di ricovero.Insieme al Ratto delle chiaviche e al Topo domestico (Mus domesticus), il Ratto nero è la specie che presenta il maggior impatto su attività umane, salute pubblica ed ecosistemi, richiedendo un costante e intenso sforzo di controllo in ogni parte del mondo. Nelle isole la presenza dei ratti, oltre a produrre danni ecologici di grande rilevanza (è accertato il loro impatto sull’avifauna marina in fase riproduttiva, nonché sull’equilibrio ecosistemico complessivo) è causa di danni di carattere sanitario e socio economico significativi, spesso di entità maggiore rispetto a quanto si verifica sulla terraferma, soprattutto a causa delle densità spesso elevate che i ratti possono raggiungere nelle isole. La specie penetra spesso nei fabbricati, dove può causare vari tipi di danni alle attività umane, soprattutto a causa del rischio di contaminazione delle derrate alimentari e degli imballaggi. Le sue erosioni, inoltre, possono danneggiare ogni tipo di substrato, ma più spesso i cavi elettrici, il materiale cartaceo, la stoffa e i materiali deputati all’isolamento termico delle strutture. Rattus rattus è anche coinvolto nella trasmissione di numerose zoonosi all’uomo o agli animali domestici: tra le tante, salmonellosi, toxoplasmosi, leptospirosi. Oltre a ciò, i roditori causano perdite significative alle attività economiche presenti sulle isole, rappresentate ad esempio da piccole aziende agricole e orti, ristoranti, alberghi e altre strutture dedicate all’ospitalità, oltre a danneggiare manufatti in abitazioni e giardini. Nelle isole abitate la presenza dei ratti fa sì che debbano essere messe in atto importanti misure per contenerne l’impatto, adottate sia dalle amministrazioni pubbliche (soprattutto i comuni) sia dai vari soggetti privati, spesso in modo non conforme alle prescrizioni di legge (ossia quelle indicate sull’etichetta dei prodotti), con rilevanti rischi di intossicazione primaria e secondaria per le specie non bersaglio. A differenza degli interventi di eradicazione, che comportano la presenza di rodenticidi nell’ambiente per un periodo limitato, nelle attività di controllo di routine questi prodotti sono utilizzati senza soluzione di continuità e per un periodo di lunghezza indeterminata, comportando quindi, nel lungo periodo, costi ecologici ed economici ben superiori.
Pro e contro dell’eradicazione
Si parla di controllo di una specie esotica quando l’obiettivo è quello di mantenerne le popolazioni al di sotto di una determinata consistenza numerica, mentre si utilizza il termine contenimento qualora l’obiettivo sia quello di arginarne l’espansione dell’areale. L’eradicazione è invece la misura più drastica, e consiste nell’eliminazione di tutti gli individui della specie da un territorio isolato. L’intervento di eradicazione, se si conclude con successo, consente invece di risolvere il problema una volta per tutte, a differenza degli interventi di controllo che, per consentire di limitare i danni della specie esotica, hanno la necessità di protrarsi per un tempo indefinito, senza portare alla risoluzione del problema. L’eradicazione non è però tecnicamente sempre fattibile e sussiste comunque il rischio di reinvasione: esso può tuttavia essere ridotto adottando alcune misure di prevenzione più o meno complesse e costose in funzione delle caratteristiche dell’isola. Bisogna anche tenere conto che l’eradicazione dei ratti viene oggi realizzata mediante l’uso di rodenticidi, esponendo così anche specie non-target al rischio di intossicazione diretta o indiretta. La presenza o meno di specie che potrebbero nutrirsi in modo non trascurabile di esche oppure che si nutrono abitualmente di ratti e topi, soprattutto se si tratta di specie che hanno valore conservazionistico, è un elemento essenziale per la valutazione del rischio di effetti indesiderati e quindi valutare in quali circostanze sia opportuno effettuare un intervento di eradicazione. La realizzazione di un intervento di eradicazione del ratto comporta alcune criticità delle quali tenere presente, come: costo economico relativamente elevato; difficoltà di tipo autorizzativo e procedurale; difficoltà di carattere tecnico per la distribuzione delle esche; rischio di possibili effetti negativi inattesi causati dalla rimozione dei ratti dall’ecosistema insulare; rischio di successiva ricolonizzazione, particolarmente elevato in presenza di una popolazione umana residente e di regolari collegamenti navali.
Normativa
Come nel caso di tutti i biocidi, l’uso di rodenticidi è subordinato al rispetto delle indicazioni contenute nelle etichette, come approvate dal Ministero della Salute, competente in materia di biocidi. In caso di eradicazioni eseguite mediante distribuzione aerea, questa modalità d’uso non è contemplata dalle disposizioni presenti nelle etichette di nessun rodenticida. È quindi necessario richiedere una deroga all’Autorità Competente, che può essere concessa ai sensi dell’art. 55 Regolamento UE n. 528/2012 “Biocidi” e successive modifiche. Tale articolo stabilisce che l’autorità competente possa rilasciare una deroga, per una durata massima di 180 gg, rispetto alle condizioni di uso indicate nel regolamento stesso, qualora ciò sia reso necessario da un pericolo che minaccia la salute pubblica, la salute animale o l’ambiente e che non possa essere combattuto con altri mezzi. Su richiesta dell’Autorità competente la deroga può essere prolungata per un periodo non superiore a 550 giorni, a determinate condizioni. Nel caso delle eradicazioni nelle isole, la deroga è necessaria quando il biocida venga utilizzato per combattere specie diverse da quelle per cui è registrato, oppure debba essere somministrato alle specie per cui è registrato, ma con modalità di somministrazione non previste dalla registrazione. La deroga può essere rilasciata dal Ministero della Salute sulla base di una dettagliata documentazione che ne descriva la necessità e che esponga in dettaglio il piano di eradicazione.
Operazioni preliminari
Queste operazioni che precedono l’intervento di eradicazione consistono in indagini utili a quantificare la consistenza della popolazione nei diversi momenti dell’anno. Le popolazioni di Ratto nero, così come di molti altri piccoli roditori, sono soggette ad importanti cambiamenti nella consistenza numerica da una stagione all’altra e da un anno all’altro. Conducendo campionamenti stagionali e replicando i rilevi sempre negli stessi luoghi, si potrà capire come cambia la numerosità della popolazione nelle diverse stagioni, individuando il momento in cui si verificano i livelli minimi. Conoscere queste fluttuazioni è determinante per programmare gli interventi di eradicazione nel periodo di minimo demografico, quando è maggiore la probabilità di successo.
Campionamento
Nella maggior parte delle isole italiane in cui si è intervenuti, il protocollo adottato è stato mantenuto costante. L’unità di campionamento è rappresentata da un transetto, costituito da 10 trappole a scatto disposte a distanza di 10 m le une dalle altre. I campionamenti devono essere definiti in modo da includere tutti gli ambienti rappresentativi dell’isola in cui si opera. Ciascuna sessione di cattura prevede uno o più giorni di pre-baiting e 5 giorni di catture (trappole armate). Il pre-baiting (pre-adescamento) è una tecnica che prevede il collocamento delle trappole con il meccanismo di scatto bloccato ed il loro rifornimento di esca per un periodo di alcuni giorni, in modo che gli animali vincano la naturale diffidenza e imparino a nutrirsi dell’esca con regolarità. Una volta constatato che il consumo dell’esca è regolare ed abbondante, si aziona il congegno di scatto, ottenendo subito un elevato successo di cattura. Le trappole, attive 24 ore su 24, sono generalmente controllate una volta al giorno. Nei programmi di eradicazione realizzati, sono state effettuate 4 - 6 sessioni di campionamento a distanza di tre mesi, in genere nei mesi di gennaio, aprile, giugno ed ottobre. Nelle isole in cui era presente anche il topo, accanto ad ogni trappola per ratti è stata posta una trappola per la cattura in vivo dei topi. Le informazioni derivanti dalle sessioni di cattura preliminari risultano di fondamentale importanza nell’ottica di impostare piani di eradicazione del ratto non solo per individuare il periodo di intervento appropriato ma anche per determinare la densità delle esche rodenticide necessaria in fase di realizzazione degli interventi.
Pianificazione degli interventi
Gli interventi di eradicazione dei roditori nelle isole di estensione superiore a pochissimi ettari si effettuano unicamente utilizzando esche rodenticide (Howald et al. 2007). Sono pochissimi e di scarso successo i tentativi effettuati con tecniche alternative, soprattutto le trappole, nessuno dei quali ha avuto luogo nel Mediterraneo. La distribuzione di esche all’interno di erogatori è più idonea per quanto riguarda la riduzione dei rischi per alcune specie non bersaglio, ma, a causa dei costi maggiori che presenta, può essere adottata su territori non eccessivamente estesi. La densità di erogatori impiegata per eradicare il Ratto nero è di almeno 4 per ettaro. Nonostante le tecniche di distribuzione possano essere molto differenti, quasi tutte le eradicazioni di roditori sono state compiute utilizzando esche a base di anticoagulanti di seconda generazione (Howald et al. 2007). L’efficacia sui roditori e, conseguentemente, sia l’affidabilità che, di converso, la pericolosità per le specie non target, è massima per il brodifacoum, media per il bromadiolone, più bassa per il difenacoum. In tempi relativamente recenti è stato immesso nel mercato europeo anche il colecalciferolo, la cui possibilità di utilizzo ai fini dell’eradicazione di una popolazione di ratti da un’isola è tuttavia ancora da valutare. Per quanto riguarda i rischi di contaminazione dell’ecosistema, i rodenticidi anticoagulanti non sono praticamente solubili in acqua e, anche se distribuiti liberamente sul terreno, non possono essere assorbiti dalle piante (WHO 1995).Le modalità di distribuzione delle esche nei centri abitati prevedono l’utilizzo di erogatori e quindi non presentano rischi significativi di intossicazione per esseri umani. È tuttavia buona regola che sia il personale addetto all’intervento sia gli abitanti dell’isola su cui si intende operare siano adeguatamente informati su tempi e modalità di distribuzione e relativamente ai rischi ed alle procedure di sicurezza. La distribuzione delle esche può avvenire secondo tre sistemi principali:
posizionamento manuale in stazioni di avvelenamento (erogatori); distribuzione manuale di esche libere da parte di operatori che percorrono l’isola via terra; lancio da aeromobili od elicotteri effettuato sulla totalità - o parte - della superficie dell’isola.L’uso di erogatori contenenti l’esca è la tecnica più dispendiosa in termini economici e di personale, ma è anche quella che consente di operare con i massimi livelli di sicurezza, nonché di verificare con precisione l’entità dei consumi. Gli erogatori devono essere collocati secondo una disposizione a griglia, in modo che nel territorio di ogni individuo della specie bersaglio sia presente almeno una postazione. Per quanto riguarda i ratti, ciò può essere conseguito con distanze fra una postazione e l’altra di circa 50 m, corrispondenti ad una densità di 4 postazioni per ettaro. Nella realtà, soprattutto nelle isole abitate, si usa generalmente una densità maggiore, con postazioni distanziate in media 40 m e postazioni aggiuntive nelle aree critiche. L’uso di erogatori negli interventi di eradicazione riduce in maniera significativa i rischi di intossicazioni dirette a carico di specie non bersaglio, e come tale è assolutamente imprescindibile in caso di presenza di specie domestiche o selvatiche di interesse conservazionistico potenzialmente in grado di nutrirsi dell’esca tossica. Tramite l’analisi periodica dei consumi delle esche è inoltre possibile verificare l’esito dell’intervento, individuando e localizzando con precisione le eventuali sacche di sopravvivenza delle popolazioni bersaglio. Una tecnica molto consolidata a livello mondiale nell’ambito delle eradicazioni è quella che prevede la distribuzione di esche libere - in genere sotto forma di pellet - con lanci da mezzi aerei. Grazie all’uso di sensori GPS e software GIS, è possibile ottenere una distribuzione delle esche capillare, senza lasciare aree scoperte. Il periodo di intervento è una scelta cruciale nell'ambito dell'intero progetto. In generale, nelle isole italiane il periodo invernale sembra quello più idoneo, perché: le popolazioni di ratti presentano livelli minimi di consistenza numerica; i rischi di intossicazione secondaria sono ridotti; la presenza di turisti è pressoché inesistente.
Monitoraggio
Il monitoraggio dell’andamento dell’intervento fino all’effettiva scomparsa dei ratti si basa principalmente sull’entità del consumo di esche rilevato in occasione dei vari controlli. Nelle fasi più avanzate dell'eradicazione devono essere adottate opportune soluzioni per rilevare l’eventuale presenza di esemplari diffidenti che non entrano negli erogatori. Ciò può essere ottenuto allestendo esche attrattive da disporre in prossimità degli erogatori, con particolare attenzione per le aree considerate critiche e per quelle dove i consumi sono durati più a lungo; possono inoltre essere usati altri strumenti per favorire il rilevamento di animali particolarmente diffidenti quali tracking cards e fototrappole. Queste ultime, se controllate con adeguata frequenza (quindici giorni, massimo un mese) sono particolarmente efficaci per rilevare eventuali esemplari sopravvissuti al trattamento. Una volta cessati i consumi e non rilevato più alcun segno di presenza, il monitoraggio deve comunque proseguire per alcuni mesi almeno con cadenza bimensile, al fine di rilevare con tempestività eventuali tracce di ratti.
Rischio di reinvasione
Un punto importante da tenere in considerazione riguarda la possibilità che, una volta portata a termine con successo l’eradicazione dei ratti, il lavoro svolto sia vanificato in seguito alla ricolonizzazione da parte di quest’ultima. Ciò può avvenire sia dalla terraferma che da altre isole nelle vicinanze, qualora la distanza sia dell’ordine di alcune centinaia di metri. Si ritiene che la distanza “di sicurezza” dall’isola con ratti più vicina debba essere superiore a almeno 500 m (Russell et al. 2008). Sono ormai svariati i casi di isole reinvase dai ratti pochi anni dopo la loro eradicazione (Abdelkrim et al. 2005). Si tratta spesso di isole vicine alla costa o ad altre isole che ospitano ratti. In Italia si è registrato il caso della reinvasione dell'Isola di Molara, accertato dopo poco meno di due anni dall'eradicazione (Sposimo et al. 2012). Negli ultimi anni, le conoscenze sulle dinamiche delle reinvasioni sono notevolmente aumentate e si può garantire un sufficiente livello di sicurezza anche in isole con piccoli centri urbani (entro i 1000 abitanti, Hilton & Cuthbert 2010). Le misure di biosicurezza per prevenire le reinvasioni prevedono la stipulazione di accordi con le autorità responsabili e le compagnie di navigazione per effettuare attività di controllo nei porti di partenza e installare sulle navi soluzioni per impedire la salita a bordo dei ratti. Necessario anche attivare sistemi di intercettazione dei roditori che dovessero comunque giungere sulle isole, costituiti da una serie di erogatori con esche rodenticide e da alcuni punti di cattura/monitoraggio fortemente attrattivi (i cosiddetti rat-hotel: scatole in legno contenenti diversi alimenti, materiali per la costruzione di nidi, esche rodenticide), disposti in punti strategici localizzati nelle zone portuali o di sbarco dei battelli che portano i turisti.
Monitoraggio post-intervento
Dopo la conclusione delle operazioni di eradicazione, occorre prevedere un monitoraggio post-trattamento, il cui scopo principale è quello di appurare con certezza l’avvenuta eradicazione della specie bersaglio. In base a quanto riportato nella letteratura specifica, per dichiarare il successo di un intervento di eradicazione dei roditori è opportuno che siano trascorsi almeno due anni senza che vengano osservate tracce della specie bersaglio (Oppel et al. 2011, Russel et al. 2008). A tale scopo, devono essere mantenute operative le postazioni utilizzate per il monitoraggio dell’intervento, se non tutte almeno alcune, distribuite capillarmente sull’isola, avendo cura però di non trascurare le zone ove si sono registrati i maggiori consumi nel corso dell’intervento. Al loro interno possono essere poste esche tossiche o non tossiche. L’uso di esche tossiche nel monitoraggio presenta rischi maggiori, ma offre l’opportunità di eliminare gli eventuali individui superstiti. Data la ben nota difficoltà ad intercettare gli ultimi esemplari sopravvissuti o singoli individui giunti successivamente sull’isola è di gran lunga preferibile mettere a disposizione diversi tipi di esche e di altri attrattori, ad esempio allestendo i rat-hotel. Le postazioni di monitoraggio devono essere controllate a cadenza mensile nei primi tre mesi e a cadenza trimestrale per un periodo di almeno due anni a partire dal rinvenimento delle ultime tracce di presenza di ratti. Per massimizzare la probabilità di osservare i ratti anche se presenti a bassissime densità è utile ed auspicabile collocare fototrappole in punti dell’isola scelti con cura.a cura di Simone CiapparelliFonte: Gotti C., Capizzi D., Petrassi F., Sposimo P., dell’Agnello F., Baccetti N., Raganella Pelliccioni E. (2022). L’ eradicazione del Ratto nero (Rattus rattus) dalle isole del Mediterraneo: linee guida, buone pratiche, casi di studio. Ispra, Manuali e Linee Guida n. 199/2022.